Il segretario ha partecipato giovedì 8 dicembre, dalle 21, alla trasmissione condotta da Santoro.
Il segretario ha partecipato giovedì 8 dicembre, dalle 21, alla trasmissione condotta da Santoro.
di Giacomo Bottos
Si va formando una corposa corrente di opinione che propone di uscire dalla crisi essenzialmente con misure di stampo liberista: liberalizzazioni, privatizzazioni, deregolamentazioni.
Si tratta di una ricetta che affonda le sue radici in una lettura della realtà italiana ormai da tempo consolidata: l'Italia non avrebbe mai avuto una sua riforma liberale, sarebbe ingessata da corporativismi, veti incrociati, privilegi, "diritti acquisiti", elevata tassazione e spesa pubblica improduttiva che inibirebbero le potenzialità di crescita del paese.
di Pierfranco Pellizzetti
«Negli anni Venti, il partito comunista sudafricano si batteva con lo slogan ‘Lavoratori di tutto il mondo unitevi per un Sudafrica bianco!’. Non era poi così assurdo: il movimento politico che alla fine impose l’apartheid aveva forti radici popolari e persino socialiste» Paul Krugman [1]
In principio fu MicroMega, con quel suo lodevole “fuoco amico” (cioè senza guardare in faccia nessuno) che talvolta la porta a puntare l’arma della critica proprio contro i soggetti meno lontani dalla sua collocazione politica. La nostra rivista già lo fece con Idv, quando Antonio Di Pietro ne era probabilmente il principale referente, smascherando
di Carlo Buttaroni
Nel 1989, con la fine della guerra fredda, non c’è stato solo un cambio di equilibri nella geografia politica mondiale. Ha cominciato progressivamente a prendere forma un sistema economico nel quale il mondo è diventato un unico campo operativo. Questo processo ha preso il nome di globalizzazione. Un fenomeno che ha preso velocità e forza dal progresso tecnologico e dalle nuove scoperte in campo scientifico, e che si è affermato nella dissolvenza dei vecchi confini politici e delle barriere ideologiche che, sino allora, avevano condizionato anche i rapporti economici tra i diversi paesi. In nessun’altra epoca gli attori in campo hanno avuto un raggio d’azione così ampio e una libertà così vasta.
di Gianni Fresu
È evidente a tutti la profonda crisi del sistema politico italiano e dei suoi partiti, eppure non stiamo parlando di “partiti storici”, bensì di organizzazioni nate recentemente, al massimo venti anni fa. Paradossalmente l’Italia ha insieme il sistema di partiti più giovane e maggiormente in crisi tra le nazioni europee, dove invece sono in campo organizzazioni storiche che affondano le loro radici non solo nel tanto detestato Novecento (il cosiddetto “secolo delle ideologie”), ma persino nell’Ottocento. I vecchi partiti (socialdemocratici, cristiano-democratici, liberali, conservatori o della sinistra di classe) di Paesi come Francia, Germania, Inghilterra, Austria, Spagna, Portogallo, continuano
Dichiarazione di Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione Comunista
Le parole di Nichi Vendola, che dice che Mario Monti potrà appoggiare un eventuale governo a guida Bersani, dimostrano con ogni evidenza che c'è già il governo Monti-Bersani. Per dire no a questa scellerata ipotesi c’è solo un’alternativa ed è la Rivoluzione Civile con Ingroia candidato premier.
di Vittorio Bonanni
Il nuovo libro di Roberto Gramiccia, Slot art machine. Il grande business dell’arte contemporanea (DeriveApprodi, pagg. 247, 17,00 euro) propone al lettore diversi piani di lettura. Non c’è dubbio, tuttavia, che il principale di essi sia rappresentato da un prisma di valutazioni sulla natura truffaldina del sistema dell’arte, sul suo rapporto con l’industria culturale di cui rappresenta un sottoinsieme e sulla funzione egemonica che entrambi esercitano sugli assetti di una cultura sempre meno autonoma e sempre più curvata sugli interessi del neoliberismo.
di Domenico Gallo
Se nella prima metà del secolo scorso un pubblico ministero avesse casualmente intercettato una comunicazione telefonica di Vittorio Emanuele III, indubbiamente ne sarebbe nato uno scandalo ed il Pubblico Ministero che all'epoca si chiamava Procuratore del Re, sarebbe stato destituito su due piedi. Nello Statuto albertino, infatti, non esisteva il concetto di indipendenza della magistratura e la giustizia era amministrata in nome del Re dai giudici che egli stesso istituiva (art.68). Poiché il Re riuniva nelle sue mani tutti i poteri dello Stato, egli era al di sopra dell'ordinamento. Infatti l'art. 4 dello Statuto recitava: «la persona del Re è sacra ed in violabile».
di Loris Campetti
Se non fosse una bestemmia, quella del Tribunale del Riesame di Taranto si potrebbe definire una sentenza politica. Conferma che Riva ha avvelenato e continua ad avvelenare i suoi operai e i cittadini di Taranto, come prima aveva fatto lo stato quando l'Ilva si chiamava Italsider. Conferma il sequestro degli impianti, ma lo finalizza alla loro bonifica. Conferma il carcere per la famiglia Riva ma consegna l'impianto e il rispetto della sentenza al manager dei Riva, Ferrante. Si può dire che è stato tolto di mano ai padroni il timone, e si può anche dire che, comunque, il lupo è stato messo a guardia del gregge. Ma avrebbe potuto fare qualcosa di diverso, il Tribunale del Riesame?