121107greciadi Argiris Panagopoulos
Imponenti manifestazioni ad Atene. Trecentomila greci, centomila dei quali ad Atene, hanno partecipato ieri alle manifestazioni e ai cortei per lo sciopero di 48 ore proclamato da Gsee e Adedy, le confederazioni sindacali del settore pubblico e privato. Oggi verranno votati i nuovi tagli e la cancellazione dei diritti chiesti dalla troika. Per questo, i sindacati hanno dato appuntamento per le 17.00 di fronte al parlamento, fidando in una partecipazione ancora più grande. Una parte dei mezzi di trasporti si metterà in funzione alle 15.00 per portare i manifestanti in centro.

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121107cinquecubadi Geraldina Colotti
Dopo un lungo e controverso iter giuridico, il caso degli agenti cubani prigionieri negli Usa potrebbe essere riaperto: «Aiutateci», dicono i familiari. Ma molto dipende da Obama
«I giovani sono il futuro, devono avere a cuore la libertà». Con l'entusiasmo dei suoi 24 anni e l'ausilio di una solida formazione politica, Ailí Labañino Cardoso parla a un'aula gremita di ragazze e ragazzi: quarte e quinte del liceo Morgagni, venute ad ascoltare la figlia di Ramon, uno dei 5 agenti cubani prigionieri nelle carceri nordamericane da 14 anni, condannati all'ergastolo o a pene pesanti.

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121106afghanistandi Manlio Dinucci
Il premier Monti ha celebrato la giornata delle forze armate con una visita «a sorpresa» in Afghanistan. Ai militari italiani a Herat ha ribadito che «non siete l'espressione di una nazione in guerra: siamo qui per assicurare a questo paese sicurezza, stabilità e prosperità». Ha quindi incontrato il premier Karzai, assicurandolo che l'Italia, come gli altri paesi, «trasformerà il suo supporto, ma questo non significa lasciare il paese da solo». Lo garantisce l'Accordo di partenariato firmato a Roma il 26 gennaio da Monti e Karzai. Per la realizzazione di «infrastrutture strategiche» nella provincia di Herat, l'Italia concede al governo afghano un credito agevolato di 150 milioni di euro (mentre L'Aquila e altre zone disastrate non hanno i soldi per ricostruire).

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121105turchiadi Cristoforo Spinella
L’ultimatum è fissato per stasera. In assenza di una soluzione allo sciopero della fame dei detenuti curdi nelle prigioni della Turchia, che arriva oggi al 55esimo giorno, alla protesta si uniranno anche i deputati del Bdp, unico partito filo-curdo del parlamento di Ankara. Un passo che renderebbe ancor più forte l’iniziativa dei 683 che in 66 carceri hanno deciso di rifiutare il cibo per protestare contro l’isolamen - to di un altro detenuto eccellente, il leader dei ribelli del Pkk Abdullah Öcalan. Unico abitante dell’isolaprigione di Imral, da 15 mesi non vede i suoi avvocati e l’unica persona a parlargli è stato–una volta sola–il fratello Mehmet. Ma la dimensione tutta politica di questa vicenda è emersa da tempo. Già il mese scorso allo sciopero si era aggiunto un altro rappresentante del Bdp, pure lui dietro le sbarre: il sindaco di Van Bekir Kaya, arrestato a giugno con l’ac - cusa di far parte del Kck, che i magistrati turchi considerano il braccio urbano del Pkk (organizzazione terrorista anche per Ue e Usa).

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di Marco D'Eramo

Se dopodomani gli europei potessero votare per il presidente degli Stati uniti, Barack Obama sarebbe rieletto con più dell'80% delle preferenze (e più del 90% nell'Europa del nord, secondo un sondaggio riportato dall'agenzia Reuters). Mentre in patria la sorte del primo presidente nero è molto più in bilico e su di lui l'America è spaccata quasi esattamente in due. A parte l'ironia della situazione per cui i diversi paesi europei sono divisi su tutto, tranne su un presidente americano, su cui sono si esprimono a maggioranza bulgara, c'è da chiedersi come mai e perché l'orientamento delle opinioni pubbliche sia così divergente sulle due sponde dell'Atlantico.

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