di Argentino Tellini
Non solo il Sulcis gronda sangue, nel deserto della Sardegna c'è un altro deserto, che sembra non essere più di moda : quello di Porto Torres e della fine del sogno industriale. In una città di 22mila abitanti ci sono 5mila disoccupati e altre 3mila fra cassa integrazione e mobilità. Se ci aggiungiamo i pensionati ci accorgeremo che è una città dove non lavora nessuno, con percentuali di disoccupazione giovanile che sfiorano il 70 %...
Eppure non si muove nulla in questa città cimitero e in tutto il sassarese, salvo qualche manifestazione sindacale. Nel Sulcis almeno protestano, qui la gente non ha voglia nemmeno di fare quello, avvolta da un'apatia e da una rassegnazione senza precedenti.
Ci hanno provato i lavoratori della Vinyls a lottare, fra i quali il sottoscritto; ma lo sforzo è stato enorme, tre anni di lotte sono davvero tante per un numero così esiguo di operai, e tre anni sono stati dimenticati in fretta, specie da coloro, tantissimi, che di promesse ne hanno fatto migliaia.
Ma gli altri lavoratori e disoccupati che fanno? Finora poche reazioni, sembrano attoniti di fronte a questa situazione, come un pugile che abbia subito un Ko inaspettato. E quando meno te lo aspetti è più difficile reagire, ci vuole tempo per assorbire il colpo, che al petrolchimico di Porto Torres, ormai praticamente chiuso, è arrivato mortale il 19 Ottobre 2009, quando si è sancita la fermata definitiva degli impianti cumene e fenolo....
A ruota si sono fermati tutti gli altri, in attesa della chimica verde, quella che si fa dagli oli vegetali. Si è fatto in pratica il contrario di ciò che si fa col buon senso normalmente : chiudere gli impianti quando se ne riaprono altri. Qua si è chiuso e basta. La chimica verde inizierà, se tutto va bene, fra tre anni, e comunque potrà riassorbire forse neanche un terzo dei lavoratori occupati prima. Un piccolo boccone, per alcuni avvelenato, che da solo di certo non soddisferà una fame così impellente e avida di lavoro.
L' Eni, dopo aver spremuto il territorio ,se ne va lasciando macerie e disperazione, senza spendere ancora un solo euro dei 530 milioni previsti per le bonifiche, ma gettando sul piatto la speranza della chimica verde come parziale, parzialissimo risarcimento. Eppure c'è gente che si oppone anche a quest'ultimo progetto, che sta già andando a rilento di suo, impantanato in ostacoli burocratici, culturali e politici.
Non passa giorno infatti dove non si presentano mozioni in Consiglio Regionale contro la chimica verde, con motivazioni che ritenere futili ed inesatte sarebbe un eufemismo. Ma fare ambientalismo sterile a buon mercato è sempre redditizio, magari porta voti, tanto poi si fa sempre in tempo a manifestare solidarietà agli operai che salgono sulle torce o sui ponti. Insomma, è come prendere due piccioni con una fava, con un lavoro, quello del Consigliere Regionale, lautamente pagato a 15.000 euro al mese..
Come potrebbe andare meglio? D'altronde che ne sanno i Consiglieri Regionali, protagonisti di ordini del giorno e iniziative contro l'industria e chimica verde in particolare, e con loro la gran parte della politica e delle Istituzioni inermi, di come si sta a vivere con il terrore di essere licenziati da un momento all'altro ? Di come si sta con la paura di andare la settimana dopo in cassa integrazione? Di come si sta a ritornare disoccupato a 50 anni quando nessuno ti vuole più assumere, neanche come spazzino? Di come si sta nei panni di un disoccupato di 30 anni che un lavoro non ce l'ha mai avuto? Di come si sta nei panni di una coppia di precari che non riesce neanche a sposarsi?
Sono convinto che se questi signori almeno per 6 mesi provassero queste cose, avrebbero un approccio alle problematiche del lavoro un po' diverso e meno superficiale, certo più equilibrato...Avrebbero capito la differenza fra essere uomini ed essere schiavi, avrebbero capito la disperazione di chi schiavo non vuole più esserlo, poiché sono le speranze a renderlo tale, specie quando le certezze non arrivano mai.
da www.globalist.it