121001tunisiadi Riccardo Noury
La notte del 3 settembre, una coppia fa l’amore in macchina, in una strada di Tunisi. Arrivano tre poliziotti. Due stuprano lei, 27 anni, direttamente dentro il veicolo, il terzo costringe il fidanzato ad prelevare contante da un vicino bancomat.
La ragazza presenta denuncia all’autorità giudiziaria. I tre poliziotti vengono arrestati per stupro ed estorsione. Il codice penale tunisino, emendato nel 2011, contiene una definizione del reato di tortura quasi in linea col diritto internazionale e prevede pene durissime, fino all’ergastolo, per chi la pratica. (Il parlamento italiano, che da quasi un quarto di secolo non introduce il reato di tortura nella legislazione, sebbene sia obbligato a farlo dal 1988, anno della ratifica della Convenzione Onu contro la tortura, potrebbe prendere esempio).
Finisse qui, questo post racconterebbe una storia in cui un grave reato commesso da un pubblico ufficiale viene denunciato e perseguito dalle autorità giudiziarie.

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121001congodi Valentina Severin
Il sangue del Congo nei nostri cellulari. C’è il sangue di almeno cinque milioni e mezzo di persone nei nostri telefoni e computer di ultima generazione. È il sangue delle milioni di vittime degli eserciti della morte che lottano per spartirsi il Congo e le sue risorse.
UN PAESE RICCO. La Repubblica Democratica del Congo è uno dei Paesi più ricchi del mondo e, al tempo stesso, uno dei più poveri e dei più pericolosi. Un luogo in cui una donna non dovrebbe mai nascere, ma che terrorizza anche gli uomini. Questo travagliato Paese africano vale, per le sue risorse naturali, i suoi minerali e metalli, oltre 24 milioni di milioni di dollari americani. Ricchezza che più di ventuno gruppi armati cercano di controllare e che scivola illegalmente via dal Paese, attraverso confini non controllati, per arrivare all’industria elettronica occidentale e, quindi, nei telefoni cellulari, nei computer e nei lettori dvd che usiamo ogni giorno.

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120926brasiledi Gennaro Carotenuto
Riportiamo la trascrizione, il più letterale possibile, del discorso, alto, di Dilma Rousseff, presidente del Brasile, che ha inaugurato il dibattito nell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Dilma ha parlato tra l’altro dei diritti delle donne, ha criticato le politiche fiscali ortodosse, ha chiesto la riforma urgente del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ha chiesto il pieno riconoscimento della Palestina come Stato, la fine dell’embargo contro Cuba e ha fatto un appello contro l’islamofobia occidentale, per la lotta al cambio climatico e per il multilateralismo (gc).
Signor presidente, per molti noi donne siamo l’altra metà del cielo. Noi vogliamo essere anche la metà della terra. L’uguaglianza di diritti e di opportunità, libere da discriminazione e violenza può contribuire alla piena emancipazione di tutti. Purtroppo costato la permanenza di tutti i problemi che sollevavo già un anno fa e che oggi sono ancora più urgenti.

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120926indignadosdi Giuseppe Grosso
Feriti e arresti per la protesta organizzata da Coordinadora 25S e Plataforma en Pie. È il risveglio degli «indignados»
I primi pullman sono arrivati a Madrid già nella prima mattinata di ieri, carichi di manifestanti. Sono giunti dai paesi della periferia della capitale, ma anche da lontano: Bilbao, Barcellona e da quasi tutte le principali città della Spagna con l'obiettivo dichiarato di rispondere alla chiamata del movimento «rodea el congreso» e scendere in piazza per circondare il parlamento spagnolo. Una forma di protesta pacifica e simbolica - organizzata dalla Coordinadora 25S e dalla Plataforma en Pie, di cui fanno parte, tra gli altri, il Partido comunista e Izquierda Anticapitalista - contro l'asfissiante situazione del Paese e la gestione a base di tagli del governo conservatore del Partido Popular.

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120925libiadi Manlio Dinucci
È uscito il secondo episodio di «Humanitarian War», famosa fiction washingtoniana sulla Libia. Ecco il trailer: aiutati i libici a liberarsi dal feroce dittatore, i buoni, guidati dall'eroico Chris, continuano ad aiutarli con uguale disinteresse; ma i cattivi - i terroristi ancora annidati nel paese - uccidono Chris che «rischiava la vita per aiutare il popolo libico a costruire le fondamenta di una nuova e libera nazione» (Hillary Clinton) e, «fatto particolarmente tragico, lo uccidono a Bengasi, città che aveva aiutato a salvare» (Barack Obama); il Presidente invia una «forza di sicurezza» in Libia, ma sono gli abitanti di Bengasi, scesi spontaneamente in piazza con cartelli inneggianti a Chris, a cacciare i cattivi dalle loro tane. In attesa del terzo episodio, uno sguardo alla realtà. Chris Stevens, ambasciatore in Libia dallo scorso maggio, era stato rappresentante speciale Usa presso il Cnt di Bengasi durante la guerra: ossia il regista dell'operazione segreta con cui erano state reclutate, finanziate e armate contro il governo di Tripoli anche milizie islamiche fino a poco prima bollate come terroriste.

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