di Nicola Nicolosi

Mentre in tutt'Europa avanza la richiesta di cambiamento del paradigma economico, politico e sociale, il governo Monti continua ad ispirarsi al modello liberista che tanti danni ha causato.

Alla luce di tale consapevolezza, non sono d'accordo con il giudizio dato dalla segreteria nazionale Cgil in merito al ddl presentato dall'esecutivo sul mercato del lavoro. In particolare sull'Articolo 18, l'interpretazione fornita riguardo alla possibilità per i lavoratori di essere ancora reintegrati sul posto di lavoro è molto debole e non ha elementi di fondatezza giuridica. La modifica dell'Articolo 18 non è accettabile e la Cgil ha il dovere di resistere all'attacco del governo e di Confindustria. In caso contrario, ci assumeremmo una responsabilità storica nell'avallare il cambiamento di una norma a discapito del sistema di protezione sociale e occupazionale dei lavoratori.

La Cgil deve attestarsi su ben altra posizione: quella sancita dalla 'memoria' recapitata al Senato in occasione della recente audizione delle parti sociali in commissione Lavoro: la Cgil ha assunto un orientamento positivo e pienamente rispettoso del diritto al reintegro del lavoratore in caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo. Riferendoci alle facoltà attribuite ai giudici del lavoro, abbiamo chiesto di reintrodurre il 'deve reintegrare', contro il 'può reintegrare' previsto dalla nuova formulazione, per evitare il sorgere di conflitti tra scuole di pensiero all'interno della magistratura e forme di discrezionalità sulla pelle dei lavoratori. Inoltre, al Senato, abbiamo criticato duramente la definizione di 'manifesta insussistenza', chiedendo di eliminare l'aggettivo 'manifesta' relativamente ai licenziamenti per motivi economici, individuali e collettivi.

La Cgil non smentisca se stessa: lo faccia anche per rilanciare il movimento di lotta e per fare in modo che il Paese continui a guardare al più grande sindacato italiano come ad un baluardo della democrazia e dei diritti. Altrimenti si potrebbe pensare, come taluni già stanno facendo, che la Cgil abbia ceduto la sua autonomia ai tre partiti della maggioranza: è una lettura dei fatti da respingere ma, per poterlo fare, non deve essere suffragata da decisioni assunte dalla Cgil al termine del suo Comitato Direttivo.

Nicola Nicolosi - Segretario nazionale CGIL, Coordinatore “Lavoro Società"

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