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di Riccardo Chiari
«Prima o poi in questo paese si rifaranno le elezioni. Allora bisogna avere un occhio di riguardo verso quelle forze politiche che si presenteranno con programmi che saranno capaci di rimettere in discussione la riforma delle pensioni, la riforma del lavoro e quella dell'articolo 18.

Forze politiche che saranno capaci di annullare la legge sul pareggio di bilancio, e che faranno propria la necessità di avere finalmente in questo paese una vera legge sulla rappresentanza sindacale».

Queste ultime parole di Maurizio Landini sono quasi urlate, nel tentativo di farsi sentire di fronte all'autentica ovazione che accompagna il suo intervento finale all'assemblea organizzata a Firenze per celebrare lo Statuto dei lavoratori. Uno Statuto nato il 20 maggio 1970, che oggi come allora riveste una importanza che non ha alcunché di simbolico. Al pari della ribadita richiesta di sciopero generale «da organizzare il prima possibile», e la novità di un «presidio democratico» davanti al Parlamento, per accompagnare - e contestare - l'imminente discussione sulla modifica dell'articolo 18. «Le iniziative per la mobilitazione a difesa dell'articolo 18, e degli altri diritti dei lavoratori, che ci saranno nei prossimi giorni - specifica il segretario generale della Fiom - devono trovare una loro sintesi anche attraverso un'iniziativa nazionale che veda una presenza dei giovani, dei lavoratori e dei precari davanti al Parlamento. Proprio mentre il Parlamento sta discutendo di loro». Una chiamata a raccolta che, almeno sulla carta, non troverà certo insensibili gli "oggetti" delle attenzioni del governo Monti. Grazie soprattutto a Landini, l'iniziativa fiorentina della Fiom recupera strada facendo un calore difficile da rintracciare nelle fasi iniziali della giornata. L'attentato stragista del sabato a Brindisi e il tragico terremoto di poche ore prima in Emilia si fanno pesantemente sentire, in quella che avrebbe dovuto essere una giornata di lotta e di denuncia ma anche di festa. In aggiunta, almeno in Toscana non tutto il sindacato metalmeccanico è in sintonia con la strategia d'azione della Fiom Cgil nazionale. Si spiega così il ritardo di un'ora nella partenza della kermesse, quando finalmente l'ampia sala del Palacongressi in gran parte si riempie. Ed è lo stesso Landini che, ancor prima di salire sul palco, offre il suo punto di vista su quanto accaduto 24 ore prima in Puglia: «C'è bisogno di più lavoro, più democrazia e più scuola. Non è un caso che, tutte le volte che ci sono lotte che rimettono al centro questi temi, ritornino fatti di terrorismo in un paese che ha già visto troppe stragi ancora impunite». L'apertura è affidata a Carmen, giovanissima studentessa avellinese, nel commosso ricordo delle coetanee uccise e ferite a Brindisi, e insieme nel richiamo a una resistenza collettiva. «Non si può morire entrando a scuola. Ora si deve rispondere al terrore - osserva la ragazza - e la migliore risposta è l'aggregazione, la partecipazione». Una partecipazione subito richiamata da Landini, che ricorda anche le vittime del terremoto: «Ci sono almeno quattro lavoratori, dei turni di notte, che hanno perso la vita. Ma per loro non proponiamo un minuto di silenzio, perché vogliamo ricordarli con la parola». Contro la paura, contro di chi vuole dividere facendo ricorso al terrore. Nel corso del suo intervento, il leader della Fiom segnala l'inadeguatezza delle politiche economiche e industriali del governo. «C'è il rischio che interi settori industriali spariscano, e fra questi il caso Fiat è emblematico. Non solo per l'attacco ai diritti ma anche perché si stanno chiudendo gli stabilimenti. E senza un piano di investimenti pubblici e privati non si costruiscono nuovi posti di lavoro: l'Italia ha in numero di precari più alto d'Europa, mentre i salari e gli investimenti in ricerca sono i più bassi. Non c'è molto da inventare: bisogna modificare questo modello di sviluppo, e serve una politica con altre caratteristiche». Quali? La principale per Landini è quella di saper riunificare la società italiana, nel segno di una democrazia da riconquistare, a partire dalle fabbriche: «Bisogna avere il coraggio di non fermarsi - ripete - e noi andremo avanti nella difesa dell'articolo 18. Che va allargato anche a chi oggi né è privo. Perché o il lavoro ha i diritti, o non è un lavoro».
da Il Manifesto, Martedì 22 Maggio 2012

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