di Ezio Locatelli* -
E’ stata una scelta politica ancor prima che rievocativa quella di dedicare la tessera del 2024 di Rifondazione Comunista a Lenin, a cent’anni dalla sua morte. Una scelta, volta a richiamare i molti motivi di attualità di un grande pensatore rivoluzionario e dirigente comunista il cui nome è indissolubilmente legato alla Rivoluzione d’Ottobre, l’uomo che ha segnato profondamente la storia del movimento operaio e socialista internazionale e della lotta di emancipazione di interi popoli oppressi. Innanzitutto l’impegno contro la guerra, il richiamo ad alcune parole d’ordine che tengono insieme la lotta per la pace con la lotta per la giustizia sociale, contro ogni forma di sfruttamento.
“I socialisti – dice Lenin – hanno sempre condannato le guerre fra i popoli come cosa barbara e bestiale. Ma il nostro atteggiamento di fronte alla guerra è fondamentalmente diverso da quello dei pacifisti borghesi (fautori e predicatori della pace) e degli anarchici”. Da essi “ci distinguiamo in quanto comprendiamo l’inevitabile legame delle guerre con la lotta delle classi all’interno di ogni paese...”.
Si tratta di una indicazione fondamentale. Senza accortezza per questo legame, con la sola retorica della pace, con la riduzione della politica a <gioco> politico, non c’è possibilità alcuna di distruggere la cultura dominante della guerra. Bisogna che esista una capacità di lotta, un’attivazione di forze conflittuali, di soggetti concreti capaci di modificare i rapporti di forza. Bisogna che cresca il protagonismo, il peso di larghe masse lavoratrici e popolari. Cosa possibile, oltre che necessaria, a condizione di stringere i temi della pace a quelli della lotta allo sfruttamento, alla povertà salariale, al carovita, alla cancellazione di fondamentali diritti sociali, detto in una parola alla lotta per la giustizia sociale. A condizione di dare risposte a milioni di persone che devono combattere quotidianamente per la propria sopravvivenza materiale.
La tessera di quest’anno a Rifondazione Comunista è anche l’occasione per riscoprire, dal punto di vista pratico, l’enorme lascito di elaborazione e di azione politica di Lenin. Lukas definisce Lenin “un teorico della prassi” per porre in rilievo la sua capacità di combinare conoscenza, levatura teorica, azione pratica. La sua capacità di non perdere il filo conduttore di tutti i problemi quotidiani, politici ed economici, teorici e pratici, di agitazione e di organizzazione che egli riconduce all’attualità della rivoluzione proletaria.
La pace stessa implica un processo rivoluzionario, la rimessa in discussione delle radici del sistema di guerra e sfruttamento. Nella miseria della politica di oggi si sono perse le tracce dell’idea di rivoluzione, di lotta di liberazione delle classi subalterne. Si badi bene, un'idea della rivoluzione che non significa che la stessa possa realizzarsi in qualsiasi momento, a prescindere da condizioni sociali <favorevoli>, dal movimento reale, ma idea di rivoluzione che diventa unità di misura per ogni scelta politica immediata. Il che, sia detto, porta Lenin oltre che a essere fermo critico di ogni forma di dogmatismo e estremismo a essere strenuo oppositore dell’opportunismo interno ed esterno al proprio partito, a quello della maggioranza della socialdemocrazia europea che vivacchia alla giornata nelle pieghe del sistema capitalistico.
Il compito del partito, per Lenin, è quello di agire sul piano organizzativo come fattore costitutivo di rapporti di forza, generatore di iniziative, organizzatore del conflitto sociale, dell’antagonismo di classe stando in stretto rapporto con le lotte e le sofferenze delle masse. Trasformare il socialismo in una forza significa questo, adempiere al compito di partito operante che impara dalla lotta e dai metodi di lotta delle masse, che promuove esperienze di radicalità democratica, di potere popolare, di autorganizzazione sociale.
Una concezione del partito e della democrazia imperniata su un'idea della centralità delle masse e della trasformazione sociale distante anni luce da quelle attualmente in voga. Distante dalla maschera democratica dell’oligarchia, distante dai partiti elitari, di opinione, isomorfi, varianti della stessa cosa, che anche a sinistra hanno oscurato ogni rapporto strutturale tra azione, classe e sistema politico. Partiti che non vanno oltre i siparietti montati e animati in maniera artefatta intorno al leader di turno, partiti che hanno ridotto i loro membri a una platea libera di sperticarsi tra l’applauso o il mugugno ma senza possibilità di partecipazione. Come ci ricordano i giovani comunisti con lo slogan che hanno scelto per loro tessera di quest’anno:“i popoli scrivono la loro storia”.
Ben sappiamo che i tempi storici e sociali vissuti cent’anni fa sono alquanto diversi da quelli attuali ma questo nulla toglie all’importanza, all'utilità di un pensiero e di una esperienza rivoluzionaria fondata di cui dobbiamo riappropriarci. Facciamolo di contro ai tentativi di manomissione, ai pregiudizi, ai luoghi comuni il cui unico intento è cancellare una storia, un'idea di futuro contro ogni forma di sfruttamento e di guerra.
Riscopriamo questa idea radicale di futuro con le parole di Lenin in “Che fare?“: “Se l’uomo fosse completamente sprovvisto della facoltà di sognare…se non sapesse andare oltre il presente …quale impulso mi domando l’indurrebbe a cominciare e a condurre a termine grandi e faticosi lavori nell’arte, nella scienza e nella vita pratica?”. Sognare e lavorare per l’attuazione del sogno senza perdere di vista la realtà. Facciamo in modo che l’iscrizione a Rifondazione Comunista non abbia solo riguardo a una iconografia (Lenin detestava qualsiasi forma di culto della personalità) ma sia volta a un impegno di rilancio e di rinnovamento di un progetto che sia realmente di trasformazione sociale.
*segreteria nazionale Prc-Se,
responsabile nazionale organizzazione