Elena Mazzoni*
Marco Cassatella**

Come Partito della Rifondazione Comunista e Giovani Comuniste/i abbiamo deciso di aderire al Plant Based Treaty una campagna “progettata per mettere i sistemi di produzione alimentare in prima linea nella lotta contro la crisi climatico-ecologica. il Plant Based Treaty mira a fermare il diffuso degrado degli ecosistemi causato dall’industria animale e a promuovere una trasformazione del sistema di produzione alimentare in un sistema etico, sostenibile e giusto per ogni specie vivente.”

La Terra è un treno in corsa sul ciglio di un burrone e le conseguenze di devastazione ed inquinamento ci stanno facendo cadere.

Tuttavia aldilà di quello che è facile pensare l’inquinamento ambientale non deriva solo dal settore dei trasporti o dalla produzione di energia. Diverse e molto complesse sono le stime della ripartizione dell’inquinamento in base ai settori delle principali attività umane. Secondo la più citata dell’IPCC (Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico) che si basa su dati del 2010:

- Il 25% deriva dalla produzione di elettricità e calore, dalla combustione di carbone, gas naturali o

petrolio;

- Il 24% dall’agricoltura, allevamento e deforestazione;

- Il 14% dai trasporti

- Il 6% dal consumo di combustibili fossili per uso residenziale o commerciale;

- Il 10% da altre attività come raffinazione del petrolio, estrazione dei combustibili fossili e il loro trasporto.

L’idea che il consumo della carne possa essere un pericolo per la salute del pianeta oltre che della nostra fa

storcere il naso a tanti. Ma incominciando a considerare le percentuali sopracitate le idee si incominciano a schiarire, anche se alcune domande restano: come può un’abitudine alimentare causare inquinamento, consumo di suolo, deforestazione, perdita di biodiversità, diffusione di germi patogeni, maggiore mortalità per chi la consuma?

La risposta è sempre la stessa: il sistema di produzione.

Nel sistema di mercato liberale la produzione dei beni è condizionata dalla “domanda” del bene stesso. La richiesta di carne negli ultimi 60 anni è cresciuta vertiginosamente e questo ha portato ad un incremento della produzione che a sua volta ha reso necessaria l’industrializzazione del settore agricolo sancendo la

nascita del sistema agroalimentare. Questo processo ha ridefinito la produzione agricola, che nella metà del novecento era basata sulla coltivazione di prodotti vegetali, i quali a parità di peso sono molto più nutrienti e quindi sfamavano e sfamano più bocche rispetto alla carne. Ma siccome le leggi del mercato hanno la meglio su tutto il resto, nascono le infinite distese di allevamenti intensivi (e di coltivazioni intensive di mangimi). Luoghi o non luoghi che si erigono lontano dagli occhi di tutti: animali stipati in pochi metri, ingrassati fino all’impossibile, cresciuti solo per rispettare le logiche del mercato. Con lo sviluppo del sistema di allevamento industriale la produzione di carne è aumentata vertiginosamente. Oggi si producono 335 milioni di tonnellate di carne. Nel 2050 si stima che la produzione arriverà a 455 milioni di tonnellate (Un Food and Agricoltue Organization, 2018). Questo significa che ci saranno sempre più spazi che dovranno essere destinati alla produzione di carne. Ma l’aumento della produzione ha anche altre conseguenze, ancora più drammatiche:

- L’acqua utilizzabile dall’uomo è lo 0,5% di quella totale. Il 70% di questa è destinata all’agricoltura.

Gli allevamenti intensivi necessitano del 70 volte in più di acqua rispetto alle coltivazioni vegetali.

- Alla zootecnica è imputabile il 18% delle emissioni di gas serra( in particolare CO2 e metano) del pianeta, percentuale maggiore del settore dei trasporti (dati FAO). Anche se tutte le emissioni provenienti dai combustibili fossili del mondo finissero oggi, non saremmo ancora in grado di limitare l’aumento delle temperature a 1,5 gradi Celsius sopra i livelli preindustriali

- Lo spazio necessario per gli allevamenti è stato ottenuto distruggendo l’ormai ex polmone del Mondo. La Foresta Amazzonica rischia di scomparire definitivamente a causa dell’industria della carne.

- Gli allevamenti intensivi sono una sorta di laboratorio di sintesi di germi patogeni. L’elevato numero di animali connesso ai farmaci somministrati agli animali, le condizioni di vita poco dignitose da un punto di vista igienico, l’elevato numero di polveri sottili liberate negli allevamenti sono i principali fattori che hanno portato allo sviluppo di malattie come aviaria, morbo della mucca pazza, salmonellosi, campylobacteriosi, influenza A (H1N1).

- Lo sfruttamento intensivo delle risorse ittiche rischia di decimare la biodiversità marina. Gli allevamenti di acquacoltura sono per lo più insostenibili da un punto di vista economico, in quanto per la produzione di una certa quantità di pasce è necessaria una quantità superiore di mangimi. Inoltre la pesca e dell’acquacoltura è responsabile del 27% dei rifiuti presenti negli oceani deriva dalla pesca e dall’acquacoltura.

Quindi se non vogliamo vivere in Mondo malato, inquinato, desertificato e colonizzato dalla produzione di carne dobbiamo cambiare rotta.

Per il nostro partito aderire a questa campagna non significa che dall’oggi al domani tutte e tutti ci definiamo vegani o vegetariani. Significa considerare il fatto che alcuni dei problemi ambientali del pianeta derivano da cosa l’industria alimentare ha deciso che dovessimo mangiare. Significa che oggi scegliere di continuare ad avere una dieta basata sui prodotti di origine animale equivale a scegliere un modello di sviluppo malato.

Le 3 richieste principali del trattato si concentrano su:

- La fine dell’ ampliamento delle terre destinate all’allevamento, e delle aree marine destinate all’acquacoltura e alla pesca.

- Transizione attiva dai sistemi di produzione alimentare basati sull’uso di animali a sistemi di produzione alimentari a base vegetale

- Ripristino degli ecosistemi e riforestazione della Terra

C’è chi decide di utilizzare i fondi per la finta transizione ecologica per il finanziamento di multinazionali che devastano ed inquinano il pianeta. C’è chi inquina, desertifica, prosciuga, fa ammalare per arricchirsi. Poi c’è chi ragiona insieme a scienziati, istituzioni accademiche e associazioni per trovare la cura alla malattia creata da altri. Il Pianeta rischia il baratro e noi non smetteremo mai di lottare per provare a salvarlo.

Mangiare meno carne, contrastare attivamente chi propone un sistema alimentare basato su deforestazione, consumo di suolo, inquinamento e maltrattamento delle specie viventi per noi è un modo per farlo.

*Responsabile Ambiente PRC-S.E.
*Responsabile Ambiente G.C.

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