Continua l’opera di distruzione della cultura italiana, delle sue istituzioni e del suo patrimonio da parte del governo Berlusconi. Mentre è ancora in atto la lotta dei lavoratori e di tutte le organizzazioni del cinema italiano contro il rischio di speculazione immobiliare nell’area di Cinecittà, oggi a causa dei tagli al Fondo unico dello spettacolo è a rischio la vita stessa di Cinecittà Luce.

Con un finanziamento per il 2011 di soli sette milioni e mezzo, si decreta di fatto la morte di una istituzione prestigiosa e conosciuta in tutto il mondo, di un archivio che possiede materiali di valore storico inestimabile, di un’attività insostituibile e vitale per il cinema italiano, in particolare in un momento di crisi come quello attuale: la produzione di documentari e di opere prime e seconde, la distribuzione di film d’autore, la promozione in Italia e all’estero. Tutto questo avrà inoltre ripercussioni enormi sui posti di lavoro di tutto il settore.

Rifondazione comunista chiede che Cinecittà torni ad essere un’istituzione interamente pubblica sostenuta da finanziamenti certi per poter ritornare a svolgere il suo ruolo istituzionale di volano della produzione cinematografica di qualità. I fondi ci sono: mentre si tagliano le risorse per la scuola, l’università, la ricerca e la cultura, le spese militari nel nostro paese sono aumentate del 49 percento rispetto al 2000. Il nostro paese ha bisogno di investimenti in cultura e conoscenza, non in armamenti.

Stefania Brai
Responsabile nazionale cultura Prc

Roma, 8 marzo 2011

La nomina dei nuovi direttori del teatro Argentina di Roma e del Mercadante di Napoli è l’ennesima prova della volontà di questo governo di distruggere il pluralismo culturale, la libertà d’espressione, la ricerca, l’innovazione e la sperimentazione. La cultura fa paura e va controllata, con tutti i mezzi. Ma è la prova anche dell’inesistenza di una vera opposizione istituzionale con un progetto culturale alternativo.

Le nomine delle direzioni artistiche dei teatri stabili devono avvenire in base a concorsi pubblici e su progetti culturali almeno triennali, altrimenti finiranno sempre nelle mani dell’ assessore di turno, più o meno “illuminato”.

Lo spettacolo dal vivo ha bisogno di una vera riforma di sistema, di poter contare su risorse certe e su metodologie trasparenti; i teatri pubblici devono poter diventare luoghi realmente pubblici di formazione, di sperimentazione e di ricerca, legati al territorio e aperti ai giovani e alle scuole.

Stefania Brai
Responsabile nazionale cultura Prc

Roma, 21 dicembre 2010

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