di Enrico Grazzini
Auguriamo a Nichi Vendola di essere assolto con formula piena e di non abbandonare la politica. Ma Nichi fa bene o fa male a partecipare alle primarie e ad aderire alla coalizione di centro-sinistra, abbandonando quindi la prospettiva di contribuire a costruire un soggetto politico d'alternativa che possa ottenere una rappresentanza autonoma alle prossime elezioni politiche? Il manifesto ha aperto a questo proposito un dibattito che non solo è meritorio ma che testimonia dell'assoluta necessità per la sinistra di avere un luogo sicuro e indipendente di confronto e dibattito, come è questo quotidiano.
Tuttavia vorrei esprimere il mio motivato e ragionato ma netto dissenso rispetto alle tesi esposte su questo giornale da Asor Rosa (14/10) e Piero Bevilacqua (23/10) che plaudono alla iniziativa politica di Vendola. A mio parere, a differenza di quanto pensano i due autorevoli studiosi, la prospettiva di Vendola è erronea non tanto e non solo sul piano tattico ma su quello strategico. Puntando esclusivamente sull'alleanza elettorale con il centro-sinistra per andare al governo, e addirittura presentandosi come futuro premier del prossimo esecutivo, Vendola ottiene certamente un successo mediatico; ma purtroppo contribuisce oggettivamente ad emarginare dalla scena politica nazionale le istanze delle formazioni politiche d'opposizione e soprattutto dei numerosi e molto significativi movimenti che, come quello per l'acqua pubblica e contro il nucleare, hanno sempre fatto le loro battaglie al di fuori, e spesso anche contro, il centro-sinistra e lo stesso Pd. Proprio questi movimenti costituiscono la base per una possibile aggregazione di sinistra che sia veramente in grado di contrastare efficacemente la politica dei governi conservatori e neo-conservatori, a differenza di quanto ha fatto finora il centrosinistra.
Non illudiamoci: considerata la sua cultura e la sua pratica politica, di fronte alla crisi che precipita, il centrosinistra al governo, con o senza Vendola, non potrà - e non vorrà neppure - invertire la rotta rispetto alle politiche classiste di austerità e di recessione impostate dal governo Monti. Su questo credo che esistano pochi dubbi. Anche se il Pd diventasse il primo partito italiano, considerando la sua natura molto moderata, quasi centrista, e considerando che è ormai paralizzato da diverse e contrastanti correnti, come quella ex comunista, quella cattolica, quella cosiddetta liberal-socialista, quella rottamatrice di Renzi, non potrà (ammesso ma non concesso che lo voglia) opporsi alle potenti forze neo-conservatrici nazionali ed europee che sostengono il governo Monti.
Del resto è facile ricordare che anche nei due decenni passati le forze di centro-sinistra in Italia sono state quasi del tutto inefficaci di fronte ai governi berlusconiani che tutte le democrazie occidentali consideravano addirittura ridicoli. Ricordiamoci che Berlusconi è sempre stato forte proprio a causa della inettitudine politica della sinistra tradizionale italiana, che non è riuscita mai a batterlo realmente, neppure sul terreno del palese e clamoroso conflitto d'interessi, anche quando Prodi era al governo. Non a caso Berlusconi ha sempre reputato che il suo vero avversario fosse la magistratura e non la sinistra italiana. E comunque non è stata certamente neppure la magistratura a fare sloggiare Berlusconi e il suo dubbio seguito dal governo, ma le forze politiche e finanziarie europee che, con il precipitare della crisi, non lo hanno più voluto perché rappresentava un cattivo debitore. Berlusconi è stato allora sostituito da Monti, che garantisce invece il pagamento del debito pubblico alle banche europee e americane. Questa è la realtà: il centro-sinistra italiano, a differenza di altre più coerenti e decise formazioni democratiche europee, non ha mai contrastato con un minimo di efficacia la politica conservatrice e rapace berlusconiana. La realtà è che Hollande ha sconfitto Sarkozy ma Bersani, D'Alema e Veltroni (per non parlare di Renzi) non hanno sconfitto Berlusconi. Solo il mite Prodi ha battuto Berlusconi, ma è stato mandato a casa due volte dai suoi stessi coinquilini di governo del centro-sinistra, prima da D'Alema e poi da Mastella.
Il passato ci insegna con evidenza e chiarezza che, nonostante quello che pensa Asor Rosa, purtroppo il centrosinistra non rappresenterà neppure nel futuro un argine di fronte alle forze della destra antidemocratica. Del resto Bersani lo ha ripetuto chiaramente più volte: la sua agenda politica prenderà il "meglio" di quella di Monti. Renzi confermerà anche il peggio. In tutti i casi non ci saranno svolte. Sul piano della politica economica il nuovo governo, anche se sarà di centro-sinistra, cambierà poco o nulla rispetto all'attuale, anzi potrebbe addirittura avviare politiche ancora più austere se le condizioni in Europa dovessero peggiorare, come è possibile. Sul piano dell'architettura costituzionale, che è decisiva per la democrazia, anche il Pd (come il Pdl) è a maggioranza per il presidenzialismo o semi-presidenzialismo, quindi per un esecutivo forte, per un governo poco parlamentare e per un sistema elettorale maggioritario che tagli fuori le minoranze. Non credo allora di essere eccessivamente pessimista affermando che purtroppo servirà a poco se Vendola arriverà terzo alle primarie dopo Bersani e Renzi. E' invece molto dannoso che un leader molto seguito e stimato come lui non scelga di contribuire alla creazione di un fronte alternativo delle sinistre e dei movimenti.
Vendola avrà un indubbia risonanza mediatica partecipando alle primarie; e questa eco - lo riconosciamo senz'altro - è e sarà utile e positiva per promuovere le idee di sinistra presso l'elettorato del Pd. Il problema però è che la sua adesione al centro-sinistra di governo si basa sostanzialmente su una clausola di esclusione verso la sinistra d'opposizione. Il tentativo di Vendola di partecipare al governo di centro-sinistra costituisce allora a mio parere un grave sgambetto alla possibilità, e anzi alla necessità, di costruire un fronte della sinistra alternativa di cui il paese ha bisogno, soprattutto in questa crisi devastante. Perché non fare anche in Italia come in Grecia e in Francia, dove le diverse e variegate formazioni di sinistra sono riuscite a trovare tratti omogenei, ad unirsi e a incidere sul processo elettorale gettando le basi per un'opposizione più forte alle politiche economiche e antidemocratiche della destra conservatrice?
Riflettiamo un attimo: sul piano puramente elettorale una formazione alternativa di sinistra che riuscisse a fare leva sui tratti comuni di forze certamente non così distanti - come i movimenti che difendono i beni comuni, la Fiom e parte della Cgil, Alba, i sindaci per il bene comune, Sel e Rifondazione Comunista, l' Idv di Di Pietro e perfino il Movimento 5 Stelle - che prima o poi diventerà grande e non potrà correre da solo -, una formazione che riuscisse a conquistare buona parte del vasto elettorato di sinistra e del vastissimo elettorato di protesta (il 45% dell'elettorato totale), non solo non sarebbe minoritario nel paese ma potrebbe addirittura nel tempo diventare la prima formazione politica.
A costo di apparire ipercritico, mi sembra che la politica di Vendola, che privilegia sempre il piano delle alleanze a quello della costruzione di una forza unitaria ma plurale della sinistra, porti ad accentuare le fratture, le divisioni e le debolezze della sinistra d'alternativa. Come ricorda giustamente Piero Bevilacqua, non è certo facile mettere d'accordo il dissonante e caotico arcobaleno della sinistra alternativa. Però a mio parere occorre tentare: il progetto è possibile e anche necessario se non vogliamo il tramonto definitivo della sinistra in Italia. Esiste la possibilità di un fronte comune dell'opposizione, anche perché tutti hanno interesse a unirsi per non scomparire. In una situazione di crisi verticale come quella che stiamo vivendo, nella quale perfino il comico Grillo è riuscito a costruire nel giro di pochi anni una nuova forza politica ed elettorale, non è impossibile avere successo nell'aggregare una sinistra alternativa ed ecologista che ha esperienze e bagagli politici e teorici certamente molto più ricchi. E' indispensabile una bussola sicura nella notte della crisi, e purtroppo questa bussola non c'è e Nichi Vendola non contribuisce a crearla, e questo è tanto più negativo considerando che purtroppo la sinistra è già carente di una leadership all'altezza della situazione.
Fausto Bertinotti, che pure è stato il mentore di Vendola e di Sinistra Ecologia e Libertà, nel suo ultimo editoriale di Alternative per il Socialismo suggerisce di costruire un ampio movimento d'opposizione che riesca finalmente a incidere sulla politica italiana. Mi sembra una cosa giusta. Il progetto unitario è complesso, ma forse non così difficile come sembra in una fase di gravissima crisi economica e occupazionale che spinge senz'altro verso la radicalizzazione sociale e politica, e verso la polarizzazione elettorale, e dove c'è quindi bisogno di una proposta chiara e finalmente alternativa per uscire dalla palude.
Il primo obiettivo della sinistra dovrebbe allora essere prima quello di costruirsi una propria identità politica unitaria ma plurale, e poi di trovare le necessarie alleanze, magari anche per andare al governo. Vendola a mio parere rovescia le priorità. Purtroppo con il leader di Sel impegnato nelle primarie, indipendentemente dal successo elettorale o meno del centrosinistra, diventerà più difficile costruire una forza d'alternativa che illumini la politica non solo per il presente ma anche per le nuove generazioni che si stanno affacciando alla vita sociale e politica del nostro paese.
Il Pd, debole con il berlusconismo, come ora con il montismo, non modificherà la sua traiettoria centrista.
E Vendola con le primarie non gli farà cambiare idea.
da il manifesto