di Luca Sappino
Luigi de Magistris ha una scenetta in mente, di vita familiare. E spiega così la sua svolta politica, che presenterà a Roma il 12 dicembre: liste arancioni antimontiane e di sinistra. «C’è una famiglia, riunita in cucina, a pochi giorni dal voto». Sono gli italiani indecisi, quelli che in Sicilia sono stati la maggioranza, e che nel Paese crescono ogni giorno.
«Stanno cercando di decidere – dice il sindaco di Napoli – a chi dare il loro voto, e cosa vedono? Un centrodestra che tenta l’effetto makeup, di cui però conoscono bene le responsabilità sulla crisi, sempre negata. Poi un centro, che certo
non può entusiasmare, e ancora l’alleanza del Pd, che pure ha responsabilità recenti, perché i tagli del governo Monti non si sono mica votati da soli. Infine vedono Grillo, che vuole asfaltare tutto e che però rischia di fare quello e basta, avendo poi seri problemi di democrazia interna». «Bene –dice de Magistris –io credo che quella famiglia possa anche accontentarsi, ma che sarebbe insoddisfatta, in ogni caso». Servono le liste arancioni, dunque.
Non è più solo, sindaco, anche Giuliano Pisapia ha rotto gli induggi e ha detto: «Io e de Magistris siamo gli arancioni doc: l’emblema della nuova politica».
Ed è così. Il movimento arancione è stata l’unica vera novità politica del nostro paese, capace di unire più movimenti: quello dei referendum, degli studenti, delle donne, dei ciclisti e quello operaio o ambientalista. Le liste arancioni nasceranno da qui.
Però a Milano questo movimento fece vincere il centrosinistra, mentre a Napoli lei ha vinto fuori dalla coalizione. Dove sarete alle politiche?
Bisogna tenere distinte amministrative e politiche. Perché nelle città si votano soprattutto le persone e la loro credibilità, innescando spesso meccanismi a sorpresa: io, ad esempio, ho fatto una campagna fortemente di sinistra eppure ho preso anche voti moderati e di destra.
Quindi, alle amministrative, si vedrà, caso per caso. Ma alle politiche?
Lì devi immaginare un’alleanza e devi pensare alla campagna elettorale. Io, la nostra, la vedo come quella dei non allineati, di quelli che sono da sempre contro Monti, l’austerity cieca, le cricche e le ammucchiate. E anche contro chi c’ha portato verso questo tracollo.
Dice il Pd?
Indubbiamente, perché ha governato con Monti e ha votato tutti i suoi provvedimenti, che io trovo vergognosi: dal pareggio di bilancio, al fiscal compatc, alla modifica dell ’articolo 18 e ai decreti sulle autonomie locali. Una vera e propria macelleria sociale.
E allora?
Io vedo uno schieramento, che si iscrive nella geografia del centrosinistra, ma che fa la sua corsa in autonomia, con le sue proposte, e solo dopo, per realizzarle, dialoga con quello che sarà il candidato della coalizione Pd-Sel- Psi.
Un’alleanza post elettorale, dunque?
Chi vincerà le primarie, dovrà dire: «Mi chiamo Bersani, o Vendola o Renzi, e vi propongo questa coalizione per governare...»
E voi cosa risponderete?
Dovranno loro decidere se guardare più verso l’Udc o verso i movimenti, a sinistra. Perché da parte nostra il messaggio sarà chiaro: saremo fortemente alternativi ma senza conflitti feroci. Noi vogliamo governare.
Niente Grillo, quindi. Vi davano appaiati.
È Grillo stesso ha dire di no: è una sua regola. Io non la condivido, ma almeno è coerente. Il movimento arancione serve appunto perché, invece, colloca accanto alla protesta - perché noi saremo anticasta, antisistema e antimafia - la proposta e la credibilità di sindaci, professionisti, insegnati, operai, giornalisti e magistrati, che sanno che la vera sfida è governare. La sfida non è attraversare uno stretto a nuoto.
Però governano anche loro, ad esempio a Parma.
Ma andiamo a vedere se Pizzarotti riesce a fare tutto quello che ha promesso. Intanto noi, a Napoli, senza 5stelle, abbiamo bloccato discariche e inceneritori.
La strategia è chiara: anche Vendola doveva fare come voi?
Io penso che Vendola avesse bisogno di recuperare un po’ di visibilità e consenso. Quindi, da questo punto di vista, ha fatto bene a correre alle primarie. Il problema è però che serve coerenza, e Vendola, firmando la carta d’intenti del Pd, ha deluso anche molti dei suoi sostenitori.
I vostri programmi però si assomigliano.
Sicuramente. Quando lo sento parlare è quello con cui mi trovo meglio, ma le sue scelte sono state, non raramente, incoerenti: ha firmato una carta d’intenti che è l’esatto contrario di quello che dice in campagna elettorale. E una firma vale più di un comizio.
C’è un candidato alle primarie che renderebbe impossibile l’alleanza con il movimento arancione?
No, impossibile no.
Neanche Renzi?
Renzi è il più lontano, ma bisognerebbe tentare lo stesso. E comunque, io delle primarie sono solo un’osservatore: non mi interessano. Voglio capire cosa succede dopo.
E uno che, invece, favorirebbe l’alleanza?
Guardi, resterebbe comunque la delusione e la diffidenza verso il Pd. Io vorrei metterei in fila le cose che hanno fatto: fanno spavento.
Allora è inutile anche solo parlarne?
No. Semplicemente non faccio il tifo per nessuno. Anche se il più vicino è Vendola, non c’è dubbio: l’ho detto e lo ripeto. È quello con cui salirei su un palco, senza troppi problemi. Perché Renzi innova, è vero, ma non mi sembra alternativo alle politiche montiane. Bersani poi ha votato tutto e, seppure oggi dice di voler andare oltre, potremmo pensare che lo faccia solo per tatticismo e convenienza.
Non basta dichiararsi antimontiani per esserlo?
Siamo fuori tempo massimo: ormai siamo in campagna elettorale e anche Berlusconi dice che Monti fa schifo. Non basta una dichiarazione, quindi, anche perché, per essere alternativi, sarebbe bastato più semplicemente fare una patrimoniale, smettere di comprare e vendere armi, ritirarsi dalle missioni militari o tassare i capitali scudati. Ora è facile dire «viva l’acqua pubblica e la scuola» e «abbasso i cacciabombardieri». Io non potrei fare una campagna elettorale con queste contraddizioni. Lo dico da sindaco: questo è il governo che più di tutti ha ammazzato le città.
da Pubblico