hollandedi Anna Maria Merlo
«Non dimenticare l'elettorato popolare», che ora fa i conti con la realpolitik
Quindici deputati di base del Partito socialista hanno pubblicato un appello indirizzato a François Hollande, per sollecitarlo a «non dimenticare l'elettorato popolare», che «ha svolto un ruolo-chiave» nella sua elezione all'Eliseo. I deputati di base protestano contro la svolta social-liberale del governo e chiedono una politica che tenga conto dell'«aspirazione legittima dei salariati e degli operai modesti a migliorare le loro condizioni materiali di vita».
La lettera è uno dei sintomi del malessere che sta vivendo la sinistra, che ha vinto le elezioni nel maggio (presidenziale) e giugno (legislative) scorsi. Il Senato, con i voti del Parti communiste français (Pcf) e anche dei Verdi (oggi hanno due ministri nel governo Ayrault), che si sono uniti all'opposizione di destra, ha respinto la principale misura della rettifica alla finanziaria 2013: il Cice, il Credito di imposta competitività e occupazione.

Si tratta del simbolo della svolta di realpolitik, cioè 20 miliardi di crediti di imposta alle imprese per favorire il recupero di competitività, che verranno ricavati da 10 miliardi di tagli alla spesa pubblica, da un aumento dell'Iva e da qualche tassa ecologista. Un'apertura all'impresa (che comunque passerà definitivamente all'Assemblea), mentre la disoccupazione cresce (ha superato i 3 milioni) e, per gli occupati, i salari sono bloccati (lo Smic, il salario minimo, non crescerà più dell'inflazione).
«È accettabile che Mittal riceva 40 milioni l'anno?» si sono chiesti i deputati comunisti e écolo. Il riferimento è al caso ArcelorMittal e al sito di Florange in Lorena, diventato il simbolo dell'indecisione del governo e dei passi indietro del primo ministro, che ha rifiutato la nazionalizzazione, evocata a più riprese dal ministro del Rilancio produttivo, Arnaud Montebourg. Il gigante mondiale dell'acciaio, l'indiano Mittal, che dal 2006 controlla la produzione francese impiegando 20mila persone nel paese, ha deciso la chiusura definitiva dei due ultimi altiforni della Lorena, già fermi da 18 mesi. Lo stato è riuscito a far garantire da Mittal il non licenziamento dei circa 600 operai che vi lavoravano. Ma non ad assicurare la continuità del sito. Hollande, Ayrault e Montebourg, che non sono riusciti a mettere a punto una linea comune offensiva, ci hanno rimesso in termini di consenso. I sondaggi di gradimento sono crollati per tutti. Montebourg è apparso velleitario, con le sue minacce di nazionalizzazione e gli attacchi a Mittal. Ayrault si è mostrato rigido e troppo prudente, paralizzato dal timore di spaventare eventuali investitori stranieri in Francia. Hollande, dal canto suo, è apparso indeciso, incapace fino all'ultimo di scegliere tra due linee.
Il Partito socialista, paralizzato anch'esso dall'obbligo di fedeltà al governo, ha scelto la strada delle riforme della società per riprendere la mano. Si pone quindi come la punta di lancia di due riforme promesse da Hollande: il matrimonio per tutti, che sarà discusso in parlamento a partire dal 29 gennaio prossimo, e il voto per gli extracomunitari alle elezioni locali, una promessa mai mantenuta dalla sinistra al governo dai tempi di Mitterrand. Sabato e domenica ci sono state varie manifestazioni in difesa del matrimonio per gli omosessuali, un altro corteo è previsto a gennaio, come risposta alla manifestazione degli oppositori, il 13 gennaio, che rischia di diventare un importante appuntamento per il rilancio della destra. Ma anche su questi due fronti «sociali» Hollande tentenna: indecisione sulla «libertà di coscienza» per i sindaci anti-matrimonio, prima evocata poi ritirata, responsabilità affidata al dibattito parlamentare sulla scelta di includere il diritto al ricorso alla procreazione medicalmente assistita per le coppie omosessuali (non contenuta nel testo di legge governativo, che include matrimonio e adozione). Sul diritto di voto agli immigrati, il governo e il presidente si nascondono dietro il fatto che la maggioranza attuale non ha i tre quinti necessari per far passare la necessaria riforma costituzionale.
In questo clima confuso e conflittuale, si è innestata la polemica del caso Depardieu, l'attore nazional-popolare che ha deciso di andare in Belgio e di «restituire il passaporto francese» per pagare meno tasse. Per l'opposizione Gérard Depardieu è diventato il simbolo delle vittime del fisco «confiscatorio» di Hollande. Per il governo, la scusa per recuperare credito tra gli elettori, accusando i ricchissimi di «mancanza di solidarietà» in tempo di crisi.

Il Manifesto - 18.12.12

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