Chissà se dopo l’incidente ferroviario di Rossano, che ha comportato la morte di sei braccianti agricoli, la ministra del lavoro Fornero ci omaggerà di un’altra scena di pianto. Intanto registriamo il silenzio del governo centrale: neppure una modesta nota di cordoglio da parte dei cattolicissimi Monti e Ricciardi, pronti a professare in ogni messa domenicale cattolicissima pietà pelosa per poi praticare cinica e spietata attività di governo che ne rivela la vera natura di baciapile a convenienza.

Veniamo ai fatti. E’ stata necessaria la strage di massa (sei lavoratori morti in un colpo solo) per far assurgere la Sibaritide agli onori della cronaca nazionale. Quello che i media non fanno sapere all’opinione pubblica è che in questo territorio si perpetra quotidianamente uno stillicidio di morti della stessa categoria sociale e per gli stessi motivi. Sulla statale 106, strada antidiluviana parallela alla linea ferroviaria ionica,  già tristemente nota come strada della morte, circola notte e giorno una umanità composita per provenienza ed omogenea per condizione sociale: lavoratori agricoli che si muovono a centinaia, a piedi o in bicicletta per recarsi nei fondi agricoli o per ritirarsi nei tuguri affittati a caro prezzo. Si tratta di cittadini romeni, bulgari, moldavi, ucraini, uomini e donne giovani e meno giovani che costituiscono la forza lavoro necessaria per la sopravvivenza dell’agricoltura della Piana di Sibari di cui Rossano è la propaggine meridionale. Senza questa umanità disponibile a mettere a repentaglio la propria salute e la propria vita, lavorando col freddo e con la pioggia per paghe che gli italiani non accettano più, l’economia agricola di questo territorio tracollerebbe. Questa umanità che affida il riscatto dalla propria condizione di povertà economica alla misera paga bracciantile, è una umanità ricca di dignità e cultura: non è difficile trovare tra loro ingegneri, laureati in economia, in letteratura; non è difficile trovare  persone capaci di suonare correntemente un pianoforte che ora vedono le proprie mani deformarsi e rattrappirsi per l’umidità ed il freddo a cui le devono esporre per raccogliere e confezionare le clementine che quotidianamente arrivano sulle tavole degli italiani. Questa umanità in cerca di riscatto vaga a piedi come una moltitudine di formiche lungo le malconce  strade della Sibaritide e non c’è mese in cui  qualcuno di loro non finisca sotto uno dei tanti veicoli che circolano su queste strade sgangherate, senza piste ciclabili, senza alcun sistema di protezione dei pedoni. Strade rimaste nella loro condizione di opere costruite nel ventennio fascista per le quali l’adeguamento agli standard della normativa nazionale è una chimera. Così come rimane una chimera l’adeguamento della linea ferroviaria ionica, quella su cui si è verificata la strage di Rossano. Una linea sempre più obsoleta ed abbandonata a se stessa, sulla quale può prospettare un sorta di cancello privato come quello fatalmente varcato dai poveri lavoratori rumeni falciati ieri sera.

In questo territorio non c’è un sistema di trasporto pubblico locale confacente alla domanda di mobilità e, nelle scorse settimane, l’unica azienda pubblica di trasporto collettivo ha smesso di circolare perche non c’erano i soldi per mettere carburante nei serbatoi. Finora circolavano col carburante acquistato a credito dai dipendenti dell’azienda, che peraltro non percepiscono lo stipendio da mesi. Si tratta delle Ferrovie della Calabria SpA, società tuttora di proprietà del ministero dei trasporti della repubblica italiana. E mentre su questo territorio lo stato delle ferrovie fa strage, i lavoratori muoiono anche camminando a piedi e gli autobus pubblici  si fermano coi serbatoi a secco, il governo del cattolicissimo prof. Monti, voluto dall’ex comunista Napolitano - con il voto di Alfano, Bersani e Casini –  proroga di altri due anni gli studi per il ponte sullo stretto di Messina sapendo che ciò porterà con certezza matematica a pagare centinaia di milioni di euro di penali al consorzio contraente. Con buona pace dei sottoscrittori della “carta di intenti” delle primarie del centrosinistra che impegna i candidati a proseguire le politiche montiane: l’ex comunista poetico Vendola, ed il mite Tabacci (bravi baciapile anche loro).

Non ci sono parole per definire tutto ciò e non c’è modo di sfogare tutto il nostro sdegno e la nostra rabbia. Alle famiglie delle vittime esprimiamo la solidarietà ed  il cordoglio dei comunisti calabresi che non smetteranno di lottare per un altro mondo possibile. 

Rocco Tassone, Segretario Regionale della Calabria del Partito della Rifondazione Comunista


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