di Mirco Viola

Un dato che non ci si aspetterebbe, con la crisi galoppante e i consumi al palo, ma tant'è: l'inflazione ha segnato nel 2012 un dato record, che non si vedeva dal 2008. Un aumento del 3%, dicono le stime preliminari Istat. Per non parlare del «carrello della spesa» (i beni di largo consumo, dal cibo ai carburanti), che aumenta addirittura del 4,3%.
E se si incrocia questo semplice dato con altri due pubblicati ieri, il mix diventa ancora più esplosivo: il primo da segnalare è il numero di ore di cassa integrazione autorizzate l'anno scorso, ovvero ben 1,090 miliardi (numero ben più alto di quello del 2011: era stato di 973 milioni di ore); e poi ci sono le fosche previsioni sui saldi: Confcommercio

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di Giacomo Gabbuti

La geografia del debito disegna un mondo sotto il macigno della finanza.  Il Cadtm (Comitato per la cancellazione del debito del Terzo Mondo cadtm.org, attivo in Belgio e in Francia) ha pubblicato l'e-book World Debt Figures 2012 (http://cadtm.org/2012-World-debt-figures) che in una trentina di pagine raccoglie i dati sull'evoluzione dei debiti sovrani, pubblici e privati, dagli anni '80 ad oggi (...). Se in Nord Africa e Medio Oriente (dove il debito estero è esploso da 5 miliardi nel 1970 a 144 nel 2010) e Africa Sub-Sahariana (da 7 a 205) la parte pubblica è ancora prevalente (rispettivamente, 79 e 72%), lo stesso non si può dire dell'America Latina. Qui, nel 1970, gli Stati detenevano

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di Vincenzo Comito

L'accaieria Ilva, la multiutility Hera, la Cassa Depositi e Prestiti hanno in comune una deriva pericolosa nei rapporti tra grandi imprese e territori in cui operano, tra potere economico e potere politico. Il 2012 è stato un anno che ha visto rilevanti mutamenti nella situazione e nelle strategie di molti gruppi industriali italiani di dimensione grande e medio-grande, mutamenti che non sono stati positivi per le sorti del paese. Vediamo tre casi, che, pur nella diversità - di dimensioni aziendali, di controllo azionario, di settori di attività, di risultati economici - hanno qualcosa in comune: sono rappresentativi di una tendenza verso la deriva del nostro sistema industriale e finanziario

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di Guido Iodice e Daniela Palma

Un articolo di Giovanni Perazzoli su MicroMega online [1] indica Keynes blog tra quelle fonti che diffonderebbero false informazioni sulla situazione sociale in Germania. Addirittura, veniamo accusati di essere parte di una “controinformazione italiana” la quale mirerebbe a “smentire che in Germania i salari siano più alti che in Italia”.
In primo luogo è bene chiarire che l'articolo a cui si riferisce implicitamente il nostro critico [2] è stato tratto da Voci dalla Germania [3], che a sua volta riprendeva i contenuti da due siti tedeschi. La “controinformazione” di cui saremmo un pericoloso tentacolo avrebbe perciò radici nella stessa Germania. Ma questo è evidentemente un argomento minore.

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di Daniela Palma

Intervenire su una crisi economica quale è quella che sta attraversando l’Europa in generale, e l’Italia in particolare, richiede un’analisi delle sue cause ben più complessa di quella che normalmente viene diffusa dai grandi mezzi d’informazione. Il termine di riferimento di tale crisi è – come ben noto – rappresentato dai valori dello “spread”, o in altre parole del differenziale (positivo) tra tassi di interesse sui titoli dei paesi “a rischio” e tassi dei titoli tedeschi - come “premio” per gli investitori per l’incertezza che grava sulla solidità delle economie più deboli - la cui crescente entità aumenta l’onere dei cosiddetti “debiti sovrani”. Comprendere quali siano le ragioni che inducono gli investitori

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