di Gabriele Zanella, responsabile ambiente regionale PRC Veneto -
Il gravissimo fatto della morte dell’operaio Gianfranco Caracciolo è l’ennesimo tragico evento legato alla Superstrada Pedemontana Veneta, che non manca, di settimana in settimana, di riservare ai veneti danni e profonde ingiustizie in ogni forma.
Quando ci rapportiamo all’arteria di 94,5 km con la quale Zaia vorrebbe collegare l’A4 da Montecchio (VI) all’A27 presso Spresiano (TV) ci troviamo di fronte ad una valanga fuori controllo; una voragine senza fondo; una miscela di danni ambientali, vittime sul lavoro, illegalità e servilismo delle istituzioni agli interessi del capitale privato ai danni della collettività, sul quale è bene far luce in maniera sistemica e complessiva, a partire dai grandi interessi che stanno minando le fondamenta dell’ambiente, della salute e dei rapporti economici in Veneto.
La Superstrada Pedemontana Veneta, prevista originariamente per un esborso pubblico di 174 milioni, arriva ora a gravare sui cittadini per 15.687.945.375,00 euro; senza calcolare le opere complementari, avvolte quantificate in circa un miliardo e destinate a far lievitare ulteriormente il malloppo.
E’ il frutto, marcio, di tre convenzioni di concessione che hanno stravolto il piano originario, alterandone costi e e condizioni in spregio alla legislazione italiana ed europea.
Gli investitori istituzionali Cassa Depositi e Prestiti e Banca Europea per gli investimenti ne hanno disconosciuto l'utilità sociale, oltre a quella economica e finanziaria, e ciò è stato constatato dalla Corte dei Conti.
Solo infatti a fronte di condizioni folli tra pubblico e privato, il mercato ha acquistato le obbligazioni di progetto utilizzati dal concessionario SIS per finanziare l’opera. Ma vediamo le cifre: il costo dichiarato dell'opera è di 2 miliardi 258 milioni di Euro; il pubblico elargisce 914 milioni in conto capitale; il privato si procura circa un miliardo e mezzo e da ciò si capisce che il pubblico gli fornisce più denaro di quanto il costo dell'opera giustifica. Nei prossimi trentanove anni, la Regione Veneto pagherà a SIS, che non avrà alcun rischio d’impresa –trasferito al pubblico – un canone di disponibilità per complessivi 12.108.677.000,00 + IVA. Resa esorbitante e garantita per il privato, tanto da valere per SIS un premio internazionale per la miglior operazione finanziaria pubblico/privato legata alle infrastrutture. Non esistono premi internazionali corrispettivi per il più fesso tra i rappresentanti delle pubbliche istituzioni, perché non di fesseria si tratta; bensì di servilismo al capitale e di menzogna al popolo. Una menzogna legata alla presunta utilità dell’opera ed ai pedaggi, formalmente attribuiti alla Regione ma sotto il solo controllo di SIS.
I volumi di traffico diventano decisivi nella tenuta economica del baraccone. Volumi che la Regione ha sempre stimato oltre le 27.000 percorrenze giornaliere, ma la Cassa Depositi e Prestiti e la banca Europea per gli Investimenti quantificano in poco più di 15.000. E le stime non possono che peggiorare visti i pedaggi, cresciuti anch’essi in maniera esorbitante; 17 centesimi al chilometro per le autovetture e 30 centesimi/Km per il traffico pesante. Centinaia di euro ogni mese per lavoratori o addetti alla logistica che la percorressero del tutto o in parte . E’ logico immaginare una nuova Bre.Be.Mi., vuota perché sconveniente rispetto alla parallela A4. Zaia, in tutta risposta al conclamato fallimento, programma ulteriori nefandezze per “dopare” la percorrenza. Un sistema di cosiddetto traffic calming, di ostacolo alla viabilità esistente, trasferendo il concetto di circolazione dal pubblico gratuito al privato a pagamento; e soprattutto un’edificazione lungo la Pedemontana per complessivi 200 milioni di metri quadri. Ventimila ettari di consumo di suolo che si andrebbero a sommare ai danni ambientali già in preventivo: agli 800 ettari di superficie dell’opera (sempre senza tenere conto delle opere complementari), sottratti all’agricoltura, in maniera forzata e spesso illegale; a circa 7500 pozzi perdenti in falda; al pericolo rappresentato dal passaggio della strada adiacente al deposito di gas della Sveg a Bassano del Grappa; all’impatto ambientale e faunistico nell’intera area, ed in particolar modo nella zona di protezione speciale del torrente Poscola, che oltre ad essere già massacrata da un’altra piaga dello sfruttamento capitale-ambiente in Veneto, i Pfas, ha già pagato un salatissimo conto umano ed ambientale per la Pedemontana, con due crolli della galleria Malo-Castelgomberto, il primo il 19 aprile 2016 con la morte dell’operaio Sebastiano La Ganga; il secondo nel settembre 2017, a seguito del quale il torrente è stato oggetto di un ingente spostamento con relativa cementificazione dell’alveo.
La valutazione di impatto ambientale è stata nel procedimento gravemente lacunosa e frutto di una gestione autoritaria dell’opera. La presunta emergenza traffico è stata infatti la scusante ingiustificata con la quale il governo Berlusconi ha decretato in maniera irregolare e abusiva la procedura straordinaria per la Pedemontana, con un commissario governativo rimasto in carica, con la complicità dei governi succedutisi, per più di sette anni, nonostante la Legge limiti in un tempo di 180+180 gg l’ambito emergenziale.
Oltre al non rispetto delle prescrizioni del CIPE , le molteplici inottemperanze sono spesso di matrice ambientale in riferimento a disposizioni dei Ministeri dell’Ambiente e dei Trasporti e della commissione speciale VIA.
Responsabilità politiche pesantissime, certamente in capo alla Regione ma anche ai governi centrali. Tutti; anche delle componenti politiche sedicenti ambientaliste e nei fatti completamente asservite e compatibili al sistema; l’ultimo atto politico di rilievo è infatti l’esclusione della Superstrada Pedemontana Veneta, da parte dell’attuale ministro Toninelli, dalle opere soggette all’analisi costi benefici. Atteggiamento, visto il quadretto, che rivela ancora una volta il gap tra la strumentalità delle promesse elettorali ai comitati ambientali e le scelte di fatto dei pentastellati; e che avviene nel momento in cui l'opera è in uno stato di avanzamento ben inferiore al 50% e può ancora essere fermata.
Rifondazione Comunista continua in Veneto le battaglie e l’elaborazione con i comitati ambientali per la difesa del territorio e dei beni comuni, a partire dall’incontro Clima e Ambiente tenutosi domenica a Vicenza, che ha visto una grandissima partecipazione di competenze e vertenze territoriali. Le lotte ambientali non possono essere emendative al sistema, vanno bensì portate avanti con l’apertura a tutti i soggetti radicalmente contrari allo sfruttamento da parte del capitale predatorio, e finalizzate al progettare per il Veneto un nuovo modello sociale, economico, di convivenza.