di WILLIAM DOMENICHINI *


da http://www.democraziakmzero.org

Pare che i tanti dati e studi su frane e alluvioni, compiute delle autorità competenti e che ogni anno vengono aggiornati, non producano prese di coscienza nella classe politica, ad eccezione di un penoso rimpallo di responsabilità e negligenze. Così alla Spezia, a quasi un anno dal drammatico 25 ottobre, si fomentano demagogie, populismi e nuove forme di interventismo celano pressapochismo ed aculturazione.

La crisi economica impone sviluppo e crescita come atti di fede ed il cemento indiscriminato è tra le preghiere più consuete di questa religione. Curioso che si curi il malato con la stessa medicina che lo avvelena, e la cecità political-sindacalistica prende la forma di lottizzazioni mascherate da riqualificazioni o centri commerciali, outlet, hotel, darsene e nuovi caselli autostradali anche laddove esondano sistematicamente i fiumi. Di fronte a tante certezze di chi continua a fallire, occorre avere qualche dubbio.



Sono stati valutati gli effetti a valle delle arginature? Quante opere in “somma urgenza”, soldi pubblici, sono state fatte per reale utilità pubblica? Chi è intervenuto sullo stato dei piccoli torrentelli affluenti che hanno scatenato l’inferno del 25 ottobre? Quanti comuni hanno revisionato i PUC in modo da impedire ulteriori impermeabilizzazioni al territorio? Quale utilità porteranno archistar alla ricostruzione delle Cinque Terre?

Domande retoriche. Nessuno rinuncia ad oneri d’urbanizzazione e relazioni con operatori economici che sono pronti a far cassa con il territorio e molti sono comuni spezzini non hanno nemmeno uno strumento pianificatorio in regola, procedendo per varianti urbanistiche a colpi di maggioranza. Eppure, dopo il 25 ottobre 2012 si sarebbe dovuto prendere atto che le previsioni di esondazioni del Piano di Assetto Idrogelogico, con i suoi limiti, sono state confermate come tiresiaca profezia.

Così a fronte di interventi sbagliati, invasivi, inutili se non dannosi, non c’è una visione, un’idea e un progetto di salvaguardia di un patrimonio inestimabile come i fiumi ed il territorio, di tutela e di valorizzazione attraverso progetti innovativi. Nessuna amministrazione ha fatto interventi di ri-presidiamento del territorio, di rilancio dell’agricoltura, di incentivo alla silvicoltura, di riqualificazione urbanistica e di istituzione di piani di ristrutturazione dell’esistente, tanto meno interventi per aumentare i tempi di corrivazione (il tempo che intercorre dalla caduta della pioggia all’arrivo alla foce dell’acqua) attraverso laminazioni delle piene. Si preferisce rilanciare con operazioni di marketing territoriale, chiamando firme del mondo dell’architettura per fare il restyling di Vernazza e dintorni, ma ci si dimentica dei terrazzamenti che sormontano le cinque perle della riviera.

Quanti posti di lavoro sarebbero possibili fruttando la forza dell’acqua, l’energia della terra, le potenzialità e la fertilità del nostro suolo e lo sviluppo di economie di riuso e riutilizzo. Tutte ipotesi che non fanno fare affari a pochi, ma molto utili alle comunità, progetti lungimiranti e quindi veicolo di pochi voti nel breve. Ci si accapiglia sui fondi stanziati, ma realtà che fino a poco tempo fa godevano di faraonici finanziamenti, oggi crollano come i sentimenti delle loro suggestive vie.

Non c’è limite al peggio. C’è chi pensa di demandare a privati, con enormi interessi come la Marinella SpA, la costruzione delle arginature nella parte fociva del Magra. Pochi chilomentri più a nord di propone di costruire un nuovo casella autostradale in un’area alluvionata (Beverino), a pochi chilometri da quelli esistenti (S.Stefano Magra e Brugnato), in un contesto dove preoccupanti ombre si allungano. Mentre si completano i lotti della variante alla Aurelia che collegherà l’area portuale spezzina con il nord della città, terminalisti portuali (LSCT) che stanno per incassare una concessione del porto spezzino per i prossimi 53 pressoché in regime di monopolio. C’è bisogno di spazi e la Val di Vara ha spazi e ricattabilità occupazionale.

Cosa ci siamo dimenticati? In 3 anni si sono contate 4 alluvioni, 14 morti, centinaia di milioni di danni. Dalla Val di Vara alla foce del Magra, passando per la Riviera, c’è solo da incrociare le dita e sperare l’inverno non ci riservi vecchie sorprese. A poco servirà aver fatto le Cassandre. Quando i comitati sarzanesi denunciavano la presenza di falda nell’area della cementificazione a firma di Mario Botta, i tecnici rispondevano demonizzando. Ora a scavo aperto, in un cantiere a qualche centinaia di metri dall’area fluviale, sbuca la falda acquifera, ed il ricordo vola ad un’altra cantonata del tutto ligure: Corte Lambruschini a Genova. Forse è utile ricordarci che le responsabilità sono chiare e da ricercarsi in chi amministra e pianifica (o non lo fa) il territorio. Nessuno potrà dire, io non sapevo.

* Associazione AmbientalMente, La Spezia


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