lichtenstein

di Claudio Bazzocchi
Vorremmo cercare di capire quale idea della politica esprima il Movimento Cinque Stelle, provando a dare sostanza alla categoria di antipolitica che spesso si utilizza per descrivere la formazione di Beppe Grillo, dicendo che in quell’ ”anti” non sta solo la protesta o il rifiuto della classe dirigente attuale, ma il ribaltamento della politica moderna.


 Ebbene, quella del Movimento Cinque Stelle è una forma di direttismo, cioè un’idea della democrazia che rifiuta la mediazione partitica e si appella al rapporto diretto tra politico ed elettore. Internet e i social network rappresentano lo strumento che innesca tale rapporto diretto. I “grillini“ credono di praticare una sorta di democrazia senza mediazioni, pur partecipando alle elezioni per la scelta dei rappresentanti nelle istituzioni. Ciò che conta è che l’attivista e l’elettore sentano di rapportarsi direttamente con il loro rappresentante, il quale non imporrebbe loro un programma, ma in qualche modo si configurerebbe come collettore di idee, richieste e bisogni espressi direttamente sulle bacheche elettroniche e in tempo reale.
 In questo modo, la politica scavalca i partiti, i professionisti politici, i luoghi fisici delle riunioni e si configura come ciò che finalmente riavvicina i problemi concreti della cosiddetta gente alle stanze del potere. In tempo reale, la politica si fa trasparente perché i cittadini hanno l’impressione di stendere il programma di governo assieme al politico che non è altro che un delegato al servizio del virtuoso e impegnato popolo dell’attivismo civico e digitale. Anzi, la politica viene a coincidere con la trasparenza stessa. Infatti, la realtà è a disposizione, è data, basta rappresentarla sul web come una mappa in cui individuare buche sulle strade da riparare, cassonetti non funzionanti da sostituire, parchi degradati in cui sistemare giostre e scivoli, centrali inquinanti da chiudere, strutture pubbliche colabrodo da restringere per sanare il bilancio, partiti politici da chiudere in quanto resi inutili da quella stessa mappa web che è in grado di descrivere la realtà senza bisogno di interpretazione, ascolto e discussione.
 
Insomma, la realtà è neutra e trasparente. Compito della politica è mantenerla tale contro il malaffare, gli sprechi, l’immoralità e l’inevitabile entropia dell’ambiente fisico e sociale. Qui sta allora il punto fondamentale per dire che la politica cambia completamente statuto nelle varie forme di attivismo civico e giovanile, nelle quali possiamo annoverare il Movimento Cinque Stelle, come le ormai finite “Fabbriche di Nichi”. Il punto è che il reale viene presupposto come trasparente, come un ambito neutro da mantenere pulito e fluido. Si avrà a che fare sempre più con la questione morale, con i comportamenti scorretti o meno di politici, industriali, pubblici ufficiali e semplici cittadini, col malaffare, con le modalità che permettono di estendere le virtù civiche nella società e con il modo in cui scegliere politici onesti sul web, come esecutori delle idee che permettono all’ambiente di conservare la propria fluidità. La politica perde allora il proprio statuto di attività di mediazione per eccellenza, mediazione che si rende necessaria per il fatto che volontà umana e realtà data non coincidono mai automaticamente.
 
Vogliamo invece dire che la trasparenza non è tipica della datità del reale né un prerequisito della politica. È infatti una costruzione, è quel processo in cui gli esseri umani da soggetti naturali limitati dalle cose, di cui possono solo appropriarsi nel consumo e nell’incorporazione, giungono a una soggettività autentica grazie al riconoscimento dell’altro da sé che certifica la comune umanità. La trasparenza si raggiunge nel conflitto sociale tramite cui le classi possono giungere a essere coscienti dei propri diritti e del loro essere inseriti in una relazione di potere nella produzione e nella società. La condizione di trasparenza non ha a che fare con uno sforzo morale, ma con la politica intesa come messa a distanza del reale che si dà opaco finché non arrivi a essere rappresentato tramite l’analisi dei rapporti economici, sociali e di potere che stanno dietro alle cose. Senza il marxismo, che aveva imparato questo della filosofia dell’idealismo tedesco, non ci sarebbe stata l’emancipazione di masse sterminate di lavoratori e lavoratrici nel mondo né la loro irruzione nello Stato e la grande politica moderna democratica.
 
La lezione hegeliana, che arriverà al movimento operaio tramite Marx, è che nella condizione naturale non può darsi trasparenza perché la natura non ha in sé la negazione che è principio di libertà, dal momento che il nulla toglie opacità alle cose, nega appunto la loro coincidenza con se stesse e fa sì che l’essere sia un divenuto, un derivato dalla messa a distanza che ne permetta la riappropriazione consapevole. E si tratta di una consapevolezza che scopre dietro la datità delle cose i rapporti di forza e di sfruttamento e la loro storicità e quindi la loro trasformabilità e il loro possibile superamento. Ecco allora che la grande politica moderna non può che rifiutare qualsiasi direttismo e si fa mediazione come riconoscimento delle forze economiche, culturali e sociali che attraversano il reale e che proprio grazie all’azione politica consapevole dei grandi soggetti organizzati vengono appunto rinvenute dietro l’opacità del reale e affrontate per la sua trasformazione.
 
Forse non è un caso che gli attivisti e gli elettori del Movimento Cinque Stelle siano soprattutto giovani dai venti ai quarant’anni. Infatti, in gran parte le giovani generazioni sono protagoniste di quella società liquida composta da atomi consumatori che considera il reale non come ciò che deve essere messo a distanza e trasceso al fine di essere rappresentato consapevolmente, ma come un insieme di oggetti e situazioni di cui fruire in un eterno presente fatto di emozioni, piaceri e godimento nei non-luoghi della postmodernità.
 
Alle famiglie politiche italiane e alle loro culture deve spettare allora anche il compito di affrontare il problema del rapporto con la realtà da parte di giovani e giovanissimi che rifiutano qualsiasi tipo di messa a distanza – o trascendenza che dir si voglia –, mettendo a rischio non solo i fondamenti della politica democratica e del confronto-scontro tra visioni e progetti di società, ma le stesse ragioni della cultura e della convivenza civile di un paese.

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