di Claudio Grassi
Le votazioni avvenute ieri in merito ai membri delle Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e della Privacy hanno palesato quanto nei fatti già era emerso nei giorni precedenti, ovvero un patto di spartizione fra le principali componenti dell'’attuale maggioranza che sostiene il governo Monti: Pdl, Pd, Udc.
Siamo di fronte ad un copione ormai logoro: le dichiarazioni di rito della vigilia circa trasparenza
e indipendenza da garantire alle due authority sono puntualmente disattese, l’indignazione complessiva cresce al pari del senso di sfiducia generale verso la casta, la politica si arrocca sulle sue posizioni accusando di antipolitica tutto ciò che è diverso da sé.
Il fatto che Grillo in questo scenario possa divenire il secondo partito (e chissà, forse il primo) non dovrebbe stupire. Più nel dettaglio, è bene ricordare che stiamo parlando di due autorità che devono, o meglio dovrebbero, gestire materie complesse e delicate quali correttezza dei mercati, strumenti d’informazione e diritti inviolabili, ricercando di declinare il tutto all’interno di imparzialità, oggettività, trasparenza. Indipendenza,appunto. Che non può essere garantita dallo schema 2-1-1, due al Pdl, uno al Pd, uno all’Udc, nemmeno stessimo parlando di un torneo di calcetto. O almeno che venga rimossa la paradossale frase che si legge sul sito dell'AgCom (http://www.agcom.it/Default.aspx?message=contenuto&;DCId=1):”Indipendenza e autonomia sono elementi costitutivi che ne caratterizzano l’attività e le deliberazioni”.
E invece si torna, o si prende atto ulteriormente per chi non è mai salito sul carro tecnico, al vento di novità che si ferma sulle scale del Parlamento, facendo entrare un piccolo spiffero solo quando è impossibile far finta di nulla, vedi la falsa discussione sulla legge elettorale o sui rimborsi elettorali. E il fatto che soprattutto tramite il web sia avvenuta un’effettiva mobilitazione sul tema, non ha prodotto scossoni rilevanti all’interno delle stanze: la decisione è un patto di maggioranza e come tale è stata gestita ed imposta, anche sopra le quasi 50mila firme raccolte per la trasparenza e il centinaio di curricula depositati come espressione di quella tanto decantata società civile, utile solo in caso di elezioni quando è difficile mostrare il proprio volto.
E’ quasi da "ammirare" poi la tragica e non comica coerenza con la quale il Senato, dopo aver votato i membri dell’Agcom, abbia visto bene di negare i domiciliari a De Gregorio. Strabiliante. Anche perchè ci ricorda, o meglio ricorda a chi vorrebbe far credere diversamente, che questo Parlamento è lo stesso delle leggi vergogna di Berlusconi, dei respingimenti dei migranti, delle controriforme del lavoro, delle pensioni, della scuola, dell'’assenza di politiche giovanili, della crisi nascosta e poi dell'’Europa che lo impone. E’ il Parlamento della fiducia posta sulla soppressione dell'’articolo 18. E’ il Parlamento che ha generato crepe che poi si sono ampliate fino a creare solchi incolmabili con la realtà che dovrebbe rappresentare. E’ in una parola l’antipolitica per eccellenza, quella letterale, quella che ha l’unico scopo di gettare fango sulla politica e riprodurre finchè possibile una classe dirigente che ha come unico obiettivo l’autoconservazione di sé. Non serviva Grillo per accorgersene, bastava Marx.