di Andrea Fabozzi
Lui che la candidatura se l'è giocata e vinta con le primarie, che alle primarie ha affidato anche la scelta della maggioranza dei parlamentari, adesso dovrà fare la campagna elettorale con un non-candidato come avversario. E dovrà persino evitare di attaccarlo troppo, pena la perdita del marchio di affidabilità europea. Pier Luigi Bersani è in questa brutta situazione, non gli sfugge che la corrida dialettica tra Berlusconi e Mario Monti serve solo a rinsaldare le posizioni di entrambi i suoi competitor. Guarda i sondaggi e scopre come il recupero del centro montiano avvenga a scapito del Pd, per la prima volta in leggero calo. Vede Pietro Ichino, l'ultima delle «figurine» che Walter Veltroni aveva
attaccato sui banchi parlamentari del Pd, staccarsi e passare direttamente alla redazione del programma - l'agenda - di Monti. E reagisce, con un salto a scavalcare. Abbraccia direttamente l'agenda Schäuble: la proposta di un super-comissario europeo con potere di veto sui bilanci dei paesi membri, avanzata qualche mese fa dal super-conservatore ministro delle finanze tedesco.
Per il fronte interno, Bersani replica a Monti selezionando parole fredde ma garbate. «Aspettiamo di vedere se si collocherà al di sopra o piuttosto con una parte», dichiara il segretario al Tg2, dopo aver ricordato che il suo partito (a differenza del Pdl) ha sempre sostenuto Monti anche «in momenti molto difficili». Ma a questo punto, spiega, il destino del professore «andrà chiarito». Più volte Bersani ha spiegato direttamente a Monti che la sua decisione di schierarsi per il raggruppamento centrista finirà col costargli la candidatura al Quirinale. Il segretario è da tempo dell'idea di promuovere l'attuale presidente del Consiglio, per rimuoverlo da palazzo Chigi. Ma con il nuovo calendario dettato dal voto anticipato, le votazioni in parlamento per il Colle seguiranno di almeno un mese la scelta del primo ministro. Evidentemente Monti si fida poco e preferisce resistere lì dov'è. O almeno avere una moneta di scambio da giocare con il prossimo vincitore delle elezioni: un consistente numero di deputati e, soprattutto, senatori indispensabili per una maggioranza stabile.
Sul fronte estero invece Bersani si è affidato al Financial Times, con un'intervista concessa la settimana scorsa - il 19 dicembre era stato a Bruxelles per veloce tour nelle istituzione europee - e pubblicata ieri sul sito del quotidiano della City. «Non voglio rinegoziare il fiscal compact e nemmeno gli altri accordi raggiunti l'anno scorso» in Europa, ha detto il segretario del Pd. Aggiungendo un sostanziale via libera al piano Schäuble, che prevede la nomina di un super-commissario europeo con il potere di bloccare il bilancio di un paese membro laddove questo non rispetti le regole sul deficit. Un vincolo al pareggio ancora più forte di quello introdotto dal Pdl e dal Pd nella nostra Costituzione, che Bersani confessa non essere «la mia scelta preferita» ma che ciò non di meno è disposto ad accogliere. «Non mi spaventa», spiega, se «l'intenzione è quella di ristabilire la fiducia e consentirci, in maniera controllata e selettiva, politiche più espansive». L'austerity «da sola nel lungo periodo può diventare pericolosa» ma in definitiva «è necessaria». «Non litigherò con la Germania - assicura in chiusura Bersani - infatti condivido molte delle critiche fatte all'Italia dai tedeschi perché sono le stesse che ho fatto io a Berlusconi».
Poi anche Bersani finisce a replicare su twitter alla «salita» in politica del presidente del Consiglio. L'agenda Monti, scrive, «ha alcune cose condivisibili, alcune meno e altre da discutere». Il Pd, assicura, ci metterà «più lavoro, più equità e più diritti». Col permesso di Herr Schäuble, si intende.
da il manifesto