Gennaro Carotenuto
Domenica in Venezuela si sceglie l’avversario di Hugo Chávez per le presidenziali del prossimo ottobre. Il favorito è Henrique Capriles Radonski, governatore dello Stato Miranda, fondatore del più a destra tra i partiti di una qualche consistenza dell’opposizione venezuelana, “Primero Justicia”. Ricchissimo, già coinvolto nel golpe 2002, quando partecipò all’assalto all’Ambasciata cubana, beneficia dell’appoggio dell’estremista di destra Leopoldo López, ritiratosi appena il 24 gennaio, ma si presenta come un ammiratore dell’ex presidente brasiliano Lula.
Capriles, appena quarantenne ma con una lunga carriera politica alle spalle, vanta tra i suoi successi l’aver ridotto ad un quarto la criminalità nel municipio di Baruta del quale fu sindaco dal 2000 al 2007. La cifra del cercare il voto di “chavisti delusi” o meglio la realpolitik del considerare irreversibili alcune delle conquiste della Rivoluzione bolivariana accompagna anche il suo principale avversario, Pablo Pérez, che lo tallonerebbe in sondaggi confusi e poco affidabili che vedono ognuno dei cinque candidati essere in testa in almeno un conteggio.


Nostalgia canaglia. Qualche fiocco di neve e si finisce per rimpiangere persino Guido Bertolaso. Proprio lui, l’ex capo della Protezione civile, sommerso dallo scandalo della cricca dopo aver gestito per due anni i miracoli del “governo del fare”: la ricostruzione mai avvenuta a l’Aquila e la falsa soluzione dell’emergenza spazzatura a Napoli. Gianni Alemanno, nascosto dietro il suo tour de force polemico, la mette così: «Con Bertolaso non sarebbe successo». Anche il suo avversario Franco Gabrielli, ex capo dei servizi segreti, poi prefetto dell’Aquila terremotata, ora capo della Protezione civile, ammette: «Siamo un tir col motore di una cinquecento». Tutta colpa di un articoletto del decreto Milleproroghe del 2010 col quale Giulio Tremonti, nemico giurato di Superguido, metteva le briglie alle ordinanze di Protezione civile, fino a quel momento usate per ogni occasione utile o inutile, imponendo il controllo del ministero dell’Economia e della Corte dei conti.
Leggendo nelle pieghe dei commenti e delle cronache trionfali della visita americana del Presidente del consiglio Monti, si possono cogliere, nonostante i toni enfatici, celebrativi e stucchevoli della stampa allineata al governo tecnico, in cui spicca Repubblica, alcuni elementi di scetticismo che Obama non ha mancato di sottolineare a quello che viene celebrato come salvatore dell’Italia e dell’Europa.
«In Italia i figli degli operai hanno sempre minori opportunità». Ma continuano a colpire il lavoro. L’Unità, 10 febbraio 2012
Di Stefano Galieni



