di Micaela Bongi
La par condicio sotto l'albero di Natale è una novità di questa campagna elettorale, che cade singolarmente in inverno. Le polemiche perché Silvio Berlusconi imperversa in quasi tutte le trasmissioni radio-tv sono ormai una tradizione della quale nemmeno stavolta si riesce a fare a meno. L'ultimo Silvio-show - ieri, 28 minuti a Unomattina - ha costretto sia il direttore generale della Rai Luigi Gubitosi che il presidente della commissione di vigilanza Sergio Zavoli a intervenire. Con tanto di bacchettate ai direttori di reti e testate della tv pubblica, troppo accondiscendenti nei confronti di Sua emittenza.
Se i riflettori sono puntati sul leader di Arcore, i montiani non stanno a guardare l'ennesima replica dello spettacolo. Si preoccupano piuttosto di garantire ai candidati fantasma, quelli che sono in campo ma non in corsa, cioè Mario Monti, un adeguato spazio per la campagna elettorale in tv. Con una norma ad hoc - oggi all'esame dell'Agcom - che consenta alle formazioni che andranno alle urne di farsi rappresentare anche da soggetti non candidati ma «chiaramente riconducibili ai partiti e alle liste concorrenti».
Della clausola pro-Monti si parla nel corso dell'audizione dei vertici dell'Agcom in commissione di vigilanza. Una seduta a tratti piuttosto nervosa che capita appunto in piena polemica sul Berlusconi che imperversa in tv. Per limitare le sue apparizioni la Rai nei giorni scorsi aveva escogitato, tra le altre cose, un inedito digiuno nei dì di festa: niente politici nelle trasmissioni del 24, 25, 26 e 31 dicembre, e in quelle di capodanno e della befana. Ieri, 27 dicembre, era zona franca e così l'ex presidente del consiglio è andato a briglia sciolta su Raiuno. In realtà il consiglio d'amministrazione di viale Mazzini aveva anche raccomandato al direttore generale Gubitosi di adoperarsi perché reti e testate garantissero equilibrio, imparzialità etc. anche nel periodo pre-elettorale.
Il leader di Arcore invece ha continuato a imperversare e così il presidente della stessa commissione, Sergio Zavoli, ha bacchettato i dirigenti della tv pubblica, rilevando «in alcune iniziative dei direttori di testata e addirittura di rete un mancato rispetto del mandato del cda Rai in tema di pluralismo». E Gubitosi, che avrebbe dovuto adoperarsi per garantire l'equilibrio? Purtroppo è stato preso in contropiede dalla destrezza del Cavaliere, è più o meno la sua giustificazione. Perché «Berlusconi ha approcciato direttamente reti e testate chiedendo spazi per interviste», ha scritto il dg in una lettera a Zavoli. Però, ha aggiunto, la Rai è riuscita a dire no all'autoinvito dell'ex premier a una prima serata di Porta a Porta e a una trasmissione sportiva. Resta, stasera, l'intervista al Tg1. Secondo il direttore generale, comunque, Berlusconi avrebbe «utilizzato, di fatto, gran parte degli spazi destinati alla sua area politica» e «stiamo già offrendo ai responsabili delle altre aree analoghi spazi».
Non è chiaro in base a quale tabella Gubitosi sostenga che il Pdl ha di fatto finito il tempo. Anche perché ora scatterà la par condicio elettorale vera e propria e, come dice il presidente dell'Authority per le comunicazioni Angelo Cardani, il riequilibrio in questa fase entrerebbe in conflitto con le relative norme.
Se il manager Gubitosi scelto da Monti per guidare la Rai forse non ha ancora le idee chiare, all'Agcom, presieduta dal professore bocconiano Cardani, fortissimamente voluto sempre dal premier uscente, non sembra invece abbiano molto da imparare per mettere a punto il ferreo bilancino della par condicio. Sia Cardani che il commissario dell'Agcom Francesco Posterario, scelto dall'Udc, spiegano infatti che sono pronti 2 emendamenti (stilati da Posterario) al regolamento che l'Authority varerà oggi per il periodo di campagna elettorale. Serviranno a inquadrare Monti. Del resto quella sulla par condicio è una legge molto elastica o più che altro resa tale dalle maggioranze che di volta in volta guidano la commissione di vigilanza e l'Agcom, incaricate di formulare a ogni elezione i regolamenti applicativi della legge per la Rai (la prima) e per le tv private (l'Agcom). Gli emendamenti per il non-candidato Monti vengono annunciati dopo le proteste del Pdl in commissione di vigilanza. Il premier «tecnico», attacca Maurizio Gasparri, ha usato la conferenza stampa di fine anno, un appuntamento istituzionale, «a scopo di comunicazione politica» e «per consentire la diretta è stato addirittura soppresso il Tg2». Molto seccato perché Gasparri, non proprio un novellino in materia, solleva anche la questione di un possibile conflitto d'interessi del presidente Agcom indicato da Monti, Cardani prende lungamente di mira un altro pidiellino, Giorgio Lainati, che sta presiedendo la seduta. E ribatte: «Se io sono stato nominato dal premier gli altri membri del consiglio sono stati nominati dal parlamento», cioè dai partiti. Pari e patta.
Piuttosto nervoso, Cardani non digerisce le proteste di chi, come gli esponenti del Pd, accusano l'Agcom di eccessiva morbidezza. Ricorda che l'Authority non ha molti poteri rispetto agli sforamenti se non quelli di emettere una «sanzione pecuniaria piuttosto modesta» e comunque il periodo di 30 giorni che precede la campagna elettorale non è stato sottoposto a regolamento, visto «il precipitare della crisi di governo». Conclusione: Cardani ha annunciato un esposto «che denuncia al parlamento elementi di debolezza dell'attuale normativa che non devono essere trascurati». le camere sono sciolte, ci si penserà dopo le elezioni. Prima, in vigilanza si litiga anche sui tempi dell'approvazione del regolamento per la Rai (si tornerà a discutere il 3 gennaio, e il Pdl finisce sotto accusa perché traccheggia).
da il manifesto