Redazionale

La Fiom è il convitato di pietra al tavolo indetto dal governo dei tecnici su lavoro e welfare. Ma alla trattativa la Fiom partecipa a suo modo: con la mobilitazione. Primo appuntamento: sabato 18, a Roma, per un attivo nazionale di quadri e delegati del sindacato dei metalmeccanici. Seconda data da tenere a mente: venerdì 9 marzo, grande manifestazione nazionale a Roma e 8 ore di sciopero nelle industrie metalmeccaniche...

I metallurgici della Cgil hanno più di un motivo per protestare: lo scippo del Contratto nazionale, con l'accordo separato firmato da Cisl e Uil e mai validato da un referendum; l'offensiva di Fiat, che ha cancellato il diritto di rappresentanza degli iscritti al più antico sindacato dell'industria con un colpo di penna e ha esteso il "modello Pomigliano" a tutto il gruppo.

E poi la crisi, che strangola molte aziende: dalle piccole, sottoposte alla gelata dell'economia internazionale, a quelle grandi e strategiche, vittime della lunga latitanza dei governi dai tavoli che dovrebbero decidere la politica industriale.

Ma la manifestazione del 9 marzo, accanto ai temi "sindacali" dei metalmeccanici, metterà al centro anche i grandi temi politici, quelli "confederali", in discussione nel tavolo con le parti sociali indetto a palazzo Chigi. Su quei temi la piattaforma della Fiom è netta: nessuna manomissione dell'articolo 18 (al massimo la Fiom dà la sua «disponibilità per una normativa che acceleri la celebrazione dei processi»); riduzione della precarietà, estensione dei diritti, tutela del reddito, ampliamento degli ammortizzatori sociali a tutte le imprese e a tutte le forme di lavoro. Come dire, parafrasando Monti e Ichino: «basta con l'apartheid tra protetti e non protetti». Però con una strategia opposta: per riunificare il mondo del lavoro non bisogna togliere i diritti a chi li ha, ma darli a chi non li ha (se di "protetti" si può ancora parlare durante l'era Marchionne e con la disoccupazione in vertiginoso aumento). Infine, la Fiom chiede un piano straordinario di investimenti pubblici e privati per il rilancio del sistema industriale.

In sintesi, la Fiom dice un no netto alle politiche del governo Monti. Le sue parole d'ordine non sono molto dissimili da quelle della Cgil, che però è stabilmente seduta al tavolo di confronto col governo, nonostante molti provino a far saltare i nervi della Camusso (vedi Repubblica coi suoi scoop) e la fragile unità sindacale con Cisl e Uil. La segretaria generale della Cgil ha salutato la mobilitazione della Fiom con fredda condivisione: «Lo sciopero è per il contratto nazionale di lavoro, per la democrazia in Fiat, per l'esclusione della Fiom e per il mancato reintegro al lavoro a Pomigliano dei metalmeccanici iscritti alla Fiom», ha dichiarato Camusso, lasciando da parte i temi "confederali" affrontati nella piattaforma presentata da Landini. Quanto all'articolo 18, «la Cgil ha già espresso la sua posizione», chiosa la Camusso.

Il corteo si preannuncia lungo e partecipato. Come sempre, accanto alla Fiom scenderanno in piazza movimenti, associazioni, partiti della sinistra, a partire dal Prc e dal Pdci. «Sosteniamo la decisione della Fiom di indire lo sciopero generale per i diritti dei lavoratori, per l'articolo 18, contro il governo Monti», ha dichiarato il segretario del Prc Paolo Ferrero. Più qualche esponente sparso del Pd. Il segretario dei democratici capitolini Miccoli ha già annunciato la sua partecipazione. Facile prevedere che sul corteo della Fiom si assisterà all'ormai classica spaccatura del Pd tra fan di Monti e fan della Cgil.

Roma, 15 Febbraio 2012

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