Voglio raccontarvi una storia che, nel panorama della crisi economica in corso, riguarda un gruppo di persone distribuito su tutta la penisola che costituisce una professionalità storicamente consolidata, ma che qualcuno ha deciso non debba esistere più.
Questa è la storia dei proiezionisti cinematografici, persone che in questo paese hanno rappresentato l’ultimo anello di una catena di distribuzione e fruizione del prodotto film cinematografico.
Nel corso dell’ultimo decennio il mercato dell’esercizio cinematografico, si è notevolmente ristrutturato, hanno fatto la loro comparsa sulla scena i Multiplex, ossia macrostrutture di esercizio cinematografico con un numero di schermi alle uguale o superiore alle 8 unità. Parallelamente, in maniera assolutamente proporzionale, si è verificato un forte calo in quasi tutti i principali centri urbani delle sale tradizionali di quartiere. Sono apparsi sul mercato società di gestione cinematografica che hanno investito in strutture, ma che sono poi nel corso dell’esercizio rimaste molto poco sul mercato favorendo il consolidarsi di un sostanziale duopolio, attualmente rappresentato dalle società Thespace Cinema e Uci che ormai da sole gestiscono più del 50 % del mercato nel nostro paese, essendo presenti in quasi tutte le regioni e gran parte delle provincie. The space cinema nasce per creazione di nuova società in seguito al fitto di ramo d’azienda da parte di Medusa multicinema di quasi tutte le strutture Warner Bros, società controllata al 49% da Rti (Mediaset) e per il restante 51 % da 21 investimenti e partners. Uci Italia spa sembra essere costituita dall’insieme di piccole società di gestione delle singole strutture. Dopo una serie di acquisizioni di strutture su tutto il territorio nazionale queste due società sono diventate le più importanti nel nostro paese per quanto attiene alla diffusione e del prodotto film nelle sale cinematografiche. I numeri effettuati nel corso dell’ultimo decennio in riferimento alle presenze ed agli incassi sono davvero di tutto rispetto, pertanto chi lavora in simili strutture ha vissuto sempre in uno stato di relativa tranquillità costantemente confortato dalle sale sempre piene di spettatori, dalle code ai botteghini ed alla ressa presso i punti di ristoro.
Nel corso degli ultimi due anni le società in questione hanno scelto di investire massicciamente sulla digitalizzazione delle sale, attraverso l’acquisto di proiettori digitali prima e di servers capienti poi al fine di ridurre i costi sul lungo periodo. Tecnicamente questo passaggio ha visto la fattiva ed attiva collaborazione dei lavoratori addetti , i proiezionisti appunto, i quali si sono subito adattati alle nuove circostanze apprendendo la nuova tecnologia fino al punto da testarne anche difetti di programmazione subito evidenziati e corretti dalle ditte produttrici. Come ogni passaggio tecnologico anche questo, tuttavia, viene a creare trasformazioni significative e sostanziali nella professionalità in questione, i proiezionisti divengono degli informatici a tutti gli effetti, ad essi viene affidata la gestione e la riproduzione di un supporto che non è più fisico - la pellicola in 35 mm. - ma digitale, attualmente con la forma prevalente di un hard disk sul quale è contenuto un metafile da diverse centinaia di Gb di grandezza; inoltre la digitalizzazione consente anche la possibilità di ricevere in diretta un segnale digitale e poi ritrasmetterlo nelle sale cinematografiche e quindi di proporre al pubblico una vasta gamma di eventi live sportivi, teatrali, o di costume.
Quanto descritto rappresenterebbe agli occhi di chi legge un arricchimento, professionale e culturale per la categoria dei priezionisti, ed infatti lo è a tutti gli effetti. Tranne che per le società The space e Uci: per costoro la digitalizzazione invece rappresenta l’occasione per regolare definitivamente i conti con questa categoria professionale, la più sindacalizzata del settore. Infatti, all’inizio di quest’anno, adducendo come motivazione un decremento di presenze del 6%, sicuramente determinato dagli effetti della crisi economica, (se le famiglie hanno meno denaro ovviamente andranno proporzionalmente meno anche al cinema), hanno presentato ai sindacati Cgil, Cisl, Uil un piano di ridimensionamento aziendale con la previsione di circa 300 unità di personale in esubero, tutti ricadenti nel profilo professionale dei proiezionisti, nei confronti dei quali aprire le procedure previste dalla legge 223.
Giova ricordare che il settore dell’esercizio cinematografico non gode di ammortizzatori sociali ordinari, e che quindi la cassa integrazione straordinaria sarebbe stata concessa molto difficilmente in considerazione anche della estrema frantumazione territoriale delle unità di lavoratori interessati, i quali, se pur in numero complessivamente rilevante, circa 300, sono diffusi in gruppi di circa 2 o 3 unita per singolo sito.
Pertanto non è stato difficile per le aziende in questione ottenere la stipula di un accordo che sancisce definitivamente il demansionamento di fatto fino al 31.12.2012 dei proiezionisti i quali saranno adibiti a mansioni diverse dal loro profilo professionale, e che si trasformerà in demansionamento di diritto a partire dal 1.1.2013, data dalla quale essi saranno reinquadrati nel livello classificatorio inferiore.
Tutto questo è stato possibile a legislazione vigente sul lavoro!
Provate ad immaginare cosa sarebbe potuto succedere in caso di modifica dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori attraverso l’introduzione della possibilità del licenziamento individuale per motivi economici!
di Renato Genovese