Intervista ad Alberto Lucarelli
di Stefano Galieni

Alberto Lucarelli, docente e assessore della giunta De Magistris ha lavorato anche all’elaborazione del “manifesto di ALBA” (Alleanza Lavoro Beni comuni, Ambiente) Alba fa parte del comitato referendario e non solo in virtù delle parole contenute nel suo acronimo.

La democrazia diretta apre contraddizioni.

«L’acronimo è la conseguenza di una scelta forte. Quella di voler ridare voce alla Costituzione che rappresenta l’elemento più democratico di questo Paese ed in molti punti o è attaccata o disapplicata. La scelta referendaria fa parte di una richiesta di democrazia diretta laddove predomina una sistema di rappresentanza, bloccato da gruppi di potere, i partiti, che non tutelano le minoranze.

Ci accorgiamo che c’è bisogno di spazi in cui i cittadini possano esprimere un parere vincolante al di là degli schieramenti politici. Non agiamo secondo la vecchia logica radicale, crediamo solo di poter determinare un miglioramento della democrazia».

C’è stata una reazione di alcune forze politiche estremamente dura nei confronti della scelta dei referendum, senza peraltro entrare nel merito delle questioni che il comitato promotore pone.

«Mah io credo che questa scelta di difesa di diritti crei di fatto un fronte comune. Questo ha fatto emergere contraddizioni e ipocrisie fra gli schieramenti. Ci sono state soprattutto le reazioni nervose del Pd. Eppure nei referendum non si fa altro che richiamare all’applicazione del concetto di lavoro come diritto da difendere. La difesa dei diritti dei lavoratori ma anche l’attuazione piena di alcuni articoli della costituzione (dal 36 al 39).

Uno degli attacchi che è stato rivolto alla presentazione dei referendum è che si tratti solo di propaganda, visto che si terrebbero nel 2014 con un parlamento totalmente diverso.

«Non mi sembra che tale argomentazione abbia fondamento. I referendum hanno valenza politica anche se presuppongono un risultato “giuridico demolitorio”. Del resto la campagna per i referendum sull’acqua è durata 4 o 5 anni prima che si votasse e si vincesse. E avevamo a fare battaglie nei territori già dalla stagione 2001/2002. Nonostante nel frattempo siano cambiati parlamenti e governi».

Una campagna di opinione che è già partita definisce i referendum in maniera allarmistica perché mettono a repentaglio il lavoro svolto da Monti & company per “salvare il paese”.

«La sola risposta da dare è che il welfare è stata la più grande conquista del ventesimo secolo nei rapporti con la borghesia. Una conquista che non può dipendere dal debito pubblico. Che si colpiscano meglio le evasioni fiscali, che si ristabilisca una progressività reale nelle imposte. Negli anni Settanta le aliquote per i più facoltosi erano del 60% oggi sono del 43%, mentre sono cresciute quelle per lavoratori dipendenti e pensionati.».

Ora saranno fondamentali i comitati unitari nei territori per la raccolta firme. Alba che ruolo può svolgervi?

«Noi siamo una realtà nata da poco con una caratteristica fortemente magmatica. C’è di tutto fra i nostri sostenitori, iscritti a Sel, a Rifondazione alla Fds all’IdV e persone che ormai non si riconoscono in nessun partito. Questo potrebbe permetterci di far prevalere nelle nostre discussioni, la coerenza e l’attuazione dei contenuti. Stiamo costruendo una presenza dappertutto e aumentando i legami con le tante realtà vive del Paese. Ci è stata di molto aiuto l’iniziativa di Napoli della Rete dei Beni Comuni».

Quando vi siete recati in Cassazione a depositare i quesiti, c’erano gli esponenti di forze i cui rapporti sono stati a volte difficili.

«Quando abbiamo presentato i referendum sull’acqua è stata una festa. L’altro giorno il clima era diverso ma cercheremo di renderlo migliore con il lavoro comune».

A tuo avviso di fronte a questa proposta di partecipazione, gli aventi diritto al voto sono oggi più consapevoli che in passato o prevale la resa e il disincanto?

«Siamo ad un momento di rottura perché c’è consapevolezza ma anche grande distacco dai partiti col rischio che prevalgano alcune patologie. Nel contempo ci sono forti spinte di socializzazione fra le persone. Si torna a discutere e a impegnarsi. Ieri si parlava ad un affollato dibattito con Paolo Ferrero, della contrapposizione fra lavoratori in entrata e in uscita. Uno schema per certi versi classico su cui lavorare seriamente».

Proporre i referendum a Napoli e più in generale in Campania, dove aumentano i licenziamenti e contemporaneamente il numero delle persone rassegnate a non aver lavoro, sarà dura.

«Ci lavoreremo partendo proprio dal fatto che i diritti di chi ha un lavoro da difendere e quelli di chi un lavoro lo cerca non vanno messi in contrapposizione».

 

Stefano Galieni

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