di Antonio Ferraro* (Liberazione 23/09/09)

L’abbiamo denunciato in tutte le lingue. L’hanno fatto anche organizzazioni come Cgil, Sbilanciamoci, Cnca e Fish. L’hanno fatto le regioni, che lunedì scorso per protesta hanno deciso di disertare il tavolo sulla “finanziaria light” del Governo. Parliamo dei tagli pesanti del Governo alle politiche sociali. Tagli, ricordiamolo, attuati in una fase di crisi economica e sociale che colpisce le fasce più deboli della popolazione, aumentando disuguaglianze e bisogni. Spesso questo dato viene trascurato dalle stesse forze della sinistra, alcune delle quali non hanno colto la portata devastante dei tagli o comunque non si sono opposte con adeguata durezza. Basti pensare che nel 2010, da (quasi) tutti definito l’anno peggiore della crisi, in cui avremo più di un milione di disoccupati, la parte destinata alle Regioni del Fondo nazionale per le politiche sociali si riduce a 205 milioni di euro, un taglio di oltre due terzi in due anni. Infatti, nel 2007 ammontava a 975 milioni, nel 2008 a 650 e nel 2009 a 519. La ciliegina sulla torta poi è data dall’azzeramento, sempre nel 2010, del fondo nazionale sulla non autosufficienza, che ammonta a 400 milioni di euro nel 2009. Ma il Governo non si è limitato a tagliare e ha messo in piedi una vera e propria controffensiva per sostituire lo Stato sociale con un modello di welfare residuale e caritatevole. Il progetto è ben teorizzato nel libro bianco di Sacconi e i primi atti concreti già li conosciamo, come la Social Card, la “carta dei poveri”, che introduce la carità di Stato per le persone più indigenti.Tutto questo prima dell’estate scorsa, quando le alte temperature d’agosto hanno fornito un’altra ispirazione al legislatore che ha introdotto nel pacchetto anticrisi delle norme altrettanto preoccupanti seppur incomprensibili addirittura ai Ministeri competenti, da noi stessi interrogati. Parliamo del comma 5 dell’art. 9bis del DL 78/09, che istituisce un fondo di 300 milioni di euro presso il Ministero dell’Economia “per le attività di carattere sociale di pertinenza regionale”, ma senza “nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. Cosa significa? Non lo sappiamo noi, non lo sanno le regioni, che appunto hanno chiesto chiarimenti, e pare non lo sappia neanche il Ministero del Welfare. Insomma, questi soldi potrebbero essere aggiuntivi o sostitutivi, differenza che fa la differenza nonostante si tratti sempre di somme insufficienti a far fronte alle difficoltà sociali in atto. Inoltre, nello stesso decreto legge vi è un articolo, il 14, che desta più di qualche preoccupazione. Si tratta di un tentativo maldestro del Governo di ricavare 300 milioni di euro dalla tassazione sulle plusvalenze delle riserve auree della Banca d’Italia. Tentativo che già ha visto lo stop della BCE perché comprometterebbe “l’indipendenza istituzionale e finanziaria della Banca d’Italia”. Le nostre preoccupazioni non sono certo le stesse della BCE, ma nascono piuttosto dalla lettura del comma 5 del medesimo articolo che dice: “Nel caso in cui […] le maggiori entrate previste dal presente articolo siano inferiori al gettito stimato in 300 milioni di euro per l'anno 2009, si provvede mediante riduzione di pari importo degli stanziamenti relativi alle autorizzazioni di spesa di cui alla Tabella C”. Il Fondo nazionale per le Politiche sociali, per la cronaca, è nella Tabella C!Ricapitolando, siamo di fronte ad un Governo che cerca di smantellare in maniera organica il sistema dei servizi sociali territoriali, che vedranno nei prossimi mesi un ridimensionamento progressivo con la chiusura di diversi servizi e la disoccupazione di decine di migliaia di operatori sociali. Infatti, come emerso anche dalla nostra inchiesta sul lavoro sociale “Voci e volti del welfare invisibile”, la più grande mai realizzata in Italia e forse la più attendibile, la metà della forza lavoro delle cooperative sociali è precaria. Di conseguenza, senza più fondi fuori i servizi e con essi i rinnovi contrattuali. Le Regioni e gli enti locali, nonostante gli ulteriori tagli subiti, stanno provando ad attutire questi effetti, ma le risorse disponibili non riescono a coprire tutte le esigenze territoriali con il rischio che si arrivi ad una situazione di caos ingovernabile, soprattutto al Sud, dove già i servizi sociali scarseggiano. 

* responsabile nazionale Politiche sociali Prc-Se

Comunicato stampa. Roma, 23 settembre 2009.
Dichiarazione di Roberta Fantozzi, Segreteria nazionale Prc-Se e di Antonio Ferraro, responsabile nazionale Politiche sociali Prc-Se:
"I tagli già decisi causeranno la chiusura dei servizi sociali e l’aumento dei bisogni.
Condividiamo l’allarme lanciato dal rappresentante delle Regioni, il presidente della regione Emilia-Romagna Vasco Errani, sui tagli pesanti apportati dal Governo alle Politiche sociali. Tagli che Rifondazione comunista ha denunciato più volte e che determineranno la chiusura di diversi servizi sociali nel pieno della crisi economica e sociale che stiamo vivendo. Nel 2010 la parte destinata alle Regioni del Fondo nazionale per le politiche sociali si riduce a 205 milioni di euro, un taglio di oltre due terzi in due anni. Infatti, nel 2007, tale parte ammontava a 975 milioni, nel 2008 a 650 e nel 2009 a 519. A questi tagli, come ricorda anche Errani, si aggiunge l’azzeramento, disposto sempre per il 2010, del Fondo nazionale sulla non autosufficienza, taglio che ammonta a 400 milioni di euro già nel 2009. La verità è che il Governo sta smantellando lo Stato sociale e pensa di poter rispondere ai bisogni solo con interventi caritatevoli ed umilianti come la social card. Un’irresponsabilità che causerà un ulteriore aumento di bisogni e disuguaglianze nel nostro Paese. Errani, nella sua veste di massimo rappresentante di tutte le regioni italiane, fa bene ad attaccare il Governo perché questa politica di tagli indiscriminati è una questione primaria da affrontare e da contrastare se si vuole davvero lavorare per il superamento della crisi".

Welfare, contro il Libro Verde si riparte da inclusione e democrazia

di Fabrizio Salvatori

Articolo di Liberazione del 11-12-2008

Una manifesto che serva da base agli stati generali del Welfare e una manifestazione per protestare contro il cambio di impostazione su sanità e assistenza messo in atto dal Governo Berlusconi. E’ questa la direzione di lavoro uscita dal seminario-incontro promosso dal Prc nazionale a Roma lo scorso martedì. All’iniziativa, dal tiolo “Ripartiamo dai diritti, per un Welfare inclusivo e partecipato”, sono intervenuti numerosi rappresentanti del cosiddetto Terzo settore, da Giulio Marcon, di Sbilanciamoci, a Lucio Babolin, presidnte del Cnca, dagli assessori Silvana Cesani e Damiano Stufa, ad Enrico Pugliese, professore universitario e studioso, a RobertoLatella, di Città Visibile. Quasi venti interventi, il cui minimo comune denominatore è stato quello di cercare una risposta non episodica e autorappresentativa al nuovo corso aperto dal Libro verde del ministro Sacconi e, nello stesso tempo, cominciare a sperimentare nuove forme di alleanze con gli enti locali, che con il regime dei forti tagli si trovano senz’altro al centro dello scontro. Un cambio di paradigma contro il quale è possibile opporre un modello partecipativo e allargato in cui si faccia largo l’idea di una nuova coalizione. Una nuovacoalizione che, come ha sottolineato il segretario del Prc Paolo Ferrero nelle conclusioni, dovrebbe riunire tutti i soggeti che condividono il no al mercato dei serivzi, alla precarizzazione, l’apertura a forme di mutualismo ela rottura del cerchio tra Stato e mercato. Al centro della proposta del Prc, delineata nei due interventi introduttivi di Roberta Fantozzi e Antonio Ferraro. Alla media europea della spesa per assistenza e sanità, in Italia manca un punto e mezzo di Pil. «Viceversa la manovra del Governo è stato pesantissima perché ci sono solo nella sanità 6 miliardi in meno - spiega Roberta Fantozzi, della segreteria del Prc, responsabile del  settore Lavoro e Welfare - senza contare i tagli sull’istruzione e quelli che modificano il paradigma indirizzato verso una logica privatistica con assicurazione private nuovo ruolo degli enti bilaterali e sanità integrativa». «Al modello della Social Card, dell’elemosina di Stato che viola i diritti universali sanciti dalla Costituzione e dai trattati internazionali - ha sottolineato Antonio Ferraro, responsabile Politiche sociali del Prc - noi contrapponiamo un modello che rilanci un welfare pubblico, costruito sui diritti e partecipato dalla cittadinanza per divenire realmente inclusivo. Un modello che parta dal basso, dalle donne e dagli uomini in carne ed ossa, dalla loro quotidianità che deve essere vissuta dignitosamente e nel benessere».

Damiano Stufara (Assessore Politiche Sociali e Abitative Regione Umbria)

Antonio Ferraro (Responsabile Nazionale Politiche Sociali P.R.C.)

La rivolta della Regione Umbria e dei comuni del cuore verde di Italia contro i tagli al sociale decisi dal governo oltrepassa le differenze politiche e diventa generalizzata, con l’adesione, per una volta unite, di CGIL-CISL-UIL, e dell’intero terzo settore regionale. Mentre il mondo della scuola in ogni angolo del Paese manifesta sotto la parola d’ordine “noi la crisi non la paghiamo”, dall’Umbria parte un’altra onda: quella che denuncia i drammatici tagli a tutti i fondi che sostengono i servizi sociali e i sistemi locali di welfare in Italia e chiede al Governo di cambiare strada, di non acuire ulteriormente le disuguaglianze nella nostra società guardando solo al mercato ed indebolendo il sistema di protezione sociale, già inadeguato a rispondere ai crescenti bisogni e disagi della cittadinanza.

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Dichiarazione di Antonio Ferraro, responsabile nazionale Politiche sociali Prc- SeI dati Istat sulla povertà preoccupano, ma dovremmo preoccuparci maggiormente per quello che avverrà nei prossimi mesi, quando aumenteranno considerevolmente i poveri per via della crisi economica in atto e della totale mancanza di azioni di contrasto alla povertà daparte del Governo. Infatti, nel pieno della crisi il Governo pensa solo a salvare le banche e le imprese, ignorando totalmente milioni di cittadini in difficoltà socioeconomica.Al dramma sociale si risponde con responsabilità sociale e il Governo dimostra di non averla, soprattutto se l'unica soluzione finora proposta è quella caritatevole ed inefficace della 'social card'.Bisogna alzare redditi e pensioni, bloccare i prezzi dei beni di prima necessità.Lo Stato non deve fare la carità, ma garantire condizioni di vita dignitosa a tutti.
Roma, 5 Novembre 2008

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