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di Romina Velchi
Promesse e nient'altro. Sono cambiati un po' i toni, ma la sostanza non muta: la riforma del lavoro va approvata così com'è entro il 28 per permettere a Monti di farsi bello al vertice europeo. Quindi niente modifiche alla Camera, ché altrimenti il provvedimento dovrebbe tornare al Senato e allora addio 28. Più o meno è questo quello che il ministro Fornero ha detto ai partiti della "strana maggioranza" nel tavolo convocato ieri. Consapevole che si tratta di un boccone amaro soprattutto per Pd e Pdl (che si trovano a votare un provvedimento indigesto senza poter modificare una virgola), il ministro ha usato toni concilianti, aprendo persino a modifiche, ma solo teoriche. Nessun atteggiamento dogmatico, dice il ministro, bensì pragmatico; «Significa che bisogna essere disposti a monitorare la riforma, a vedere se gli effetti si discostano e in quale misura dagli obiettivi che ci si è posti. E così, dovesse succedere, bisogna avere anche la disponibilità eventualmente a cambiare qualcosa». Come dire: «Votate e state zitti», sintetizza il leader della Uil Angeletti. Poco male se la riforma è «una boiata», come l'ha definita senza tanti giri di parole, il presidente di Confindustria Squinzi.
Anche sul fronte degli esodati la delusione, per il Pd, deve essere cocente, visto che il partito di Bersani continua a ripetere che per votare la riforma del lavoro chiede in cambio una soluzione definitiva al problema. Nell'audizione in Parlamento, il ministro Fornero ha fornito nuove cifre, le ennesime, ma ribadendo di non aver mentito e che i dati resi noti dall'Inps sono «parziali e fuorvianti». La nuova versione (e chissà se sarà l'ultima) del ministro è che oltre i 65mila già individuati ce ne sono altri 55mila e che se il governo ha deciso di "salvare" solo i primi è perché gli altri lasceranno il posto nel 2014 e dunque «la non imminenza del problema e l'assenza di risorse finanziarie immediatamente reperibili hanno indotto a ritenere che si sarebbe potuto affrontare il problema nei mesi successivi con uno specifico intervento normativo». Insomma, nessuna soluzione. Tanto più che le cifre fornite dall'Inps sono state confermate dalla Fondazione Studi dei consulenti del lavoro, secondo i quali gli esodati non sono meno di 370mila. Per ora, quindi, il ministro è disposto a concedere tutt'al più un «tavolo tecnico». Che non è esattamente ciò che chiedeva il Pd, e cioè una soluzione «vincolante e definitiva» (Franceschini).
A, B e C hanno ottenuto 24 ore per avere le risposte che chiedono: la conferenza dei capigruppo, che deve decidere il calendario dei lavori della Camera per l'approvazione della riforma del lavoro, è stata appositamente convocata per domani. Il governo ha promesso che userà la giornata di oggi per venire incontro alle richieste dei partiti. Una flebile promessa (visto che risposte non ne sono arrivate finora) cui si aggrappa la maggioranza, sempre più in agitazione anche per gli scarsi risultati ottenuti finora da Monti sul fronte europeo. Il Pd si accontenterà di un verbale che in qualche modo certifichi la volontà del governo?
La verità è che «il ministro Fornero parla di possibili modifiche sul ddl lavoro - osserva il segretario del Prc Ferrero - Allora proponiamo di stralciare la demolizione dell'articolo 18 dal provvedimento. Se non lo fanno vuol dire che ci troviamo di fronte all'ennesimo, sgradevole episodio di propaganda politica da parte del governo che agisce con furia ideologica per distruggere i diritti dei lavoratori». Quanto agli esodati, dice Ferrero, «il governo può fare una sola cosa che sia accettabile: garantire a tutti i lavoratori esodati la pensione da subito».

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