disastrodi Rocco Tassone*

Sulla proposta di legge regionale di iniziativa popolare “Disciplina regionale in materia di raccolta differenziata e smaltimento dei rifiuti solidi urbani ed assimilati non pericolosi”.
La regione Calabria è oggetto di un commissariamento nel campo dei rifiuti che  dura da 15 anni. Questo commissariamento, all’epoca giustificato con la presunta situazione di emergenza, ha prodotto solo guasti, mentre l’emergenza non è stata risolta: è evidente che commissariare non è servito a niente. Ma non solo non è servito a niente; se si presta attenzione alla cronaca di questi ultimi 15 anni ci accorgiamo che un’emergenza presunta è stata trasformata in una emergenza vera.

All’epoca del commissariamento la Calabria era nella stessa situazione delle altre regioni: sistemi di raccolta approssimativi, discariche fuori norma in giro per i territori spesso attivate direttamente dai comuni, raccolta differenziata inesistente. Se occorreva commissariare si sarebbe dovuto fare in tutta Italia; invece si commissariò la Calabria e sotto la gestione commissariale è successo di tutto e di più. Si è scelta la strada delle megadiscariche e degli inceneritori. Si è scelto di far diventare la Calabria ostaggio di gestori delle discariche dalla moralità molto dubbia. Si è scelto di far diventare la Calabria ostaggio di Veolia, padrona dell’incenerimento ma di fatto anche dell’acqua dei nostri rubinetti.

L’Ufficio del Commissario tutto ha fatto meno che mettere in piedi un sistema di gestione del ciclo dei rifiuti razionale, efficiente, sicuro per i cittadini e per il territorio. Così assistiamo alle peggiori nefandezze che in materia si possano immaginare: discariche autorizzate che versano illegalmente il percolato nei nostri fiumi ed entro i cui recinti le forze dell’Ordine rinvengono rifiuti pericolosi, tossici e nocivi.
Non esistendo un sistema integrato di gestione del ciclo, non esiste di fatto il sistema dei controlli; così proliferano i siti di stoccaggio illegali. Un esempio per tutti: nel comune di San Calogero (VV), nel territorio al confine con la provincia di Reggio Calabria, in una fornace abbandonata vengono rinvenuti in enormi quantità i rifiuti pericolosi prodotti da industrie dello Stato (ENEL…). La situazione in quei luoghi è talmente compromessa che si sono dovute adottare ordinanze di divieto del consumo dei prodotti agricoli delle campagne circostanti. Ad un tiro di schioppo, nel sito dove doveva sorgere una (mai realizzata) piccola discarica controllata in linea con le norme a servizio di un modesto comprensorio di comuni, insiste un lercio immondezzaio nel quale tutti (comuni e privati) hanno scaricato di tutto. Con tutto ciò, l’Ufficio del Commissario non dispone interventi adeguati di disinquinamento e bonifica ma indice una gara per realizzare proprio sul sito dell’immondezzaio un impianto di CDR (combustibile da rifiuti) di dimensioni spropositate, nonostante le forti proteste della popolazione.
Insomma, in Calabria l’emergenza rifiuti sta proprio nel fatto che esiste il commissariamento. A questa emergenza si può porre rimedio immediatamente e semplicemente con un atto: la fine del commissariamento.
Se ciò dovesse avvenire gli enti locali calabresi, paradossalmente, si troverebbero ad ereditare una situazione peggiore di quella in cui si trovavano 15 anni fa. A fronte di un quadro normativo comunitario e nazionale proiettato al futuro (nonostante talune importanti riserve sull’incenerimento) il quadro normativo regionale denota la più totale desertificazione. Non esiste una legge regionale organica riferita all’intero ciclo dei rifiuti ed alla bonifica dei siti inquinati. Sul territorio regionale la raccolta differenziata è  assolutamente irrisoria e lasciata alla libera iniziativa dei comuni, senza indirizzi precisi e soprattutto senza l’indicazione di sbocchi al sistema che ne garantiscano la continuità nel tempo; nonostante la spesa di ingenti risorse del POR allo scopo predisposte.
In tema di rifiuti urbani non pericolosi l’unica soluzione definitiva è la raccolta differenziata porta a porta con riciclaggio della materia prima secondaria. Il tutto nell’ambito di un quadro normativo regionale e di indirizzi tecnico-organizzativi certi ed univoci per tutti gli enti locali. Purtroppo il Consiglio Regionale sta dimostrando di essere incapace di produrre la benché minima proposta in questa materia. Non  resta quindi altro che l’iniziativa popolare.
Nella legge è espressamente specificato che non si tratta di una norma generale che attiene all’intera problematica dei rifiuti, per come richiesto dalla normativa nazionale e comunitaria; si tratta piuttosto di una specifica norma per far partire la raccolta differenziata nelle more di una legislazione organica regionale in materia di rifiuti.
I detrattori della proposta sollevano sostanzialmente due obiezioni; la prima relativa relative alle risorse umane ed economiche, la seconda relativa agli sbocchi per i materiali differenziati.
Quanto alle risorse economiche ed umane necessarie, questo argomento viene spesso portato a supporto della non fattibilità della raccolta porta a porta. Si tratta di un falso problema: in Calabria abbiamo un esercito di precari malpagati parcheggiati nel bacino degli ammortizzatori sociali (LPU, LSU ecc..) che potrebbero essere impiegati nell’implementazione del sistema proposto. In tal modo uscirebbero dal limbo per un’attività motivante ed equamente retribuita. Quanto agli sbocchi per il reimpiego dei materiali differenziati, la nostra proposta prevede che la regione si faccia carico di dare certezze ai comuni individuando i soggetti cui conferire la materia prima secondaria (impianti industriali, consorzi riciclatori ecc.).

*Segretario Regionale del PRC della Calabria

La proposta di legge di iniziativa popolare

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