di Federico Tulli

Vittima della tratta delle schiave che dall'est europeo sono vendute sul florido mercato italiano, Mihaela Roznov lo scorso settembre ha deciso di sottrarsi alle vessazioni dei suoi aguzzini. Per tutta risposta è stata presa a bastonate, cosparsa di benzina e data alle fiamme. Il presunto autore, un connazionale di 30 anni è stato arrestato a Roma poche ore fa. A due mesi di distanza il bollettino medico dice che Mihaela si è salvata, la sua vitalità di ragazza 22enne le ha permesso di superare la fase critica. Ma i segni delle ustioni che le hanno devastato metà del corpo rimarranno per sempre. Per non dire della ferita psichica. Mihaela poteva essere la 114esima vittima caduta sotto i colpi della violenza maschile in Italia dall'inizio dell'anno.

La cruda contabilità dice infatti che dall'inizio del 2012 ogni due giorni un uomo uccide una donna. Sulle home page dei principali quotidiani ci sono ormai spazi fissi dedicati all'aggiornamento della mattanza. L'analisi del fenomeno, forse per sensibilizzare il lettore, procede spesso in chiave numerica. Si scopre così che la violenza degli uomini in scala nazionale è la prima causa di morte tra le donne nella fascia di età di 15-44 anni. Quella che dai sociologi viene definita "violenza di genere" uccide più dei tumori, più degli incidenti stradali, e si è insinuata nel tessuto sociale del nostro Paese lacerandolo in profondità. Il caso di Mihaela, maturato in ambiente criminale, non è affatto la norma. Anzi. È stato calcolato che un omicidio su tre avviene in ambito familiare, oltre la metà delle volte si verifica all'interno della coppia, circa il 75 per cento dei delitti si consumano tra le mura domestiche. Le casalinghe tra i 25 e i 54 anni sono le persone più a rischio e nove volte su dieci il responsabile è un uomo. Numeri agghiaccianti che però a una lettura più attenta risultano essere solo la punta dell'iceberg di un fenomeno più complesso e scarsamente indagato: la violenza domestica. Sebbene dietro a ogni femminicidio ci sia sempre una storia di violenza più o meno lunga, questa rimane praticamente invisibile fintanto che non esita in omicidio. Violenza fisica e coercizione psichica esercitate da parte del marito sulla moglie, del compagno sulla compagna prima del gesto estremo, emergono quando oramai è tardi. Si vengono a scoprire e a conoscere quando non c'è più nulla da fare. Eppure è qui che si può agire per impedire l'ennesimo omicidio.

Che fare? Come fare? Come possono la collettività e gli specialisti riuscire a cogliere in tempo determinati segnali? Come dare voce alle donne e impedire il massacro in "nome dell'amore"? Sono queste le domande di fondo che si pongono Caterina Arcidiacono e Immacolata Di Napoli curatrici del saggio Sono caduta dalle scale. I luoghi e gli attori della violenza di genere. Firmato per FrancoAngeli editore, il volume inquadra a livello storico e sociale la violenza di genere in famiglia e presenta i risultati di una ricerca con medici, parroci e operatori dei servizi. Descrive inoltre esperienze con donne, figli e coppie con partner prevaricatore, fornendo riflessioni e indicazioni per il trattamento e la presa in carico. Si scopre così che proprio i familiari, i medici di famiglia, i parroci e gli amici per primi non vedono la violenza indicibile sulle donne perpetrata tra le mura domestiche. Ed ecco che i pronto soccorso di tutta Italia "curiosamente" accolgono ogni giorno donne cadute per le scale. È questa infatti la motivazione più utilizzata dalla vittima per nascondere in pubblico il dramma che sta vivendo. I perché di questa dinamica che non è certo di autodifesa, sono inquietanti. Basti dire che spesso i servizi territoriali non riconoscono l'asimmetria maschio femmina e la prescrittività sociale del genere che domina le famiglie. Una sorta di fredda indifferenza che sembra radicata al punto di poter essere definita una questione culturale.

 

http://cronachelaiche.globalist.it 01/11/2012

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