da marx21.it
di Maurizio Musolino
Il voto greco, nel suo complesso, ci consegna un’Europa per certi versi contraddittoria e diversa. Non nelle politiche di fondo, che restano saldamente ancorate alle regole dettate dal Fmi e dalla Bce, ma nelle prospettive a medio-lungo termine. Cerco di spiegarmi meglio.
Partiamo innanzitutto dall’osservare il voto, che possiamo tranquillamente definire straordinario, di Syriza. Il partito guidato da Tsipras con il 27 per cento è riuscito a coagulare intorno a se gran parte dell’opposizione progressista greca, mettendo così in discussione il tradizionale duopolio che vede nel Vecchio Continente da decenni confrontarsi le forze conservatrici e le forze socialdemocratiche per la gestione del potere. La Grecia dell’oggi dimostra infatti che è possibile provare a scardinare questo “sistema”, contrapponendo alle forze legate al grande capitale industriale e finanziario una aggregazione di sinistra, più o meno radicale. Questo si è realizzato grazie ad un abile politica delle alleanze – messa in atto da Syriza - , ma anche grazie al fallimento delle politiche liberiste e recessive che hanno caratterizzato gli ultimi governi ellenici. Syriza, è utile non smettere di ricordarlo, è una alleanza complessa e variegata di forze politiche e sociali, e il suo programma elettorale si è concentrato esclusivamente sulla necessità di rinegoziare il debito greco e ridiscutere con i paesi cardine dell’Ue, a partire dalla Germania, gli stessi parametri che regolano la permanenza all’interno del patto dell’Euro.
Una proposta che certamente ha avuto presa sull’elettorato, in special modo su quello giovanile, ma che – non neghiamocelo – avrebbe sicuramente incontrato se maggioritaria in termini elettorali enormi difficoltà e forse anche qualche contraddizione lacerante. Per dirla con chiarezza sembra davvero impossibile oggi riuscire a mettere in discussioni i principi fondativi dell’Euro senza imboccare inevitabilmente la strada dell’uscita dalla moneta unica europea. Una contraddizione, quindi, percepita interamente dalle forze capitaliste e liberali interne ed esterne alla Grecia, che infatti hanno trasformato il voto in referendum pro o contro l’Euro.
Resta allora tutta valida la domanda se l’esempio della Grecia può rappresentare anche per noi italiani un modello. Al di là delle suggestioni credo che questo non sia automatico. Innanzitutto perché il voto greco e quello parallelo della Francia hanno evidenziato l’importanza dei sistemi elettorali: a determinare i percorsi e a definirne i risultati. In Francia a stagione politica inalterata e ad inalterata scelta di alleanze il FG (l’alleanza fra Pcf e altre formazioni di sinistra) ha registrato un considerevole ridimensionamento fra le elezioni presidenziali e quelle politiche, giustificabile solo dai diversi contesti di legge elettorale. Sempre stando all’oggi è poi difficile paragonare il Pasok al Pd, e questo sia perché è più variegata la gamma di posizioni all’interno del Partito Democratico, sia perché è difficile ipotizzare un crollo del Pd da qui alle prossime elezioni. Ma detto ciò non possiamo chiuderci gli occhi di fronte al forte impatto mondiale che una sinistra unita, credibile e potenzialmente vincente può avere. Un monito questo anche per noi e soprattutto per quelle forze, penso a Sinistra ecologia e Libertà, che fino ad oggi hanno respinto – attraverso Vendola anche con malcelato fastidio – qualsiasi ipotesi di percorso unitario e di dialogo.
Nello stesso tempo però il voto greco ci consegna il risultato dei comunisti del Kke. Un risultato modesto, ben al disotto delle aspettative, anche considerato il grande e positivo ruolo che in questi mesi i compagni del Kke hanno avuto nel dirigere le lotte sociali e sindacali e l’opposizione alle politiche antidemocratiche della Troika. Ad attenuare la negatività del voto c’è certamente a favore dei compagni del Kke l’essere rimasti schiacciati sotto il peso di un sistema elettorale che assegna al vincitore un premio di 50 seggi. Quanti elettori comunisti avranno votato Syriza con il solo obiettivo di favorire il raggiungimento di questo risultato? I comunisti greci con il rigore che li caratterizza nelle prossime settimane analizzeranno il voto e certamente ci faranno sapere le loro considerazioni, ma senza voler mancare di rispetto a nessuno non è un azzardo individuare nella scarsa ricerca di una più ampia unità capace di dialogare anche con forze non comuniste, e quindi nella sensazione di inutilità del voto, una delle cause del modesto risultato. In pratica il voto ci dice che anche politiche giuste e coerenti se non sorrette da un impatto elettorale credibile e da una percezione “vincente” possono scontrarsi con la logica e risultare sconfitte.
Un ulteriore monito per la sinistra italiana e per quanti con troppa leggerezza predicano una autosufficienza tutta da dimostrare.
Ed allora da questa ampia tornata elettorale possiamo ben dire che esce con forza la necessità di una sinistra unita e nello stesso tempo credibilità della proposta elettorale di questa unità, un po’ – semplificando - quello che è successo a Palermo e Napoli, ma anche quello che siamo riusciti a fare a Milano, Cagliari e Genova.
C’è infine un terzo elemento sul quale mi vorrei soffermare. Ad un certo punto il voto greco – anche grazie alla mobilitazione della Merkel e in generale dei poteri forti europei e internazionali - ha assunto una valenza che andava ben oltre il paese ellenico. Sembravano confrontarsi l’attuale modello di Unione europea, in senso politico ed economico, basato sull’Euro, e un altro non meglio definito che respingeva i tagli e i sacrifici imposti dal primo. Ed appunto in questa indefinibilità del secondo modello sta un altro dei motivi della vittoria di Nuova democrazia. Il popolo greco ha fatto prevalere il definibile all’incerto, passando sopra anche alle gravissime responsabilità dei conservatori greci nel determinare la crisi che oggi strangola il Paese. La mia sensazione è che oggi in Europa l’idea dell’Euro (con tutto quello che ne consegue) è ideologicamente vincente e questo perché mancano altre proposte percepibili come tali. Su questo si dovrebbe interrogare l’intero movimento comunista europeo, e più in generale la sinistra, cercando di definire nei prossimi mesi non solo una strategia per contrastare la crisi e le politiche messe in atto dal capitalismo nostrano, ma anche una vera e propria proposta alternativa, concreta e attuabile.