di Moni Ovadia
Il fascismo, la peste nera che provocò spaventosi lutti all’Italia e che ne infangò il nome macchiandosi di genocidi e crimini di guerra, fu sconfitto nel 1945 dagli alleati e dai partigiani della resistenza antifascista. Nel 1948, la sua memoria, la sua pratica e la sua ideologia furono rubricate nella Costituzione Italiana, repubblicana e democratica, come crimine.
In un Paese serio e civile tutto ciò avrebbe messo la parola fine a quel movimento criminale non solo sconfitto ma anche patologicamente in contrasto con l’evoluzione politica e sociale dell’Europa uscita dalla seconda guerra mondiale, perlomeno nelle democrazie più avanzate fra le quali la legge costituzionale collocava anche la nostra.
Ma le ragioni dello schieramento italiano nel nuovo contesto della guerra fredda, insieme a molte altre cause fra le quali il furioso anticomunismo viscerale delle forze più conservatrici, anche non fasciste, del mondo cattolico e non solo, legittimò il ricollocamento di moltissimi ex fascisti mai redenti nei gangli più delicati degli apparati statali, negli organi della sicurezza interna e nei servizi segreti.
La pur necessaria amnistia voluta dall’allora guardasigilli Togliatti, non si curò di porre dei limiti al reingresso dei fascisti nella politica istituzionale e i fascisti ne approfittarono per riorganizzarsi in un partito, l’Msi, che ufficialmente accettava la democrazia parlamentare ma nel proprio «cuore nero» coltivava aspirazioni revansciste e continuava a celebrare i lugubri riti della mistica fascista educando le future generazioni.
Se così non fosse non si spiegherebbe la stagione dello «stragismo di Stato», del terrorismo nero, di tutti i depistaggi che hanno segnato la «notte della democrazia» in questa Italia incompiuta e instabile. Non si darebbe il permanere della sottocultura fascista fino ad oggi. Questa permanenza ha avuto in occasione del G8 di Genova nel luglio del 2001 un gravissimo brutale rigurgito che ha fatto precipitare l’Italia, per tre interminabili giorni, nel terrificante clima di sospensione della democrazia. Malgrado l’universale esecrazione della stampa libera del mondo intero e delle più prestigiose associazioni per la difesa dei diritti civili come Amnesty International, la vergognosa tolleranza nei confronti degli ininterrotti rigurgiti del fascistume nazionale continua con incomprensibile indifferenza, come recentemente ha segnalato l’Unità con diversi articoli sulle continue aggressioni di stampo fascista nelle scuole della Capitale e sul progetto di costruire un sacrario in memoria del criminale di guerra e genocida Rodolfo Graziani con finanziamenti provenienti dalla Regione Lazio governata da Renata Polverini. Su cui è tornato anche Aldo Cazzullo sul magazine Sette del Corriere.
Ma il nostro giornale, pressoché unico, ha segnalato anche un ulteriore fatto gravissimo che ha avuto luogo negli ultimi giorni: il Capo di stato maggiore della Marina, l’Ammiraglio di squadra Luigi Binelli Mantelli, è stato fotografato mentre riceveva il «crest» (una targa con logo), dalle mani di due aderenti della «Decima Mas», così com’era nota quando s’impegnava anima e corpo negli interessi della Repubblica sociale di Salò, ovvero compiendo crimini di guerra al sevizio dei nazisti e del loro maggiordomo italiano, il Duce.
Le responsabilità di questo schifo sono di molti, spesso per connivenza diretta. Ci sono ancora politici di destra che si dichiarano apertamente fascisti e fanno o si fanno fare il saluto romano in ogni occasione e altri, che pur non cedendo apertamente alla tentazione, hanno fatto di tutto per riabilitare il fascismo e criminalizzare i partigiani in alcune sconce trasmissioni di indecenti salotti televisivi, magari strumentalizzando il doloroso episodio delle Foibe senza mai fare riferimento alle precedenti stragi nazifasciste nelle terre slave. Ma pesa anche il silenzio dei progressisti che non reagiscono come dovrebbero e quello del governo dei tecnici, soprattutto sullo scandaloso caso dell’ammiraglio Mantelli.
A loro ricorderò il fanatico razzista Breivik, ma anche l’assassino fascista di casa nostra che ha ucciso a Firenze due ambulanti senegalesi.
dall'Unità