121029montinetanyahudi Gian Marco Pisa
Proprio alla vigilia del No-Monti Day, Mario Monti si è recato in Israele per un incontro ufficiale con Benjamin Netanyahu, premier israeliano, nel quadro del terzo “summit inter-governativo” Italia-Israele, nato sotto la stella della reciprocità dei rapporti – cosiddetti – business oriented e finito tuttavia con delle conclusioni di carattere tutto politico che rafforzano la cooperazione tra i due Paesi, rilanciano il rapporto tra il governo italiano e quello israeliano e cementano ancora di più la sponda offerta dal nostro governo e dalla nostra diplomazia alle politiche di occupazione e di vero e proprio apartheid che governo e forze di sicurezza israeliane attuano nei confronti del popolo palestinese.

Il tutto, all’indomani della mancata concessione del visto ad una delegazione parlamentare siriana in predicato di una visita ufficiale nel nostro Paese (la solita politica di doppio standard: porte in faccia alla soluzione negoziale dei conflitti, tra cui quello siriano, braccia aperte al governo di un Paese, Israele appunto, che detiene il triste primato del maggior numero di risoluzioni ONU violate – 70 – per l’occupazione della Palestina e non solo). E mentre erano e sono tuttora in corso feroci bombardamenti e raid aerei contro Gaza e la sua popolazione, costretta in una vera e propria “prigione a cielo aperto”, blindata e sotto attacco e cui non è permesso nemmeno ricevere quel minimo di aiuto umanitario e di soccorso civile che il movimento internazionale per i diritti umani è capace di mettere in campo (basti vedere l’epilogo della missione umanitaria della Freedom Flotilla III, bloccata al largo di Gaza, scortata militarmente fino al porto israeliano di Ashdod, tenuta sostanzialmente in scacco e sotto sequestro).
In estrema sintesi: Israele bombarda, Israele occupa, Israele viola il diritto internazionale e il “nostro” governo che fa? Organizza il vertice inter-governativo italo-israeliano, rende omaggio alla politica di Netanyahu e agli “esemplari successi” dello Stato di Israele, sottoscrive ben sette lucrosi accordi di partenariato tra cui, in bella evidenza, quelli sulle alte tecnologie e sullo start-up di impresa. Se la tempistica lascia di stucco, i contenuti non sono da meno e l’intensità non desta minore preoccupazione: questa visita di Mario Monti in Israele è la seconda in meno di un anno di governo – Barack Obama, tanto per fare un esempio, non è ancora andato una volta sola a Tel Aviv, in quattro anni. Sarà questo, tra gli altri, il motivo per cui Rupert Murdoch, con il suo endorsement al candidato della destra repubblicana, Mitt Romney, per le prossime presidenziali USA, si è perfino spinto a commentare: «Sarà un incubo per Israele se vincesse Barak Obama».
A proposito di elezioni e di eletti. Come ha lucidamente scritto Ugo Tramballi sul Sole-24 Ore: “Quello italiano non è un Governo eletto e dunque la sua politica estera pensa a sviluppare rapporti economici, non a determinare politiche. Quindi Monti e la delegazione italiana non guardano agli israeliani che per il 47% sono favorevoli all’espulsione della minoranza araba del Paese (sondaggio pubblicato da Ha’aretz). Pensano all’Israele delle 63 aziende quotate al NASDAQ; dei due miliardi di dollari in venture capital (quanto Germania e Francia sommate che però hanno 145 milioni di abitanti, mentre Israele ne ha 7 milioni); pensano alle start-up che sono 1 ogni 1.844 abitanti: la più alta concentrazione al mondo”.
D’altro canto, tanto per mettere le cose in chiaro e fissare i paletti tra forze della sinistra “accondiscendenti” e forze della sinistra “intransigenti” sul tema dei diritti di emancipazione, di liberazione e di auto-determinazione dei popoli, è utile richiamare alla memoria il precedente di Nichi Vendola che, ricevendo l’ambasciatore israeliano Gideon Meir (siamo nell’Aprile 2011), non si fa scrupolo nell’attestare che “Israele è un Paese che ha fatto investimenti straordinari sin dalla sua nascita sull’innovazione. Un Paese che ha trasformato aree desertiche in luoghi produttivi e in giardini, un Paese che si confronta col tema mondiale del governo del ciclo dell’acqua, dell’energia, dei rifiuti con pratiche di avanguardia. Penso che la possibilità di sviluppare reciprocamente le attività turistiche e la tutela del patrimonio culturale siano altri elementi importanti di una relazione che con la mia visita in Israele può raggiungere un punto di svolta”.
Finendo perfino per fare propri gli assunti più ideologici del sionismo più radicale, quello di Israele giardino fiorito, capace di fare del deserto un fiore (sottraendo acqua alle terre e ai villaggi palestinesi) e di porsi all’avanguardia dello sviluppo nella regione (a suon di colonialismo e hi-tech drogato dal militare – industriale e dalla guerra di occupazione). Singolare la sintonia con le parole pronunciate da Mario Monti a chiusura del suo bilaterale: “Israele è una nazione che incarna tanti valori, nuova, moderna, tecnologica, che ispira nuove partnership commerciali” da cui l’Italia può trarre beneficio soprattutto “nel settore dell’innovazione”. Parole pronunciate, per di più, alla vigilia di un ulteriore passaggio da non sottovalutare, quale l’annunciata unificazione dei due partiti della destra israeliana, il “Likud” di Benjamin Netanyahu e “Israel Beiteinu” (“Israele, Nostra Casa”, partito dell’ultra-destra nazionale, radicalmente sionista), del falco Avigdor Liebermann. Le cui posizioni, giusto per restare in argomento, sono note: è lo stesso Avigdor Liebermann che, non più tardi di quattro mesi fa, ha proposto di riconoscere un’onorificenza all’autista israeliano macchiatosi dell’assassinio di due operai palestinesi ad al-Khalil (Hebron).
Facciamo nostre le parole del Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Palestina: “La mia raccomandazione è di boicottare i business segnalati nel rapporto come tutti gli altri che traggono profitto dalla costruzione degli insediamenti (colonie) israeliani, fino a che queste aziende si allineino agli standard internazionali sui diritti umani”. Tra le altre azioni politiche e di sensibilizzazione, dunque, il boicottaggio mirato all’economia illegale e dell’occupazione. Un’ultima nota, per la precisione: il Relatore Speciale delle Nazioni Unite risponde al nome di Richard Falk e, chiaramente, è ebreo.

Condividi

Cerca

Sostieni il Partito


 

COME SOTTOSCRIVERE

  • tramite bonifico sul cc intestato al PRC-SE al seguente IBAN: IT74E0501803200000011715208 presso Banca Etica.
  • attivando un RID online o utilizzando questo modulo
  • con carta di credito sul circuito sicuro PayPal (bottone DONAZIONE PayPal sopra)

Ricordiamo che le sottoscrizioni eseguite con la causale erogazione liberale a favore di partito politico potranno essere detratte con la dichiarazione dei redditi del prossimo anno