Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione comunista – Federazione della Sinistra, dichiara:

«Monti che parla della fine del tunnel vicina è purtroppo l’ennesima menzogna del premier “tecnico” che “sobriamente” ci ha portato in questa recessione pazzesca: con le sue politiche neoliberiste che aggravano la crisi altro che tunnel, alla fine cadremo dritti dritti nel precipizio! La realtà è che le sue ricette hanno fallito: pur di fare il cameriere della Merkel e degli speculatori, il governo ha penalizzato pesantemente solo lavoratori e pensionati, con il conseguente crollo della domanda e dell’occupazione. Il numero record di persone disoccupate è un dato allarmante, contro il quale bisogna fare subito qualcosa: noi proponiamo l’istituzione di un reddito minimo garantito (pari a 600 euro al mese) e l’avvio di un piano pubblico di rilancio dell’occupazione, nel settore della riconversione ambientale, del riassetto idrogeologico e delle energie alternative, da finanziare con una tassa sui grandi patrimoni, il taglio delle spese militari, della Tav, il tetto a pensioni e redditi anche dei parlamentari, per cominciare. Insieme a movimenti, associazioni e altri partiti abbiamo aderito alla campagna per una proposta di legge di iniziativa popolare per l’istituzione del reddito minimo garantito, per informazioni e adesioni: www.redditogarantito.it».

Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione comunista, ha dichiarato:

«Che sia per maschilismo congenito, che sia in ossequio al Vaticano, da Cassano a Fioroni abbiamo le mille facce dell’omofobia in Italia. È abbastanza deprimente che il rispetto della libertà di orientamento sessuale in Italia continui ad essere merce rara. Impressiona l’uscita di Fioroni anche per una seconda ragione: ma il PD, che sostiene un governo di destra, che vota per la manomissione dell’articolo 18, per l’allungamento dell’età per andare in pensione, che non riesce a mettersi d’accordo sulle unioni di fatto, cos’ha di progressista?»


Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione comunista – Federazione della sinistra, dichiara:

«La spending review è un’altra manovra recessiva targata Monti. Non c’è nulla per la crescita e l’occupazione. Quello che emerge è che ci saranno tagli sconsiderati alla spesa pubblica, che si ripercuoteranno drammaticamente sui servizi ai cittadini. I punti salienti riguardano infatti sanità e scuola: là dove bisognava investire, si decide invece di tagliare! Le risorse vanno trovate altrove: tassa sui grandi patrimoni e le rendite, tagli alle spese militari, alle grandi opere inutili come la Tav, tetto massimo di 5mila euro a tutte le pensioni e a tutti gli stipendi. E per gli esodati ci vuole una vera soluzione, non l’ennesima lotteria…».

di Luca Telese

Da “meno tasse per tutti” (ad Arcore), a “più tasse per pochi” (in Francia). E così, per la gauche, la sinistra francese, è giunta l’ora della “Melanchonie”, che non è – come potrebbe sembrare – il sentimento della malinconia e del rimpianto, ma quello del dubbio per il destino di un nome, quello di Jean Luc Mélenchon, che in queste ore è diventato una incognita decisiva nella politica francese.

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di Roberto Ciccarelli

«Abbiamo già dato» hanno scandito i trenta mila lavoratori del pubblico impiego che ieri hanno sfilato in corteo a Roma chiedendo di cambiare la legge sulla spending review. Lo slogan era stampato su adesivi e magliette, mentre alcuni manifestanti hanno indossato la rosea testa di maiale in cartapesta, come nella celebre festa pidiellina dove «c'erano tutti quelli di Roma Nord» che ha raso al suolo la giunta regionale laziale guidata da Renata Polverini. La polemica contro le spese della politica è continuata anche dal palco dove il segretario generale Cgil Susanna Camusso ha tenuto il comizio di chiusura della manifestazione insieme al segretario della Uil Angeletti: «Per fortuna si è dimessa - ha detto Camusso a proposito della Polverini - ma prima ha nominato dieci dirigenti e non ha stabilizzato neanche un precario: così si rovina il paese e l'immagine della pubblica amministrazione».

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di Maria R. Calderoni

Può essere un Gl, un "giellista", nel loro gergo uno che spara lacrimogeni (i Cs, roba da far cadere la pelle solo a vederli) col Gl40, quindi un giellista.
Può essere uno con in mano il Tonfa (avevano deciso che a Genova il VII lo usasse), il Tonfa è il nuovo manganello, quello che ha "lavorato" così bene alla Diaz (il Tonfa, un arnese duro come l'acciaio, dall'impugnatura a T, un'arma tradizionale delle arti marziali cinesi e giapponesi. Con quella roba, che i carabinieri usavano da tempo ma che la polizia non aveva mai preso in mano, si può spezzare il femore di un bue...).

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di Claudia Fusani

Un tempo erano dalla stessa parte, l’antimafia dei fatti e non delle parole, quella che vuole cambiare un modo di fare la politica in Sicilia. L’emozione e la forza di un film come I Cento passi del giornalista scrittore e politico Claudio Fava. La grinta del sindaco gay comunista e cattolico Rosario Crocetta che si prende Gela e la sottrae alle cosche denunciando al Tar i brogli del voto e facendo arrestare 350 boss. Era l’inizio del millennio, tra il 2000 e il 2003. Il sodalizio, o meglio la condivisione della stessa squadra, è andato avanti fino a un paio d’anni fa. Ora sono uno contro l’altro in una battaglia che dovrebbe invece vederli alleati, quella per voltare pagina in Sicilia.

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di Gaetano Azzariti

È ormai passato un anno dallo straordinario successo del referendum sull'acqua pubblica. Da allora tanto il potere politico quanto le autorità amministrative continuano ad operare come se nulla fosse: si accusano i referendari di volere imporre una ideologia - quella del "bene comune" - cui il governo, la sua vasta maggioranza e le istanze tecniche non sarebbero tenute a sottostare. Anzi, si prosegue nella politica di liberalizzazione e privatizzazione dei servizi pubblici locali ripristinando la normativa abrogata per via referendaria e ridefinendo, sotto mentite spoglie, il sistema di remunerazione del capitale investito.

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di Felice Roberto Pizzuti

Aderisco all'appello contro il «furto d'informazione» pubblicato su il manifesto del 24 luglio.
A distanza di cinque anni dall'inizio della crisi si continua ad affrontarla con politiche che ripropongono la stessa visione economico-sociale che ha contribuito a determinarla; infatti la stanno aggravando.
Il più serio ostacolo al superamento della crisi è riassumibile nel persistente dominio dell'intreccio tra gli interessi materiali e le teorie legati al modello neoliberista che ha dominato negli ultimi tre decenni. Le crisi di carattere epocale prima o poi mettono in discussione anche il senso comune diffuso nell'opinione pubblica. Ma questi cambiamenti non sono semplici e il loro esito non è scontato.

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