Stefano Galieni
Giornata importante quella di ieri per il movimento No Tav, su diversi fronti. Intanto quello delle mobilitazioni che, a partire dall’appello “Blocchiamo tutto” ormai da 3 giorni si susseguono in tutto il Paese e hanno coinvolto complessivamente un centinaio di città. Una quindicina le mobilitazioni di sabato ma tutte egualmente significative.
A Bussoleno c’è stata una nuova occupazione dell’A32, questa volta non si sono verificati scontri con le forze dell’ordine e un gruppo di manifestanti è riuscito con una perfetta manovra di aggiramento ad alzare e bloccare le sbarre dei caselli autostradali consentendo ai veicoli di passare senza pagar pedaggio e distribuendo volantini ai passanti. A Milano in contemporanea è partito un corteo per l’autodeterminazione dei popoli aperto da una delegazione di Euskadi che portava uno striscione in favore dei No Tav. Oltre un migliaio di persone in piazza, fra loro delegazioni kurde e colombiane e spezzoni molto partecipati di cittadini solidali con il movimento valsusino. A Roma in mattinata un gruppo di attivisti aveva occupato simbolicamente la sede del quotidiano “La Repubblica” per protestare contro le modalità distorte con cui il circuito mediatico sta raccontando le azioni del movimento No Tav, ne è nata una interlocuzione forte con alcuni giornalisti. Si auspica che produca effetti positivi. Nel primo pomeriggio poi migliaia di persone, in maniera pacifica e festosa sono partite dalla stazione Tiburtina per un corteo che si è inoltrato nel quartiere popolare di S. Lorenzo e poi, ripetendo una magnifica esperienza già realizzata durante le proteste contro il ddl Gelmini, si è riversato sull’imbocco dell’autostrada Roma – L’Aquila. Attimi di tensione ma il blocco è proseguito fino alla sera quando tranquillamente il corteo è tornato verso il punto di partenza e si è sciolto. Presidi e manifestazioni si sono svolte da Trento ad Avellino, a Perugia, Pavia, Livorno, Pesaro e in altri centri piccoli e grandi. In tutte queste mobilitazioni era presente il Prc. Dal corteo di Torino il segretario Ezio Locatelli ha criticato la rigidità e l’ottusità del sindaco Fassino, sordo ad ogni richiesta di dialogo, chiedendo a Sel, presente nel corteo, di trarne le logiche conseguenze in maggioranza. Da Roma Paolo Ferrero ha ironizzato dicendo che per la prima volta non era in corteo nella Valle ma a Roma e ha definito l’atteggiamento del governo arrogante e paternalistico. Ma è anche il quadro politico che comincia ad essere smosso dalla determinazione valsusina. Secondo alcuni sondaggi, al di là della partecipazione alle mobilitazioni, oltre il 30% degli intervistati si dichiara contrario alla Tav e solidale con i valligiani. Il governo mira a prendere contromisure ma tutte indirizzate verso un inasprimento della spinta repressiva: si parla di estensione del reato di associazione a delinquere, di arresti differiti, di pene detentive per chi attua blocchi ferroviari e stradali. Monti vorrebbe veder rimosso rapidamente l’ostacolo alla realizzazione della grande opera speculativa e non è chiaro quanto comprenda come non si tratti di un problema di ordine pubblico. Grandi mezzi di informazione e questure sembrano condividere l’obbiettivo di separare i (secondo loro) minoritari “duri e irriducibili” dall’anima pacifista e democratica del movimento. Di fatto per chiunque abbia minimamente provato a seguire seriamente gli avvenimenti appare chiaro come le stesse aree sociali additate come corpi estranei si trovino ormai, a fronte di governi nazionali e locali indisponibili a fare passi indietro, a condividere totalmente e radicalmente la complessità del movimento No Tav, un movimento contro cui si sta schiantando per manifesta inadeguatezza, ciò che resta del centro sinistra.