di Ezio Locatelli* -
Raccogliamo le nostre forze e mettiamoci in movimento. Facciamolo con rinnovata fiducia. L’aver fatto un buon congresso non era per niente scontato dopo anni di resistenza vissuta affrontando difficoltà a non finire, le difficoltà derivanti da un quadro di sconfitta sociale, di estromissione dalle istituzioni. Dopo aver percorso il tratto più difficile della nostra storia diversi segnali – la vittoria referendaria in difesa della Costituzione, le manifestazioni promosse dalle donne in tutte le maggiori città del mondo e qui in Italia, l’affermazione delle sinistre antiliberiste in diversi Paesi d’Europa – dicono che siamo giunti a un punto da cui si può ripartire, superando una fase di rassegnazione. C’è un fatto di novità. La fine del “credo” in un sistema che ha disatteso le tante promesse di prosperità, democrazia, pace apre a un momento di possibilità. O più precisamente, per usare le parole di Samir Amin, un “momento in cui tutto è possibile, il meglio e il peggio. I giochi sono aperti. Le lotte politiche e sociali, con i loro successi e insuccessi, determineranno quello che sarà il futuro prossimo”.
E’ proprio in ragione di ciò che vanno rifiutati tutti i discorsi che cercano di convincerci della nostra impotenza, i discorsi intrisi di negatività, che parlano solo di crisi ma non della possibilità di liberarsene, discorsi che sono in ritardo rispetto a una realtà in ebollizione, discorsi che non individuano e agiscono i nuovi conflitti, le nuove possibilità di rompere il cerchio, di costruire il cambiamento. Sta a noi vedere e interpretare questa nuova fase, lavorare per una opposizione sociale che rovesci la crisi su chi l’ha prodotta, avendo chiaro che la strategia del meno peggio non regge più. Una strategia siffatta finisce per diventare elemento di logoramento e di continua perdita di attendibilità. E ancora, sta a noi lavorare a un processo di ricostruzione che insieme al rafforzamento di Rifondazione Comunista assuma il tema della costruzione di una sinistra della trasformazione sociale, di una sinistra che deve riguadagnare la forza di trasformare la contestazione all’esistente in un progetto di cambiamento.
Perché questo avvenga occorre lavorare, in ogni realtà e luogo in cui siamo presenti, a un forte dispiegamento organizzativo. L’obiettivo è ricostruire, in forme aggiornate, una cultura della partecipazione e della militanza politica come cultura di liberazione collettiva. Come diceva Marx “la storia non fa niente”. Quello che conta sono gli uomini e le donne che agiscono nelle condizioni date per crearsi un avvenire con la propria azione concreta. Sta a noi consentire che un nuovo senso del possibile e del cambiamento si faccia strada.
*segreteria nazionale, responsabile organizzazione Prc-Se