Intervista a Sergio Cofferati

di Stefano Galieni

Il nome di Sergio Cofferati resta in Italia fortemente evocativo. Leader della Cgil durante le grandi mobilitazioni per la difesa dell’articolo 18 poi sindaco di Bologna è dal 2009 parlamentare europeo eletto nelle liste del Pd. Ma non ha cambiato opinione ed è entrato a far parte del comitato promotore per l’abrogazione della riforma Fornero dell’articolo 18 e per cancellare l’articolo 8 della finanziaria imposto dal governo Berlusconi e dal suo ministro Sacconi. È rimasto molto colpito dall’asprezza delle critiche alle proposte referendarie.

«La cosa che mi ha più colpito nelle critiche che sto sentendo è relativa al fatto che se ne contesta l’opportunità. Se si pensa che il problema sia unicamente questo si deve avere il coraggio di dire se si vuole ripristinare l’articolo 18 o no e se si hanno problemi con lo strumento referendario.

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Intervista a Maurizio Landini (FIOM)

di Massimo Franchi

Maurizio Landini, segretario della Fiom, la Fiat certifica la rottamazione di Fabbrica Italia. Come ci si sente ad aver avuto ragione quasi da soli?
«Non siamo per nulla contenti, anzi. siamo preoccupati. E deve essere chiaro che non siamo disponibili ad accettare chiusure di stabilimenti e ridimensionamenti della capacità produttiva. come non abbiamo accettato la chiusura degli stabilimenti della Cnb di Imola, dell’Irisbus e di Termini Imerese. Credo che oggi serva chiedere al governo di fare una discussione finalmente seria con la Fiat. Finora questa possibilita non c`e mai stata».

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di Stefano Galieni

Oggi è il giorno fatidico, quello atteso da centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici migranti. Per come sono state enfatizzate dal governo, saranno in molti a potersi sottrarre a condizioni di sfruttamento. Saranno i loro datori di lavoro in nero che, mediante una richiesta via internet, potranno assumere persone che già lavoravano, da almeno tre mesi per loro. Apparentemente un provvedimento positivo, in realtà tanti i limiti che lo fanno apparire come l’ennesimo stratagemma per fare cassa sulla pelle degli immigrati. Per ogni lavoratore regolarizzato va versata una cifra forfetaria di 1000 euro a cui vanno sommati i contributi di almeno sei mesi di contributi relativi al pregresso lavoro.

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di Umberto Romagnoli

Quella del lavoro, si sa, è una storia di riscatto ed insieme di ricatto. Però, il ricatto non ha mai avuto l'impudente visibilità, la durezza e l'estensione che ha acquistato da Pomigliano in qua. E' sotto gli occhi di tutti, ma non sta bene dirlo. E' politicamente scorretto. Infatti, come era inevitabile, l'iniziativa referendaria in materia di lavoro ha suscitato le irate reazioni della politique politicienne. Improponibile, inopportuna, scriteriata. A prescindere dal merito sollevato dai quesiti depositati in Cassazione pochi giorni fa: un po' perché i nostri politici sono soliti comportarsi così e un po' perché essi ritenevano che «i faticosi, ma avanzati compromessi» raggiunti non potessero essere rimessi in discussione o, in omaggio alla regola per cui non si disturba il manovratore, tutt'al più toccava soltanto a loro aggiustarli.

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di Dino Greco

Guglielmo Epifani si è prodigato su l'Unità per spiegare quanti danni provocherebbe il referendum che intende abrogare le leggi che cancellano l'articolo 18 dal giuslavorismo moderno e minano alla radice il contratto nazionale di lavoro.

Nella chiusa dell'articolo, l'ex segretario della Cgil boccia senza mezzi termini le forze politiche e sociali che qualche giorno fa hanno depositato i quesiti: “Chi ha promosso i referendum – ha tuonato – non aiuta l'unità dei lavoratori né la speranza nel cambiamento”.

Ora, confessiamo che è forte la tentazione di liquidare con una battuta sarcastica questa invero bizzarra conclusione. Terremo invece a freno l'impulso per addentrarci nelle argomentazioni di colui che guidò per una non breve stagione il più grande sindacato italiano.

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