di Ezio Locatelli - 

Partiti liquidi che nascono sul terreno elettorale. Partiti di corto respiro, senza identità definite e fondamento sociale, che nascono e muoiono nel giro pochi anni. Ce ne sono stati tanti in Italia dopo la fine della prima Repubblica, a destra come a sinistra. L’ultima formazione che si è sciolta, ad appena sei anni dalla sua nascita - una vera e propria meteora politica - è Sel. Fallita la missione originaria - il rilancio del centrosinistra fondato sull’alleanza col Pd - Sel ha deciso di concludere la propria esistenza senza nemmeno bisogno di svolgere un Congresso. C’è da fare, come da tempo caldeggiato dai gruppi parlamentari di sinistra, un nuovo soggetto politico. Niente di nuovo sotto il sole. Siamo ancora nel segno di una predominanza delle dinamiche istituzionali quando invece ci sarebbe l’impellente necessità, per spostare l’asse e la direzione della politica italiana, di incidere sul corso reale delle cose.
Non ci sono scorciatoie da prendere.

Ogni discorso sulla ricostruzione della soggettività di sinistra deve fare i conti con la rottura che si è prodotta negli ultimi decenni tra masse subalterne e riferimenti politici tradizionali. Una rottura talmente profonda da rendere del tutto illusorio pensare che la condizione sociale e lavorativa parli da sé, che di per sé spinga nel senso di una rappresentanza di sinistra. Oggi più che mai ogni discorso sulla ricostruzione di una soggettività di sinistra o si produce come fatto reale - radicamento sociale e organizzativo, partecipazione, riattivazione del conflitto - oppure è destinato a fare un buco nell’acqua. In altre parole c’è bisogno di una sinistra come strumento capace di affrontare i problemi della società, di organizzare un movimento di lotta politica, sociale, culturale contro governi e poteri impegnati a fare il gioco dell’economia e dei mercati finanziari, contro le diverse forme di sfruttamento e di spoliazione capitalistiche. Questo bisogno pone con forza il tema della costruzione di una pratica e di una strategia della trasformazione – in definitiva la funzione storico-politica della sinistra e dei comunisti non può che essere questa – al di là della dimensione istituzionale e della rappresentanza che pure è importante ma solo in funzione di un accumulo di forze.
Mettiamola così. Il lavoro politico non può che essere prioritariamente ed in larga misura lavoro sociale, lavoro rivolto al sostegno attivo e all’organizzazione degli interessi della parte più debole della società. L’obiettivo è cambiare l’assetto sociale esistente e, conseguentemente, quello istituzionale che lo esprime. Un assetto profondamente snaturato, degradato, sempre più funzionale ai poteri forti di comando. È vero che il 5 dicembre, con la straordinaria vittoria del No, si è sventato il tentativo del governo Renzi di andare allo stravolgimento della Costituzione nata dalla Resistenza e con esso il tentativo di superamento della democrazia parlamentare, di cancellazione definitiva dei principi del pluralismo politico e della democrazia redistributiva. È vero che abbiamo inferto un duro colpo a quanti volevano dare piena attuazione ad un’idea di democrazia autoritaria più consona ai voleri del grande padronato, dei poteri forti, della finanza speculativa. Ma detto ciò bisogna essere consapevoli del fatto che è stata vinta una battaglia, non la guerra. Adesso bisogna battersi perché la Costituzione trovi applicazione, perché torni a essere effettivamente un progetto democratico e di dignità sociale. Bisogna battersi per aprire una stagione di lotte sociali che mettano al centro i diritti e la dignità del lavoro, la difesa della scuola e della sanità pubblica, la lotta alla povertà e alle disuguaglianze sociali, la lotta per la pace contro l’insorgenza di vecchi e nuovi populismi reazionari.
Ultima notazione. Al di là della vittoria referendaria a difesa della Costituzione rimane da riempire un grande vuoto politico per l‘assenza di adeguati riferimenti a sinistra. In questo quadro la costruzione di uno schieramento ampio, plurale di sinistra – non partiti più o meno nuovi che si dichiarano autosufficienti - in alternativa al Pd, uno schieramento capace di catalizzare le energie sociali tuttora presenti ma disperse, è indispensabile. Ecco il doppio compito che ci sta davanti: costruire una soggettività militante, nel segno della rifondazione comunista, impegnata nella realtà effettiva delle lotte, nella ripresa di nuovo protagonismo sociale e fare di questa soggettività un punto di coagulo e di unità con tutte le forze antiliberiste. Lavoriamo al rafforzamento di Rifondazione Comunista come partito organizzato e all’aggregazione di una soggettività larga della sinistra come a due facce della stessa medaglia.

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