120426vidaldi Anna Maria Merlo

Parla Dominique Vidal, storico ed esperto di destre europee.
Il 18% di Marine Le Pen continua a far discutere. E' stato un voto dovuto alla crisi, un grido di dolore oppure c'è un'adesione alle tesi estremiste, al nazionalismo e alla xenofobia? Ne discutiamo con Dominique Vidal, giornalista e storico, collaboratore de Le Monde Diplomatique, che di recente, assieme a Bernard Badie, ha curato l'edizione del 2012 de L'Etat du Monde (ed. La Découverte), dove ha pubblicato un articolo sulle «Destre estreme in Europa, strategie e identità.
Il 35% del voto delle classi popolari è andato a Marine Le Pen. Come si spiega?
C'è una serie di elementi. In primo luogo, la gravità della crisi. Una parte della popolazione si sente abbandonata, si tratta in particolare della Francia rurale, quella delle villette delle periferie lontane, dei paesini dove non c'è la Posta, il Comune apre poche ore, non c'è più il caffè, dove c'è una disoccupazione massiccia, ci sono pochi soldi, le famiglie il 20 del mese hanno il portafoglio vuoto.

Poi, e secondo me è un elemento che ha eguale importanza, c'è il sentimento di essere cornuti e bastonati, prima con Mitterrand poi dal 2007 con Sarkozy. In seguito, questo sentimento si inserisce in un contesto di perdita totale di valori, di riferimenti identitari. Un tempo, c'era l'identità comunista, cattolica, bretone ecc. cioè delle definizioni chiare di identità. Questo vale per tutti i riferimenti che erano validi nel passato, fino all'identità sessuale, la cui messa in crisi puo' essere una cosa positiva, ma in questo contesto non fa che aggiungersi alla crisi e al sentimento di essere i cornuti della situazione. Cosi' la gente diventa più sensibile ai discorsi populisti, anti-Europa, anti-finanza, anti-islam, anti-tutto.
Chi è l'elettorato frontista?
L'elettorato di Marine Le Pen è più giovane che adulto, sono più uomini che donne. La vera cesura è il Bac (la Maturità, il diploma del liceo), il 30% non lo ha. Il voto Le Pen decresce con il livello di istruzione. Gli operai costituiscono una parte importante di questo voto non solo perché sono poveri, ma perché un tempo erano fieri di essere operai e oggi sono disprezzati, ci sono più uomini perché hanno dubbi sull'identità di macho, sono poco istruiti e quindi maggiormente manipolabili. Sono concentrati nelle zone rurali, mentre le grandi città hanno votato meno Le Pen. Per essere precisi, in percentuale il 17,9% di Marine Le Pen è più basso del 19,2% ottenuto dall'estrema destra nel 2002 sommando il voto per Jean-Marie Le Pen e per il dissidente Bruno Mégret, ma il 22 aprile, per la più alta percentuale di partecipazione al voto, c'è stato un milione di voti in più al Fronte nazionale rispetto al 2002.
C'è un'adesione alle posizioni ideologiche?
C'è una responsabilità schiacciante di Sarkozy e del suo ministro degli interni, Claude Guénat, la destra ha ripreso i discorsi di Le Pen, ha legalizzato l'islamofobia, che ha sostituito con Marine Le Pen l'antisemistismo del padre. C'è stata una banalizzazione della xenofobia, basta pensare al discorso anti-Rom di Sarkozy del 2010, all'insistenza sulla divisione tra francesi di origine e francesi di origine immigrata, in un paese dove un terzo hanno antenati stranieri.
Perché il relativo successo nella classe operaia?
La sociologa Danièle Linhart ha lavorato sul crollo relativo del Pcf e del movimento sindacale dagli anni '80, sul passaggio dalla grande impresa alla parcellizzazione, allo sviluppo del subappalto, alle delocalizzazioni. La classe operaia non è scomparsa anche se è meno consistente, ma ha subito un cambiamento, si è spenta la coscienza di classe. Rossana Rossanda aveva analizzato sul Monde Diplo la distruzione causata dalla parcellizzazione del lavoro, dal telelavoro. I sindacati non hanno capito questo. Mélenchon ha cercato di ridare un'identità collettiva, è riuscito a parlare ai più giovani, alla Bastiglia c'erano persone che non erano mai andate in piazza. Vedremo se riuscirà a far nascere un partito autononomo, come aveva fatto Mitterrand per il Ps dopo il congresso di Epinay. A sinistra c'è da vent'anni un malinteso, chi vota Fronte nazionale è stato stigmatizzato su un piano morale - era la posizione di Sos Racisme - si è pensato che fossero tutti fascisti. A queste persone non è stata proposta un'alternativa credibile. Oggi bisogna rispondere punto su punto a questo voto di protesta, dare un'alternativa a chi si sente cornuto, a chi ha ceduto al cocktail velenoso di un discorso populista, nazionalista xenofobo, dove domina l'islamofobia.

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