di Marco Consolo
Da domenica scorsa, la mappa politica venezuelana si è colorata ancor più di rosso. Ancora una volta chiamata alle urne, la maggioranza dei venezuelani ha scelto di appoggiare i candidati del processo bolivariano.
Domenica infatti si è votato per le elezioni regionali dei 23 governatori degli Stati e per i parlamenti regionali. E ben 20 dei 23 Stati che formano la Repubblica Bolivariana del Venezuela sono stati vinti dai candidati del Gran Polo Patriottico - l’alleanza che sostiene il governo di Chávez -, che rimarranno in carica per i prossimi 4 anni. L’alleanza non solo consolida la vittoria negli Stati dove governava, ma riesce anche a strappare all’opposizione Stati chiave come Zulia e Táchira, oltre allo Stato industriale di Carabobo (con una importante presenza di miniere statali e contraddistinto da conflitti operai dell’industria siderurgica), Monagas e Nueva Esparta (Isola Margarita) in mano all’opposizione da anni.
Il Partito Comunista, che fa parte dell’alleanza, in 4 Stati aveva deciso di non appoggiare i candidati del Partito Socialista Unido de Venezuela (PSUV), perchè a suo giudizio non avevano “la morale e l’etica rivoluzionaria”.
L'opposizione riunita nella Mesa de Unidad Democrática, si conferma solo in 2 (Amazonas, Miranda) mentre nello Stato di Lara, vince grazie ad un ex chavista “pentito”. Di certo, il risultato più significativo per l’opposizione è quello di Miranda, dove si trova la capitale Caracas. Qui riesce a confermare Henrique Capriles, il candidato che aveva perso contro Chávez le elezioni presidenziali lo scorso 7 ottobre. Capriles vince di stretta misura (50,35%), ma questo gli permette di mantenere il profilo di candidato dell’opposizione. La destra, ancora una volta, se da una parte mette in scena il copione della contestazione dei risultati, e chiede di ricontare i voti negli Stati dove ha perso, dall’altra accusa il colpo e invita alla riflessione interna.
Con buona pace dei detrattori del “processo bolivariano” e del Presidente Chávez che ripetono la stanca litanìa della “dittatura chavista”, dal 1998, anno della sua vittoria elettorale, si sono susseguite ben 17 elezioni. E in 16 occasioni, il Presidente Chávez e le forze che sostengono il suo governo (tra cui i comunisti) a grande maggioranza hanno sbaragliato gli avversari. E per la prima volta in 14 anni, le elezioni si svolgono in assenza del Presidente, convalescente a La Habana dove è stato operato per un tumore. Come viatico di speranza, i dirigenti del PSUV, in primo luogo Nicolás Maduro, attuale Vice-presidente, hanno dedicato la vittoria a Chávez.
Rispetto alle recenti elezioni presidenziali, che hanno visto la schiacciante vittoria del Presidente Chávez, c’è da segnalare un alto astensionismo: domenica scorsa ha votato solo il 54% rispetto al 65,5% del 2008 (ed al record dell’81% nelle presidenziali). In base alla nuova Costituzione bolivariana, alle urne sono stati chiamati anche 186.000 stranieri che risiedono nel Paese da più di 10 anni.
Tra gli Stati strappati all’opposizione c’è da sottolineare il risultato di Zulia e Tachira, due tra le vittorie più emblematiche. Il primo con la città di Maracaibo è infatti un forte produttore di petrolio. Ai confini con la Colombia è stato per anni un bastione del golpismo separatista, con una forte infiltrazione dei gruppi paramilitari colombiani. Solo nel Zulia negli ultimi anni vi sono stati più di 160 omicidi di dirigenti contadini, sequestri a scopo estorsivo, contrabbando di beni di prima necessità, spaccio di droga. Problematiche simili al Tachira, anch’esso Stato di frontiera, dove il governo aveva perso alle scorse regionali. A partire da quella vittoria dell’opposizione nel 2008, si era paventata l’ipotesi di una “mezza-luna” separatista in Venezuela, sulla falsa riga di quanto già visto in Bolivia negli anni passati, dove le regioni più ricche hanno svolto un ruolo di destabilizzazione nei confronti del governo di Evo Morales. Il risultato di domenica rende più difficile la destabilizzazione a partire dalla frontiera colombiana e consolida il processo di trasformazione in senso socialista.
E’ una vittoria di buon auspicio, proprio nei giorni in cui si celebra il tredicesimo anniversario dell’approvazione della nuova Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela e l’ottavo compleanno dell’ Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America (ALBA).