di Anna Fabiano
Noberto Bobbio una volta semplificò la differenza esistente tra destra e sinistra dicendo, più o meno, vado a memoria, che la destra ritiene l’umanità composta da diversi, gerarchicamente parlando, mentre la sinistra ritiene gli uomini uguali, nei diritti e nel loro valore intrinseco. Su questo vorrei che chi ha avuto nella vita la fortuna di studiare e/o esercitare professioni culturalmente rilevanti, e si professa di sinistra, riflettesse. Su questo vorrei che riflettessero tutti quelli che oggi partecipano al tentativo di una ricomposizione della sinistra in Italia. Perché c’è una contraddizione stridente tra il professarsi di sinistra ed il ritenere che altri, solo perché vengono da altri percorsi, magari anche istituzionali o di militanza di Partito, non lo siano con pari dignità e diritto.
C’è una contraddizione stridente tra il professarsi di sinistra e l’assumere l’atteggiamento tipico delle classi dominanti, ovvero saccenteria, arroganza ed il guardare altri, propri simili, i più prossimi, come quelli che non capiscono o, se capiscono, hanno fini reconditi ed inconfessabili. Mi chiedo: è possibile che l’egemonia culturale della destra sia penetrata così profondamente nel dna della nostra società? Al punto che anche gli intellettuali più illuminati si comportino in siffatto modo? Ben diverso era il taglio, anche violento talora, di Gramsci e di Pasolini, che non erano stati intimamente infettati dalla spocchia di classe. Non a caso il primo sovente preferiva la chiacchierata con i suoi compagni operai che riteneva altamente istruttiva ed il secondo preferiva vivere le borgate che gli hanno fatto capire fino in fondo la vita.
Se stiamo vivendo, qui, ora, in Italia ed in Europa una forma raffinatissima di fascismo, se la violenza quotidiana che viviamo sulla nostra pelle attraverso una precarietà che cancella il senso del tempo e dell’esistenza, se siamo sottoposti tutti ad un bombardamento continuo atto ad indurci bisogni fasulli o a convincerci delle buone ragioni di chi ci considera semplici rotelline dell’ingranaggio, è tempo veramente di rivoluzione. E’ tempo di pensare ad una rivoluzione del XXI secolo, non violenta, che passa per scelte emergenziali come quella di approntare in tempi strettissimi una Lista che ci dia voce nelle Istituzioni, ma soprattutto sia una rivoluzione molecolare, dentro ognuno di noi, che ci liberi dall’essere come ci vogliono, che ci ridia il piacere di ascoltare e parlare con gli altri, di stare con gli altri, di fare comunità. Lo chiedo a me stessa e a tutti coloro che credono ancora in un Paese migliore, in un’Europa dei popoli, in un’umanità liberata.