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Di Furio Colombo

Voglio dire che domani, parteciperò alla manifestazione di Roma della Cgil-Fiom in difesa del lavoro e dei diritti di chi lavora.

Lo farò perché ritengo che si tratti della questione più importante per chi ha votato e vota a sinistra e sa che il lavoro è il senso e il cuore di qualunque cosa si voglia definire sinistra. Da deputato Pd dovrò confrontarmi con un fatto difficile da capire e difficile da spiegare. Il Partito democratico ha annunciato che nessuno (nessuno che sia Pd o parlamentare del Pd o a nome e per conto del Pd) dovrà partecipare alla manifestazione Fiom-Cgil di venerdì 9 marzo a Roma. Ho detto "annunciato" perché è il verbo giusto quando si emanano ordini o decisioni definitive. Dunque, ti dici, ci devono essere delle ragioni gravi. Infatti la drastica decisione ha provocato subito conseguenze importanti. Fassina, che nel Pd è il responsabile del lavoro (vuol dire sindacati , operai, contratti, politica del lavoro) aveva detto di sì e adesso sarà no. Lo stesso è accaduto per Orfini. Non andrà.

Ci sono solo due vie per capire. O il Pd ha ritrovato la ferrea forza disciplinare dei tempi in cui il Pci ha radiato i fondatori del manifesto. O un fatto grave si è verificato all'improvviso, qualcosa che peserebbe sulla reputazione e la credibilità degli eventuali partecipanti all'evento Fiom. Per esempio scoprire che Fiom è l'altro nome di Casa Pound. Però nulla di tutto ciò è avvenuto e bisognerà accontentarsi di interpretare la realtà con i fatti della realtà. Il primo sembra essere una profonda irritazione verso la Fiom vista all'improvviso come un agitatore che spinge verso il passato. O peggio, come il luogo infido di una rivolta. Eppure questo Pd non è (non è ancora) il partito di Matteo Renzi, autorizzato dalla faccia tosta e dagli anni, a non sapere niente del prima. Qui, nel Pd di adesso, c'è ancora gente che c'era quando Cgil e Fiom erano la sinistra perché la sinistra è la difesa del lavoro. Gente che assieme alla Cgil e alla Fiom si è fatta trovare parecchie volte, cercando, anzi, di essere vista bene dai giornalisti e dagli elettori.

Che cosa è cambiato? Che io sappia è cambiato il mondo (o almeno il mondo dell'impresa e di una certa cultura prevalente fondata sulla coincidenza inventata fra benessere dell'impresa e benessere di tutti) ma non è cambiato il lavoro e non è cambiata la necessità e l'urgenza di difendere il lavoro, che vuol dire la grande maggioranza dei cittadini, occupati e disoccupati. O perché si diffonde la tendenza a negare i diritti del cittadino che lavora, negando non tanto, non solo il regolamento di una fabbrica o il comma di un patto, ma tutto il patto (i contratti nazionali) fondato sul rispetto dei diritti umani e civili e della Costituzione. O perché imprenditori animati da una strana ansia di provocazione si divertono, nel silenzio benevolo di governo e Parlamento, ad annunciare ogni due giorni la chiusura immotivata e insensata di una grande fabbrica italiana, arrecando anche un danno non da poco alla reputazione, già così provata, del Paese. Dunque se il lavoro è in pericolo dentro la fabbrica dei diritti negati, e fuori dalla fabbrica del precariato e dell'abbandono, che cosa motiva il bollettino di guerra del più grande dei partiti della sinistra italiana, il Pd? Senza intenzioni di satira o di malevolo umorismo, devo per forza riferire la ragione ufficialmente diramata che ha bloccato all'istante la partecipazione degli ultimi due dirigenti Pd: alla manifestazione della Fiom ci saranno anche i No-Tav (uno, Pd, ex sindaco e ora presidente delle Comunità montane della Valle di Susa). E avranno persino il diritto di parola. Qui sul dissenso prevale l'angoscia.

Volete dirmi che il nuovo valore che anima e tiene insieme il Partito democratico non è più la sinistra, non è più il lavoro, ma è l'Alta velocità? Volete dirmi che adesso ci inchiniamo all'Alta velocità eletta a valore e riferimento politico (ma, più che politico, direi religioso) come gli stravolti personaggi di una parodia di Odissea nello Spazio? Tutti a casa, e il lavoro vada al diavolo o dove vuole Marchionne, pur di non essere nella stessa piazza di uno contaminato dalla malattia degenerativa detta No-Tav? Io fingerò di non sapere le ragioni del Pd tutto assente. Anche perché, oso un piccolo azzardo, mi sento di prevedere che non sarà tutto assente.

E poi l'importante è che non si possa dire: del Pd non c'era nessuno. È la stessa ragione per cui due di noi, il giorno del trattato con la Libia e del regalo indecente di Bossi e Berlusconi a Gheddafi, hanno votato contro e impedito che si dicesse che "il voto della sinistra è stato unanime". Non lo è stato. Ora proviamo di nuovo a salvare la reputazione del maggior partito della sinistra, nel giorno di lotta per il lavoro.

Da Ilfattoquotidiano .it

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