Futuro, Lavoro, Dignità
Per le ragazze e i ragazzi, le donne e gli uomini in ogni età della vita
LA SOLUZIONE C’E’ !
Sostenendo il reddito dei più deboli
Tagliando le tasse ai lavoratori e pensionati, Introducendo un reddito sociale per i disoccupati, garantendo la cure agli anziani non autosufficienti.
Come?
Mettendo una tassa patrimoniale al di sopra degli 800.000 euro e con la lotta all’evasione fiscale
Creando nuovi posti di lavoro
Con un piano di riconversione ecologica: messa in sicurezza, risparmio energetico ed alimentazione a energia solare di tutti gli edifici pubblici, riassetto idrogeologico del territorio, potenziamento del trasporto pubblico locale per una mobilità sostenibile.
Come?
Tagliando i finanziamenti per le centrali nucleari e le grandi opere inutili e dannose: Ponte sullo stretto, M.O.S.E., Alta Velocità sulla Torino Lione.
Bloccando le delocalizzazioni delle imprese
Come?
Facendo restituire alle imprese che delocalizzano tutte le agevolazioni e i finanziamenti pubblici ricevuti.
Finanziando adeguatamente la scuola, l’università, la scuola, la cultura e la ricerca pubblica
Come?
Tagliando le spese militari e ritirando i militari dall’Afganistan.
Bloccando i licenziamenti e stabilizzando i precari nel pubblico impiego
Come ?
Tagliando gli stipendi dei Parlamentari, le consulenze dorate, gli Enti e le Società inutili.
Le proposte della Federazione della Sinistra contro la crisi:
la semplicità che i potenti non vogliono
le proposte che il bipolarismo occulta.
SCHEDA 1
Redistribuzione attraverso interventi sulla fiscalità generale.
LA SPESA. La proposta si articola in tre interventi:
1. Sostegno ai redditi da lavoro e da pensione. L’ipotesi è di intervenire: abbassando la prima aliquota dal 23% al 20%, aumentando le detrazioni per i redditi da lavoro dipendente e le pensioni, estendendo la no tax area per le pensioni agli 8000 euro del lavoro dipendente. A questo si aggiunge l’eliminazione strutturale del fiscal drag su salari e pensioni. Per un costo complessivo di circa 15 miliardi ed un beneficio annuo su salari e pensioni intorno ai 600 - 700 euro. (1)
2. Reddito sociale. L’ipotesi usa il medesimo schema utilizzato nella proposta di legge depositata in Parlamento nel 2007 e poi ripreso nelle varie proposte regionali.
La platea dei possibili beneficiari riguarda disoccupati, inoccupati, lavoratori precariamente occupati (cioè i lavoratori che indipendentemente dalla natura del rapporto abbiamo un reddito che non determina la perdita dello status di disoccupati) , i lavoratori privi di retribuzione per aspettativa non retribuita per gravi e documentate ragioni familiari ai sensi della legge 53/00
I requisiti per l’accesso sono fissati in un reddito personale imponibile non superiore a 8.000,00 euro nell’anno precedente la presentazione dell’istanza, nell’iscrizione alle liste di collocamento dei centri per l’impiego, nella residenza in Italia da almeno 2 anni.
L’importo del reddito sociale è fissato in 500 euro mensili di erogazione monetaria per i disoccupati e nell’integrazione del reddito fino a 8000 euro annui per i lavoratori precari. L’erogazione avviene sulla base di graduatorie definite ogni anno regionalmente.
E’ costituito un fondo nazionale che viene ripartito tra le regioni. Le regioni integrano l’erogazione monetaria con un pacchetto di beni e servizi gratuiti. Con 13 Miliardi di fondo è garantita la copertura almeno di tutti i disoccupati, censiti in 2.147.000 dall’ultima rilevazione. Con 15 Miliardi la platea si estende sempre secondo il meccanismo delle graduatorie regionali.
Il reddito sociale si accompagna al sostegno alla proposta della CGIL di riforma degli ammortizzatori sociali, che aumenta significativamente importi e coperture e si autofinanzia con il meccanismo contributivo.
3. Stanziamento di 2,5 miliardi per le politiche sociali, di cui 1 alla non autosufficienza.
Lo stanziamento permetterebbe di ripristinare, aggiungendo altri 500 milioni, le risorse sottratte al sociale dal 2008 ad oggi, che ora ammontano ad appena 500 milioni (fondo nazionale per le politiche sociali, parte destinata alle regioni, da 930 a 275 milioni, quello per le politiche della famiglia da 345 a 52,5, azzerato il fondo per la non autosufficienza che nel 2010 ammontava a 400 ml). Uno stanziamento che garantirebbe una parte dei servizi essenziali sui territori e il relativo mantenimento nel lavoro di migliaia di operatori sociali con cui stiamo cercando di costruire percorsi di mobilitazione comuni. Inoltre, rappresenterebbe uno stimolo, seppur insufficiente rispetto alla copertura necessaria, all’avvio della definizione dei livelli essenziali di assistenza sociale, senza i quali il federalismo produrrà un’ulteriore crescita della disomogeneità territoriale.
LE ENTRATE
1. PATRIMONIALE
2. TASSAZIONE RENDITE FINANZIARIE
3. NUOVA ALIQUOTA AL 50% sopra i 200.000 euro
4. RECUPERO DELL’EVASIONE
1. PATRIMONIALE. (Nota: su questo solo punto la scheda riporta tutti i diversi problemi e qualche approfondimento successivo alla discussione fatta in Direzione)
Secondo le stime della Banca d'Italia, nel 2008 la ricchezza netta delle famiglie, cioè la somma di attività reali (abitazioni, terreni, ecc.) e attività finanziarie (depositi, titoli, azioni, ecc.), al netto delle passività finanziarie (mutui, prestiti personali, ecc.), era pari a circa 8.284 miliardi di euro
Il 45% della ricchezza in mano al decile più ricco è pari a 3.700 miliardi. Sono 2,4 milioni di famiglie il cui patrimonio minimo non è inferiore a 529.000 euro, mentre la media è pari a 1
milione e 549mila euro. All’interno di queste un nucleo dell’1% delle famiglie possiede il 13% della ricchezza complessiva che è pari alla quota di ricchezza posseduta dal 60% delle famiglie meno abbienti.
Il problema dei dati disaggregati
Il dato del decile più ricco si trova nel rapporto della Banca d’Italia. Tutti gli altri dati disaggregati si trovano in un articolo di Salvatore Tutino ( Cnr, fino al 2006 Dirigente Generale nel Ministero dell’Economia e delle Finanze, dal 1998 come Direttore del Secit, nonché docente universitario) riportato sul sito di Critica Sociale a commento della nota proposta Amato. Sono soli dati disaggregati - oltre a quelli sulla ripartizione tra attività reali e finanziarie e a quelli dell’AIPB- che ho trovato e su cui ho potuto lavorare.
Per quel che riguarda il dato della ricchezza complessiva delle famiglie infatti anche il supplemento al bollettino annuo della Banca d’Italia, assai più dettagliato del report sintetico, fornisce solo la soglia base del decile più ricco (nel 2008 il patrimonio minimo era per l’appunto di 529000 euro), ma non tratta analiticamente la ripartizione di questo patrimonio all’interno del decile.
Gli unici altri dati disaggregati sono quelli forniti dall’Associazione Italiana di Private Banking (che raccoglie le principali banche private italiane), che fornisce i dati del solo settore finanziario. Secondo questi dati che di seguito riporto nel 2008 la disponibilità finanziaria dei cosiddetti “super ricchi” (HNWI), cioè delle famiglie con un patrimonio finanziario (immobili quindi esclusi) superiore ai 500.000 Euro si è attestata a 779 miliardi di Euro, in calo del 6% rispetto agli 829 miliardi di Euro rilevati a consuntivo nel 2007. Nel 2006 la ricchezza complessiva era pari a 818 miliardi di Euro. Le famiglie di super ricchi italiani risultano pari a 594 mila, facendo segnare un -15% rispetto alle 694 mila famiglie annoverate nel 2007. La loro segmentazione per fascia patrimoniale continua ad evidenziare, come negli anni passati, una fortissima concentrazione fra coloro che possiedono fra i 0,5 e 5 milioni di Euro, pari al 97% del totale delle famiglie HNWI e il 74% degli asset. Gli altri segmenti, ovvero 5 - 10 mln euro e oltre 10 mln euro rappresentano rispettivamente il 2% in termini di famiglie e l’11% in termini di asset e l’1% di famiglie e il 15% di asset.
E’ evidente che per produrre un’ipotesi effettivamente rigorosa, sarebbero necessarie oltre a questi dati, competenze specifiche che non sono a disposizione. Questo spiega la difficoltà e il grado di approssimazione della proposta. Ho anche coinvolto Alessandro Santoro che era disponibilissimo ma molto restio a lavorare per approssimazioni (ed ha chiesto se io potevo reperire dati più dettagliati), preferendo attestarsi sull’ipotesi del FMI che come detto in Direzione ha calcolato che la equiparazione dell’Italia alla tassazione sul patrimonio presente in una serie di altri paesi potrebbe produrre un gettito di circa 15 miliardi. Lo risentirò, e se comunque ci sono altri contributi sono i benvenuti.
Per completezza riporto anche le ipotesi fatte da una serie di altri soggetti:
-La CGIL stima che una patrimoniale alla francese, progressiva a scaglioni, generi un gettito tra i 5 e i 6 miliardi.
- Sbilanciamoci stima che con una patrimoniale dello 0,5% sopra i 3 milioni si generi un gettito di 10,5 miliardi.
-Il programma della FdS parlava di una tassa di almeno l’1% per i possessori di attività finanziarie sopra i 500000 euro (che dunque secondo i dati sul 2008 dell’AIPB darebbe un gettito di quasi 8 miliardi ) e sempre dell’1% per i redditi annuali oltre 1 milione con un gettito non quantificato.
- La “modesta patrimoniale” citata al convegno di Assolombarda invece valeva per 9 miliardi.
Come si vede c’è in particolare una discrepanza rilevante tra la stima CGIL ( che resta generica a parte l’indicazione della soglia e il richiamo al modello francese) e quella di Sbilanciamoci
L’ipotesi proposta
Ho rilavorato sui dati e avanzato una serie di ipotesi, evidenziando i problemi dell’ipotesi proposta in direzione.
I Problemi: C’è un problema evidente che deriva dal non sapere qual è la distribuzione del patrimonio in dettaglio del decile più ricco. C’è l’altro problema del non operare all’origine una differenziazione tra attività reali e finanziarie. C’è inoltre un altro problema relativo al fatto che nell’articolo di Tutino si davano i dati e si facevano conseguentemente i conti per famiglie e non per individui e quindi si va su quella linea.
Detto questo
Se noi facessimo un’imposta che opera sul patrimonio familiare con la soglia dei 529.000 euro avremmo la certezza di prendere tutto il decile più ricco e con una patrimoniale dello 0,5% un gettito di 18,5 MD. Lavorando a partire dagli 800.000 euro si possono solo fare supposizioni, lavorando per estrarre dai dati a disposizioni più informazioni possibili. E cioè:
Il 10% più ricco corrispondente a 2,4 milioni di famiglie possiede complessivamente 3700 Miliardi di euro di patrimonio immobiliare e finanziario.
L’1% delle famiglie che è pari a circa 240.000 ne possiede il 13% che è pari a 1076,9 Miliardi (conti fatti)
La media della ricchezza dell’1% più ricco 1076,9/240.000 fa 4,48 miliardi
La media della ricchezza del decile più ricco tolto l’1% dei ricchissimi è (3700MD-1076,9 MD = 2623 MD diviso 2.160.000 famiglie da 1,21 milioni di patrimonio medio.
Si possono fare le seguenti proposte.
Si fa una proposta secca, stabilendo una soglia elevata che consente realisticamente di tassare tutti quelli che stanno nell’1% più ricco, cioè che consente di tassare integralmente i 1076,9 MD. Essendo che il valore medio della ricchezza è di 4,48 milioni è realistico che con la soglia dei 2 milioni si tassino tutti. Se si stabilisce l’imposta al 2% fa un gettito pari (al 2% di 1076,9 MD) cioè a 21,53 MD. Chi ha 2 milioni paga 40000 euro.
Si fa una proposta a scaglioni assai più incerta nel gettito con i dati a disposizione. Va anche definito se l’imposta progressiva opera con il meccanismo delle aliquote Irpef per cui ad esempio se si stabilisce lo 0,5 sopra gli 800.000 e l’1% sopra i 2 milioni, si paga lo 0,5 fino a 2 milioni e l’1% per la sola quota di patrimonio oltre i due milioni (come sembra più sensato, ma complica notevolmente i calcoli) oppure se allo scattare del patrimonio ad esempio a partire da 2 milioni si paga l’1% su tutto il patrimonio (come è assai più semplice ma meno sensato)
Nel primo caso per tassare ad una media dell’1% i patrimoni sopra i 3 milioni (in realtà un po’ meno) bisogna fissare lo 0,5% da 800.000 a 1,5 milioni, l’1% tra 1,5 e 2 milioni e l’1,5% sopra i 2 milioni.
Nel secondo caso il conto è più semplice ed una imposta allo 0,5% da 800.000 a 2 milioni (con l’ipotesi che con la soglia degli 800000 si becchi solo la metà del decile – l’% dei ricchissimi) darebbe un gettito di 6,55 MD a cui si sommerebbe il gettito della tassazione all’1,5% oltre i 2 milioni (che realisticamente becca tutto l’1% ricchissimo e produce un gettito di 16,15 Md) per un totale di 22,7MD. In questo caso per 800.000 euro si pagherebbero 4000 euro e a 1.800.000 se ne pagherebbero 9000. Per 2 milioni se ne pagherebbero 30000. Lo scarto è evidentemente molto alto.
Se invece con la soglia degli 800000 si ipotizza di colpire i 2/3 (del decile – l’1% dei ricchissimi) il gettito sarebbe di 8,65 MD, se si ipotizza che siano i 3/4 il gettito sarebbe di 9,8 MD. Il che potrebbe consentire di tenere la tassa all’1% sopra i 2 milioni, con un gettito complessivo di 19,9 MD e una differenza sempre rilevante tra 1.800.000 di patrimonio e una tassa di 9000 e 2 milioni con una tassa di 20000.
Tutto il problema è sapere quale quota del decile resta fuori fissando la soglia a 800.000.
L’ipotesi fatta in direzione ipotizzava che con lo 0,5% si colpisse tutto il decile più ricco, cioè che fossero tutti sopra gli 800000 euro con una stima probabilmente non corretta. In questo caso la tassa allo 0,5% su tutto il decile sempre tolto l’1% dei ricchissimi dava un gettito di 13,16 miliardi a cui si sommava il gettito derivante dalla tassazione all’1% dei patrimoni oltre i 2 milioni (sempre a partire dall’assunto molto probabile che l’% stia tutto sopra questa soglia e assumendo che allo scattare del patrimonio scattasse l’aliquota più alta su tutti i 2 milioni e non secondo scaglioni) pari a 10,76 MD che produceva il dato dei quasi 24 MD.
Si può anche ipotizzare un meccanismo misto come quello che stava nella proposta FdS. In questo caso se si fa la proposta ad esempio di tassare all’1,5% il patrimonio finanziario (immobili esclusi) superiore ai 500.000 attestato a 779 miliardi di Euro nel 2008 di 594000 famiglie, il gettito sarebbe di 11,68 miliardi. I restanti andrebbero recuperati con una patrimoniale sulle sole attività reali.
E’ bene che chi ne ha voglia si eserciti da qui alla direzione, mentre personalmente in rapporto con Santoro e altri provo ad avere dati e riscontri più precisi. Comunque va ricordato che siamo in un campo in cui vengono “sparate” letteralmente molte ipotesi e che l’esigenza è di fare una proposta di una qualche credibilità, che si possa presentare senza rischio di equivoci sui ricconi. Solo per dare un’idea di quello che c’è in giro è utile ricordare la proposta Amato di patrimoniale una tantum, finalizzata all’abbattimento di un terzo del debito, spalmata su chi “ha di più”. Se fosse solo sul decile più ricco significa una patrimoniale al 16%.
2. La stima di una tassazione delle rendite finanziarie al 20% (che quindi abbassa la tassazione sui conti correnti dal 27% al 20%) porta ad un gettito di 2 MD (2)
3. La stima dell’introduzione di una nuova aliquota al 50% sopra i 200.000 euro di reddito annuo è di un gettito di oltre 1 miliardo.
4. Si stima il recupero dell’evasione in 10 miliardi l’anno. L’evasione fiscale nel nostro paese è altissima. Secondo l’Agenzia delle Entrate si è sestuplicata tra il 1980 e il 2004. Le stime calcolate dall’Associazione Contribuenti Italiani, a partire dai dati Istat e da quelli della Banca d’Italia, quantificano in 125 miliardi di euro le imposte sottratte all’erario nel 2008, per un imponibile evaso di 331 miliardi con la seguente ripartizione: 30 miliardi rappresentano l’evasione legata al lavoro nero; 40 miliardi sono legati all’economia mafiosa che ha un giro di affari illeciti stimati in 120 miliardi; 17 sono i miliardi evasi dalle società di capitali, escluse le grandi imprese, che dichiarano in maggioranza (al 52%) redditi negativi o inferiori a 10 mila euro (il 27%); 30 miliardi rappresentano invece l’evasione delle grandi imprese (una su tre chiude il bilancio in perdita e non paga le tasse). 8 miliardi rappresentano l’evasione dei lavoratori autonomi e delle piccole imprese. (Ho lasciato questi dati che stavano in un vecchio lavoro. Ci sono dati più aggiornati sul 2009 molto simili.)
10 miliardi sono una stima realistica ripristinando tutti i meccanismi di contrasto abrogati dal governo Berlusconi e coinvolgendo i Comuni nel recupero dell’evasione. L’Anci stima in 3 MD il recupero possibile per questa via. Va ricordato che il governo Prodi aveva recuperato più di 6 MD l’anno per due anni consecutivi. E’ la stessa stima che fa la CGIL.
Il contrasto all’evasione va inteso come un meccanismo progressivo nel tempo.
Note
1.Per quel che riguarda la quantificazione dell’ammontare complessivo del costo degli interventi si è fatto riferimento alle simulazioni
-dello studio della CISL Veneto, convegno marzo 2010
-ad una riparametrazione a spanne delle conclusioni della Commissione Vanoni istituita da Visco nel 2007
-Il dato è compatibile con la proposta avanzata dalla CGIL a fine 2009-inizio 2010 (che quantifica 100 euro in più ogni mese per salari e pensioni in un costo aggiuntivo di 1,5 punti di Pil. Un incremento annuo di 6-700 euro credibilmente sta su 1 punto di Pil).
Poiché tutte queste ipotesi contengono delle varianti (ad esempio l’abbattimento anche della terza aliquota dal 38 al 36) o il bonus per gli incapienti o l’unificazione delle detrazioni per i figli a carico con l’assegno per nucleo familiare, con il previsto aumento complessivo del sostegno per i figli, ho fissato un appuntamento con il responsabile della CGIL Sanna per la verifica dei dati disaggregati e della loro migliore composizione.
Resta il problema dell’assenza di ogni “dote fiscale” per i figli, che è la risposta non regressiva all’ipotesi invece per più motivi inaccettabile di quoziente familiare.
2. Rendite Il gettito di 2 MD è valore intermedio (più sul basso) tra quello della CGIL e quello di Sbilanciamoci con la CGIL che fa una stima, a tassazione al 20% di una forbice tra 2,5 e 4,5 MD, e Sbilanciamoci che con la tassazione al 23% stima 2 MD.
Qualche considerazione finale.
L’intervento sulle entrate non esaurisce le possibilità esistenti.
Ad esempio Sbilanciamoci propone un aumento del prelievo del 5% sulla pubblicità per 450 milioni di introito, una tassa automobilistica sull’emissione di CO2 per un introito di altri 500 milioni, sul porto d’armi per 230 ecc.
Esiste poi in relazione sia all’Ici residua, sia ad ogni idea di patrimoniale il problema della revisione degli estimi catastali.
Si potrebbe tirare in ballo ed avrebbe un indubbio significato politico la detassazione dei premi di produttività. Come il recupero del non versato (era 5,2 Miliardi) del condono Berlusconi del 2003.
Il punto è che abbiamo detto che vogliamo avere una struttura semplice e io credo che vada mantenuta.
Sul versante della spesa è evidente che c’è una scelta di impostazione redditista piuttosto che sul welfare, di cui vedo tutti i limiti, ma anche una qualche efficacia propagandistica.
Personalmente avevo proposto che ci fosse sul terzo punto una posta un po’ più elevata, per poter inserire anche il riferimento alle politiche abitative. Il che consentirebbe di avere coperti i buchi principali del sistema di welfare in Italia, riconosciuti da tutta la letteratura essenzialmente in tre ambiti: sostegno alla disoccupazione (per cui spendiamo molto meno della media dei principali paesi europei), non autosufficienza, politiche abitative. Valutiamo, sapendo che ogni ampliamento produce una perdita di efficacia del messaggio.
Il buco più grande comunque, se dovessimo concepire la proposta come una sorta di contro finanziaria, sta nell’assenza di risorse per il rinnovo del contratto del pubblico impiego, che il governo stesso aveva contabilizzato per 6,5 miliardi nel triennio e la CGIL in almeno 8 miliardi conteggiati sulla base dell’accordo separato.
Resta l’altra obiezione di fondo avanzata, di una manovra che si carichi sin da ora, del contesto che si profila in relazione alla modifica del Patto di Stabilità europeo. Di questo discutiamo meglio in Direzione, fermo restando che ogni ipotesi che aumenti la posta complessiva, va bene.
Mi sono concentrata molto sulla Patrimoniale non solo per socializzare i problemi, ma anche perché credo che questo sia il punto più efficace di tutto il pacchetto e che dunque si tratti di averne una particolare cura.
SCHEDA 2
Un Piano per il lavoro e l’ambiente.
(Nota: dato che vorrei inviare il materiale e che abbiamo tempo fino al 25 febbraio su questo punto sto all’essenziale e rimando ad un approfondimento ulteriore per la migliore definizione e giustificazione dei dati.)
L’obiettivo che abbiamo definito è quello di un piano di riconversione ecologica, affidato a Enti Locali e Regioni, capace di creare nuovi posti di lavoro, intervenendo sulle seguenti priorità:
-efficienza energetica e rinnovabili a partire dalla coibentazione e alimentazione ad energia solare di tutti gli edifici pubblici
-messa in sicurezza degli edifici pubblici
-mobilità sostenibile a partire dal potenziamento del trasporto pubblico locale
Una scheda di Sbilanciamoci, costruita all’incirca sulle nostre stesse priorità stima costi, posti di lavoro creati, benefici, per i seguenti interventi:
- messa in sicurezza di 1000 scuole: 15000 posti di lavoro, 380.000 studenti beneficiari, 3MD di costo
- installazione di 10 milioni di pannelli solari: 80.000 posti di lavoro, 300.000 famiglie beneficiarie, 8,5 MD costo
- costruzione di 3000 asili nido: 20.000 posti di lavoro, beneficiari 90.000 bambini/e e 50.000 famiglie, 1 MD costo
-acquisto di 20 treni pendolari: 1500 posti di lavoro creati, 20.000 persone beneficiarie, 100 Milioni di costo
-ricostruzione del centro storico dell’Aquila: 2000 posti di lavoro, 30.000 persone beneficiarie, 2,5MD di costo
Ci sono altre stime: Legambiente, Legambiente e Cgil insieme, Verdi ecc.
Per quel che riguarda le risorse l’ipotesi è di reperirle tagliando:
- l’Alta Velocità Torino-Lione (15 Miliardi, al netto dei contributi europei e dunque a carico dello Stato) stima trovata sul sito della Voce
- il Ponte sullo Stretto (oltre 6 Miliardi)
- le centrali nucelari (20 Miliardi–da verificare)
Per un totale di circa 40 miliardi in più anni.
E’ chiaro che questo punto propone due temi, oltre agli interventi immediati che devono essere centrali nel programma:
1. Quello di una proposta di riconversione dell’economia che si intrecci alle politiche industriali e che intervenga:
- oltre che sul risparmio energetico, sulla ricerca e produzione di impianti per l’utilizzo delle fonti rinnovabili (su cui è fortissimo il gap dell’Italia rispetto ad esempio alla Germania)
- sulla riconversione di singole filiere industriali
- su un piano per la mobilità sostenibile nelle aree urbano con motori a basso impatto, nuovi mezzi pubblici, soluzioni innovative sul terreno della mobilità e dell’urbanistica.
2. Il rilancio complessivo dell’intervento pubblico e di quale pubblico. Un pubblico da riscrivere all’insegna della trasparenza e dell’estensione della democrazia, promuovendo la partecipazione attiva delle comunità locali, delle lavoratrici e dei lavoratori, dell’associazionismo e dei movimenti.
Allego sotto una scheda che avevo scritto un paio di anni fa per un lavoro analogo a questo e che contiene informazioni aggiuntive.
Cambiare i modelli di produzione e consumo. Un piano per il lavoro e l’ambiente.
L’attuale crisi economica e finanziaria si intreccia con una profonda crisi climatica, energetica, ambientale. Per questo la redistribuzione del reddito si deve accompagnare ad un nuovo intervento pubblico in economia, attraverso misure fiscali, di orientamento degli investimenti, di promozione diretta di attività e lavoro, che modifichino radicalmente gli attuali modelli di produzione e consumo, insostenibili per la vita della specie e del pianeta. Occorre che la società nel suo complesso si riappropri della sovranità sulle scelte future, della decisione sul “cosa, come, per chi produrre”.
Un intervento opposto alle politiche del governo Berlusconi che, vuole il rilancio del nucleare ed ha cercato di ostacolare il piano europeo sull’energia, ha indirizzato tutte le risorse alle grandi opere, con il “piano casa” si rende responsabile dell’ ulteriore devastazione delle città e del territorio.
Occorre:
-Dire di no al nucleare, l’aumento degli investimenti nelle energie rinnovabili, il coordinamento dei piani delle regioni. Il nucleare oltre ad insormontabili problemi di sicurezza, comporta investimenti che se indirizzati alle rinnovabili sono assolutamente più efficaci anche in termini economici. Con i 20 miliardi necessari per 4 impianti che contribuirebbero in piccolissima misura al fabbisogno energetico si realizzano viceversa gli obiettivi fissati dall’Europa. Obiettivi che vanno implementati portando al 30%la riduzione di emissioni, al 25% l’utilizzo delle rinnovabili, al 25% la riduzione dell’uso di energia primaria.
- un piano per l’ efficienza energetica: per la riqualificazione del patrimonio edilizio (il 15-20% di risparmi energetici sono a costi negativi, cioè è conveniente realizzarli piuttosto che non farli) a partire dal patrimonio pubblico e di edilizia residenziale pubblica
- un piano per la mobilità sostenibile, che riconverta produzione e sistemi di mobilità sul trasposto pubblico e sul ferro col graduale spostamento di incentivi e sussidi dal trasporto su gomma. I trasporti sono dopo le industrie di produzione dell’energia i maggiori responsabili delle emissioni di gas serra (23% nel 206 e il 18% generato dal solo settore stradale). 35 miliardi di euro sono i costi sociali annui degli incidenti stradali. Il 20% della spesa sanitaria è addebitabile a malattie cardiovascolari e respiratorie imputabili all’attuale modello di mobilità.
- riduzione rifiuti, raccolta differenziata, riciclo. Il riciclo di un solo frigorifero equivale al taglio dei consumi energetici di una persona per un anno. Con il riciclo di tutti gli elettrodomestici bianchi si tagliano le emissioni di CO2 del 3%.
-Interventi sulla rete idrica che arriva a disperdere fino al 60% della risorsa e l’assunzione dell’obiettivo di passare, a parità di benessere, di 200 litri di consumo procapite/giorno a 60.
-Interventi di messa in sicurezza del territorio
-Interventi di messa in sicurezza della scuole, per cui è necessario almeno la quadruplicazione delle attuali risorse.
Da subito occorre liberare risorse:
-ponendo fine al CIP 6: il meccanismo truffaldino con cui gli incentivi per le energie rinnovabili vengono dirottati per finanziare l’elettricità prodotta dagli inceneritori e dai combustibili fossili che impegna 2,3 miliardi di euro l’anno.
-eliminando la legislazione speciale sui grandi consumi di elettricità e gas: introdotta a partire dal 2000 ha ridotto dell’85,2% il carico fiscale delle imprese con consumi di elettricità superiori a 1.200.000 KW/h al mese e scontato del 40% l’imposta sul gas per le imprese che consumano più di 1.200.000 milioni di metri cubi all’anno. Il costo per il fisco è di quasi 2 miliardi di euro l’anno. Anche in conseguenza di queste misure la tassazione ambientale in Italia è diminuita dalla seconda metà degli anni 90 di quasi un punto di Pil, con la massima riduzione rispetto a tutta l’UE.
- eliminando i finanziamenti per le grandi opere ambientalmente devastanti. Si tratta in particolare di recuperare 6,1 miliardi per il Ponte sullo Stretto (1,3 stanziati), per la tratta ferroviaria ad Alta Velocità Torino-Lione, il cui costo al netto dei contributi europei, e dunque a carico dello Stato è di 15 miliardi di Euro, per l’inutile e dannoso terzo valico della tratta ferroviaria Milano-Genova (5miliardi di costo di cui 1miliardo di stanziamento annunciato).
Da questi interventi, dalla riprogrammazione e riconversione del modello di sviluppo si possono produrre centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro. Ma occorre sottrarre l’economia e la società alle logiche liberiste, alle privatizzazione dei beni comuni, al rapporto predatorio con la natura.
SCHEDA 3
Contrastare le delocalizzazioni
Riprende i contenuti delle proposte di legge presentate nelle regioni.
Verifica se si introduce oltre al riferimento alle agevolazioni, quello al sequestro dei beni confiscati (come nel caso del patrimonio mafioso), per importo equivalente ai contributi pubblici ricevuti, nel caso l’impresa non ottemperi. Giusto per essere un po’ più cattivi.
SCHEDA 4
Tagliare le spese militari. Finanziare scuola, università, ricerca, cultura.
(Nota: I dati analitici sulle spese militari e la proposta di taglio sempre sulle spese militari sono integralmente riprese da quella di Sbilanciamoci, e se resta così va esplicitato. Sono entrata nel dettaglio perché questo può aiutare chi legge a proporre altre varianti partendo da dati sufficientemente dettagliati.)
L’ultimo rapporto del Sipri, l’Istituto Internazionale di Ricerche per Pace di Stoccolma, vede l’Italia collocata al decimo posto nel mondo per spesa militare complessiva. La spesa procapite è di 598 dollari, più di quella della Germania, della Russia e del Giappone.
Il Bilancio della Difesa è aumentato nel 2011 rispetto al bilancio di previsione del 2010 di 130 milioni, arrivando a 20,494 Miliardi, così composto:
Funzione Difesa:
9,43 Md per il personale
1,44 Md per l’esercizio, cioè la formazione del personale e la manutenzione mezzi e strutture
3,45 Md per gli investimenti
Funzione Sicurezza (i Carabinieri):
5,43 Md per il personale
0,25Md (25 milioni ) esercizio
54 milioni per investimento
Più una serie di altre voci per complessivi 426 milioni
La spesa militare complessiva dell’Italia è tuttavia significativamente superiore a questa cifra, perché ad essa vanno aggiunti i fondi del Ministero dello Sviluppo Economico destinati ai nuovi sistemi d’arma, e la spesa per le missioni italiane all’estero. Con queste voci la spesa militare sale a 24,4 Miliardi, l’1,7 del PIL. La differenza è rilevante perché mentre in Italia si utilizzano da parte del Governo i soli dati del bilancio della Difesa, all’estero dal Sipri alla Nato usano il dato complessivo.
I nuovi sistemi d’arma
Nel 2011 si prevedono per i nuovi sistemi d’arma 5,7 Miliardi.
Tra i cosiddetti programmi pluriennali di ammodernamento si trova il programma degli Eurofigter (terza tranche) che ha un costo complessivo di oltre 18 miliardi, l’acquisto di 131 caccia bombardieri da attacco Joint Strike Fighter in grado di trasportare ordigni nucleari F35 per un costo di 13 Miliardi di euro (a cui vanno aggiunti 2,5 miliardi per strutture di manutenzione ed altro), il programma per le fregate Fremm con costo di 5,7 miliardi, 100 elicotteri NH90 per un costo di 3,9 miliardi di euro, 4 sommergibili U-212 per una spesa di 1,88 MD ed altro.
(Sarebbe utile un conteggio della dimensione occupazionale di questi programmi, che vedono quasi tutti la presenza di Finmeccanica. E’ evidente che è necessario perlomeno nominare una quota di risorse che va alla riconversione)
Il personale
L’esercito italiano conta su un’apparato di 180.000 unità con un costo annuo di quasi 9,5 Miliardi di personale (si parla della Funzione Difesa e in questo costo non sono dunque compresi i 5,7 Md per i Carabinieri). Il numero dei graduati è superiore a quello dei militari di truppa, cioè sono più i comandanti che i comandati. Le persone impegnate nelle missioni all’estero, cioè nella principale attività delle Forze Armate sono 8.300. Le spese per il personale ammontano al 65,8% (sul totale della funzione difesa) contro una media europea del 53,1%.
Le missioni
L’Italia è impegnata in 30 missioni internazionali, in 20 paesi. Afghanistan con circa 4000 militari, Libano con 1700, Balcani con 1600, sono le principali.
Il costo complessivo delle missioni nel 2010 è stato di 1,5 miliardi. La sola missione in Afghanistan è costata nel 2011 750 milioni di euro.
La spesa militare, secondo i dati del Sipri, ha registrato l’aumento del 6% su scala globale, nel 2009 rispetto al 2008, e del 49% rispetto al 2000.
La maggior parte dei governi europei ha deciso, dopo la crisi greca, di finanziare le proprie manovre di bilancio con tagli significativi alla spesa militare, dalla Francia, alla Germania, alla Gran Bretagna.
La proposta avanzata da Sbilanciamoci prevede:
Un taglio di 4 miliardi secco sotto la voce Disarmo
La fine della missione in Afhanistan 750 milioni
Il taglio della spesa contabilizzata nel 2011 per gli F35 pari a 471 milioni
Il taglio di altri programmi per 82 milioni (“Vivi le Forze Armate” e “Militari in città”).
Il taglio di 4 miliardi è ottenuto con la riduzione del numero di militari da 180000 a 120000 e con un rinvio generico al taglio dei nuovi sistemi d’arma. I conti tornano, nel senso che tagliare di un terzo il personale da un risparmio di 3,16MD e riportare l’incidenza del personale alla media europea, cioè intervenire per superare la situazione abbastanza scandalosa di un maggior numero di graduati rispetto ai militari di truppa, rende complessivamente credibile la cifra. E’ ovvio che si può intervenire maggiormente sui sistemi d’arma, con un programma più consistente di riconversione)
Delle risorse complessivamente tagliate, 900 milioni vengono destinati giustamente a:
-riconversione dell’industria bellica (200 milioni)
-corpi civili di pace e servizio civile nazionale (320 milioni)
-aiuto pubblico allo sviluppo (400 milioni)
Restano comunque 4,4 Miliardi da destinare ad altro e cioè a Scuola, Università, Ricerca, Cultura.
Su questo la faccio breve, anche perché la proposta può essere senz’altro meglio affinata dal Dipartimento Conoscenza (che correggerà i dati che non ho ricontrollato).
Ai 4,4 Miliardi di risorse recuperate dal taglio delle spese militari si aggiungono quelle derivanti dal taglio dei finanziamenti alle scuole private (ho chiesto a Vito Meloni un conteggio che separi la scuola dell’infanzia dal resto, perché la prima contiene molte strutture consolidate che hanno storicamente supplito all’assenza di strutture pubbliche e in questo caso, se si tratta di smettere di finanziarne di nuove, non sarebbe comprensibile il taglio tout court). Il taglio alle private è contabilizzato da Sbilanciamoci in 750 milioni. Se la cifra fosse confermata si arriva ad oltre 5,2 miliardi di finanziamento aggiuntivo.
Questo consente di coprire interamente i tagli della 133 (8 miliardi nel triennio alla Scuola, 1,6 all’Università poi in parte rintegrati, 0,8 miliardi sempre nel triennio alla cultura) e di avere a disposizione circa 2 miliardi aggiuntivi ogni anno.
Da spendere per un incremento delle risorse strutturale, anche rispetto alla situazione precedente alla 133 che vedeva comunque un sottofinanziamento significativo rispetto alla media Ocse e europea, riepilogata nei dati che seguono (-0,7% sul Pil per l’istruzione rispetto alla media Ocse, -0,6% per l’università sempre rispetto all’Ocse, -1% del Pil rispetto alla media europea per Ricerca e Sviluppo e -1,5 rispetto all’Ocse).
Vanno fatti i conti meglio ma io sarei per destinare una quota significativa, a asili nido e scuola per l’infanzia.
Il solo ripristino delle risorse tagliate dalla 133 consente di recuperare i 150.000 posti di lavoro tagliati nel comparto scuola e i 30.000 posti di lavoro a rischio nel comparto ricerca.