magri4di Simone Oggionni

Ci ha lasciati Lucio Magri, e il modo con cui ha scelto di farlo testimonia ancora una volta tutto il suo coraggio e tutta la sua lucidità. Nella sua scelta vive una libertà straordinaria, e la consapevolezza che il senso di vertigine può determinare la rottura dell’equilibrio e del limite che separano la vita dalla morte. Di fronte a questo, alla grandezza tragica dei nostri destini, non possiamo che restare muti. Ed è forse solo la scelta consapevole della morte a restituire libertà a ciò che per sua natura è irrevocabile tanto quanto insondabile.

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Diretta dei lavori del Congresso nazionale dalle 15.30 del 2 dicembre 2011 su queste pagine.
 

carteljuventud012di Ramon Mantovani

E' impossibile capire il risultato delle elezioni spagnole sulla base delle semplificazioni che i mass media italiani hanno usato per descriverlo. Meglio soffermarsi, anche se sommariamente, sui dati reali.

Il Partito Popolare passa da 10 milioni 300 mila voti a 10 milioni 800 mila voti (dal 39,94 al 44,62 %) e da 154 a 186 seggi, ottenendo la maggioranza assoluta del Congresso.

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di Pierluigi Sullo

«Baciare il rospo?» era il dilemma sul governo «tecnico» guidato da Lamberto Dini dopo la caduta del primo Berlusconi, agli inizi del '95. Il vicedirettore dell'epoca Pierluigi Sullo ne ricorda la genesi, e qui sotto ripubblichiamo l'editoriale di Luigi Pintor. Vi ricorda qualcosa? Se si dovesse o meno "baciare il rospo" fu la domanda finale, e alquanto deprimente, di un anno fiammeggiante, per l'Italia e per il manifesto. In marzo, Berlusconi vinse per la prima volta le elezioni con i suoi compari fascisti e leghisti; pochi giorni prima era andato in edicola un giornale molto originale, formato tabloid, che si presentava con una copertina fatta di un titolo e di una immagine, e basta. Accompagnato, per altro, da una campagna pubblicitaria divenuta celebre: «La rivoluzione non russa».

Dal Manifesto di oggi ma anche del 14 gennaio 1995.

Rileggere Luigi Pintor per ricordarci che ieri come oggi "Non esiste il meno peggio"
«Baciare il rospo?» era il dilemma sul governo «tecnico» guidato da Lamberto Dini dopo la caduta del primo Berlusconi, agli inizi del ’95. Il vicedirettore dell’epoca Pierluigi Sullo ne ricorda la genesi, e qui sotto ripubblichiamo l’editoriale di Luigi Pintor. Vi ricorda qualcosa?

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Paolo Ferrero
Parte il governo Monti. Nello stile e nei toni diversissimo dal governo Berlusconi. Nei contenuti no. Il programma presentato alle camere è integralmente neoliberista. Fin nelle virgole. E' la prosecuzione, radicalizzata dalle richieste europee, delle politiche già messe in atto da Berlusconi e Sacconi, confermate per intero. Dalle privatizzazioni alle liberalizzazioni passando per il taglio della spesa pubblica, la manomissione delle pensioni e di cosa rimane del mercato del lavoro, fino alla reintroduzione dell'Ici sulla prima casa. Il tutto ovviamente senza dire una parola sulle rendite finanziarie, sulle cause della speculazione, sulle sciagurate politiche europee, che - al contrario - sono per il governo da applicare sotto dettatura.

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prc1) La caduta del governo Berlusconi è un fatto molto positivo che segna un passaggio assai rilevante nella vicenda del nostro paese. La crisi della destra è precipitata nell'incapacità a fare fronte efficacemente alla speculazione finanziaria ma è maturata nel corso di questi anni nell'impossibilità – all'interno della crisi – di garantire la mediazione tra interessi diversi all'interno delle classi dominanti e di mantenere un largo consenso di massa. Ci troviamo di fronte al fallimento dell'ipotesi politica che ha maggiormente caratterizzato la Seconda Repubblica.

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111110europaDino Greco
L'ipotesi che in queste ore la maggioranza dei commentatori, di destra e di centrosinistra, accreditano come la più probabile è che dopo l'approvazione della legge di stabilità, invocata a furor di casta e le successive dimissioni di Berlusconi, se Napolitano non troverà le condizioni per un governo "tecnico" o di "solidarietà nazionale", toccherà alle elezioni dipanare la matassa.
Sarà bene una volta per tutte chiarire che il governo "tecnico" è solo una formula letteraria, intrinsecamente truffaldina, che millanta una neutrale oggettività delle misure che si vogliono adottare, come se la Bce fosse un prodotto dell'Accademia delle scienze e le sue ricette equiparabili ad un postulato della fisica. In realtà, non esistono, non sono mai esistiti e non esisteranno mai governi tecnici. Tutti i governi sono politici. Più di tutti quelli che dissimulano i propri intendimenti attraverso il travestimento tecnocratico.
In ogni caso, non è affatto scontato che le cose vadano davvero a finire come i più immaginano. Vediamo perché.

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Simone Oggionni*
Il clima a Roma è pesante. Scriviamo adesso, a distanza di qualche giorno dai fatti del 3 novembre, e a dieci giorni dalla giornata di mobilitazione studentesca convocata per il prossimo 17 novembre.
Ad una distanza che ci consente quindi la maggiore lucidità e la maggiore chiarezza possibili.
La sera del 2 novembre il Questore di Roma Francesco Tagliente consegna alle agenzie un comunicato stampa surreale, avvisando preventivamente gli studenti medi di Roma che «scendere in piazza senza preavviso [li avrebbe] esposti a responsabilità penali, civili ed amministrative» e invitando i presidi a «informare i diretti interessati delle possibili conseguenze» delle proprie azioni.

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giIPOL00090420111109Di Checchino Antonini

"Il governo se ne andrà e per questo stasera brindiamo", esordisce Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione comunista mentre i tg di prima serata danno conto di quanto avvenuto al Colle - l'ostinazione di Berlusconi ha demolito la credibilità non solo del governo ma più complessivamente della politica, della stessa democrazia. Sembra di assistere ad una Weimar al rallentatore, c'è una crisi palese del regime, della seconda repubblica.

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nori-633x340Nella mattinata di domenica 6 novembre, è venuta meno la compagna staffetta partigiana Nori Brambilla ( Sandra) vedova del compagno Giovanni Pesce (Visone) Comandante GAP e Medaglia d'Oro al Valor Militare della Resistenza.

Parlare in poche righe della Compagna Nori-Sandra è cosa impossibile anche per chi l'ha conosciuta nella battaglie, che assieme al compagno Pesce, facemmo molto prima negli anni per evitare la fine del Partito Comunista Italiano cominciata alla "bolognina" e conclusasi con lo scioglimento dello stesso PCI.

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