di Giorgio Ceriani
Il 7 dicembre, in Argentina, entra in vigore finalmente la legge che regola la proprietà dei mezzi di comunicazione di massa e l’assegnazione delle frequenze. Sono ormai passati tre anni dalla sua approvazione, ma i ricorsi presentati da importanti quotidiani nazionali erano finora riusciti a rinviare l'entrata in vigore della legge. La nuova normativa assesta un duro colpo al potere dei monopoli dell'informazione, della diffusione culturale e del mercato pubblicitario. Essa andrà a sostituire la legge approvata durante l'ultima dittatura militare (1976-1982).
La giunta civico-militare, infatti, oltre a chiudere giornali, radio e reti di informazione popolari, si era assicurata il controllo dei mezzi di comunicazione, confermando il predominio dei grandi monopoli su frequenze radio e tv, e garantendo loro il totale controllo della produzione e distribuzione della carta.
La nuova legge prevede, invece, il controllo pubblico della commercializzazione della carta, una nuova distribuzione dei mezzi di comunicazione, affinché questi non finiscano concentrati in poche mani, e apre un ampio spazio a organizzazioni sociali, associazioni e comunità indigene che potranno usufruire delle frequenze. Ogni proprietario potrà gestire un numero limitato di licenze per la trasmissione dei diversi segnali. Per esempio il gruppo Clarín, che possiede 300 licenze, si vedrà costretto a ridurle a 23.
Giornali come "Clarín" e "Nación" e i grandi gruppi televisivi occupano da decenni tutto lo spazio a disposizione. E da quello spazio hanno lanciato una campagna contro i provvedimenti messi in atto dalla presidente Cristina Kirchner per ripristinare il controllo statale sull’economia. Negli ultimi dieci anni il paese ha ripreso la sovranità su YPF, l’azienda di produzione e commercializzazione del petrolio, sulla compagnia aerea di bandiera, sul sistema delle pensioni. Obiettivo fondamentale, quello dell'attuale governo di centro-sinistra, dopo oltre 25 anni di politiche neoliberiste, che hanno distrutto l'economia, privatizzato servizi e risorse e portato alla miseria la maggioranza della popolazione.
In questa fase, in Argentina e anche in America Latina, i mezzi di comunicazione sono il partito politico più affidabile per la borghesia e l'oligarchia reazionaria. I tradizionali partiti politici di destra non hanno nessuna autorità e i militari, storici difensori della proprietà privata, della religione e del capitalismo, oggi stanno pagando il discredito sociale seguito ai processi che hanno recentemente visto condannato Videla e soci.
In America Latina - che attualmente vive una fase importante di cambiamenti sociali, con governi non più disposti a sottomettersi ai dettami della Banca Mondiale e del FMI ma intenzionati a costruire un percorso autonomo, fatto di integrazione solidaria e partecipazione popolare - i media giocano un ruolo reazionario. Indicativo a questo proposito il tentato colpo di stato in Venezuela, nel 2002. Un'avventura di palazzo, gestita da un set televisivo, presentata al paese e al mondo come una "rivoluzione democratica". I divani del mondo diedero il loro sostegno (Aznar, Felipe González), ma l’immediata rivolta popolare, che strappò Chavez dal carcere e lo condusse al palazzo presidenziale, li costrinse a cambiare canale.
In Honduras, e di recente in Paraguay, i monopoli dell'informazione sono stati i principali artefici dei colpi di stato “dolci” che hanno rovesciato governi democratici e anti-imperialisti. La tecnica, pur con modalità differenti, è sempre la stessa: criminalizzare i governi progressisti, approfittando di eventuali errori e delle difficoltà ereditate dalla "festa liberale" durata decenni e, allo stesso tempo, rimarcando la forza della borghesia reazionaria , mistificando così il consenso sociale di cui gode e dandole una falsa veste democratica.
L'Argentina, e tutta l’America Latina, sta vivendo un processo di trasformazioni, che vede la partecipazione di milioni di giovani. Una potente energia che genera progressi in tutti i settori della società, nella scuola e nell'università, nella cultura, nell'arte e nella produzione, che ha prodotto ricche esperienze di auto-gestione e di controllo dei lavoratori nel recupero delle aziende abbandonate dagli imprenditori.
Le notizie che ci arrivano, mostrano che la destra, ancora una volta, non rimane immobile quando vede intaccato il suo potere. "Clarín", con le sue grandi risorse, ha imbastito una campagna di disinformazione e sta organizzando una propria base sociale, con l'obiettivo di abbattere il governo democratico e aprire così un nuovo processo contro il popolo. Nel paese della "Triple A", in cui gli avversari venivano eliminati buttandoli dagli aerei nel Rio de la Pata, in cui i criminali non hanno avuto scrupoli nell’allevare i figli delle loro vittime, in "questo" paese si può sempre trovare un personaggio disposto a guidare una nuova avventura criminale.
Quando è caduta la dittatura degli assassini abbiamo gridato al mondo "Mai più", e non era solo un desiderio o una dichiarazione retorica, bensì l'inizio di un processo popolare con molte difficoltà. Smontare oggi l'immenso potere di cui godono i monopoli dell'informazione è un passo fondamentale in direzione di quel "Mai più". Noi argentini che viviamo a Roma sentiamo il bisogno, in questo momento, di esprimere la nostra solidarietà e la nostra vicinanza al popolo e al governo argentini. Il 7 dicembre saremo insieme ad amici, parenti e colleghi di lavoro italiani, che ci hanno accolto in tutti questi anni, per festeggiare insieme a loro la grande vittoria della nuova legge sui media.