di Ezio Locatelli* -
Tutto ciò che politicamente si sposta a sinistra, in controtendenza col pensiero unico dei centri di potere dominante, in una certa qual misura rappresenta un fatto positivo. I parlamentari di Sel e quelli fuoriusciti dal Pd, dopo aver dato vita ad un unico gruppo parlamentare, sono per fare un loro partito? Bene, a cominciare dal fatto che i parlamentari in questione riconoscono che “il centrosinistra con il Pd di Matteo Renzi non è (non è più) un terreno praticabile”, che quelle di Renzi sono controriforme “incompatibili con le ragioni della sinistra”.
Invece non va bene, anzi è sbagliato, che il nuovo partito nasca disattendendo l’impegno assunto riguardo alla costruzione di uno spazio comune. Non va per niente bene che il nuovo partito della sinistra italiana nasca con un’idea esclusivista, totalizzante, di “delegittimazione” – è proprio detto così in un documento – delle culture plurali che compongono ora il quadro composito delle forze di sinistra.
C’è, in tutta evidenza, un problema di riconoscimento del campo variegato della sinistra. A nessuno – associazione, sindacato o forza politica che sia – può essere preordinato di rinunciare alla propria impostazione o prospettiva politica. Ciò che vale per Sel o i fuoriusciti dal Pd o per altri ancora perché mai non dovrebbe valere per noi? Nel nostro dirci comunisti , associati come tali, non ci sentiamo per niente passatisti, conservatori. Si fa troppo ricorso anche a sinistra a caricature che derivano da falsificazioni e distorsioni proprie del pensiero unico. Ci sentiamo pienamente contemporanei, portatori di un pensiero critico e di una pratica della trasformazione che ha molto da dire sul mondo di oggi, sul disastro del capitalismo, sulla necessità di un cambiamento sociale. Ebbene sì, siamo comunisti e al tempo stesso unitari. Per questo non c’è da parte nostra accettazione o rassegnazione alcuna al fatto che il nostro Paese sia pressoché l’unico in Europa che non abbia in campo, in opposizione alle politiche di guerra e di austerità, una grande forza di sinistra antiliberista.
Per capire come muoversi, bisognerebbe tenere maggiormente in considerazione le esperienze europee e latinoamericane basate su percorsi di condivisione di impegni e obiettivi comuni, sulla valorizzazione degli apporti plurali. Bisognerebbe avere maggiore conoscenza di queste esperienze che invece che avere in capo l’immediatezza deformante e irrealistica di partiti unici. Sottolineo: irrealistica. E’ un po’ come volere mettere il carro davanti ai buoi. Non c’è nessuna aggregazione, casa comune a sinistra, che possa dirsi tale sulla base di scorciatoie burocratiche, politiciste volte a imporre una “reductio ad unum”. E ancora. Non c’è nessuna aggregazione o partito della sinistra che possa cambiare alcunché stando nel cielo della politica. La sinistra vive di conflitto, della costruzione di unità popolare. Senza la riscoperta di questo piano basilare d’impegno non c’è rinascita della sinistra, soprattutto non c’è possibilità alcuna di modificare, nella sostanza, i rapporti sociali.
Ma forse il problema non è di mancato riconoscimento delle forze in campo o d’insufficiente conoscenza di esperienze organizzative, quanto di nodi politici ancora irrisolti. L’idea, per il nascente partito della Sinistra Italiana, di stare più in un rapporto di competizione che di alternativa al Pd, l’idea di poter riesumare l’Ulivo o un centrosinistra rinnovato – idea questa sì passatista – “battendo il renzismo” come se il problema fosse “il centrosinistra con il Pd di Renzi” e non l’omologazione di un partito e di un’intera classe politica di governo. Una classe politica, sia detto con chiarezza, che porta appieno la responsabilità del sovvertimento, in senso regressivo, della condizione materiale e delle regole democratiche del nostro Paese.
La situazione, certamente, è complessa. Tuttavia in questa fase di profondissima transizione nulla va dato per scontato e definitivo. Per quanto ci riguarda più direttamente dobbiamo rifuggire dal rischio di rispondere alle difficoltà che ci sono rinchiudendoci in casa o scegliendo la dimensione di piccola nicchia. I comunisti e le comuniste, come tali, a fronte di un’offensiva neoliberista contro diritti sociali e contrattuali dei cittadini e dei lavoratori, a fronte di una degenerazione plebiscitaria e autoritaria della democrazia, stanno innanzitutto sul terreno della ricostruzione democratica. Una ricostruzione sociale e politica che, al di là degli elementi di difficoltà, va attivamente perseguita, incalzata a partire dai territori. La crisi e la ripresa di scontro sociale, nei tempi prossimi, contribuiranno a far uscire la sinistra, che vuole tornare a fare la sinistra, da operazioni di piccolo cabotaggio.
*responsabile organizzativo-segreteria nazionale Prc-Se