di Fulvia Bandoli

Il Patto con l’Udc come dice ogni giorno Bersani e come sta scritto nella carta degli intenti del Pd si farebbe dopo il voto…il patto tra centrosinistra e moderati darebbe vita al governo dopo Monti questo è il punto in discussione o non è ancora chiaro? E siccome agli elettori va detta la verità anche sul governo che si propone perché non è un dettaglio bisognerebbe dire che alle elezioni si presenta una coalizione per ora fatta da pd e sel ma che il governo sarà fatto anche con un patto di maggioranza con i moderati. Questa è la differenza sostanziale che ho io rispetto a Vendola, io credo che il centro sinistra debba provare a vincere e a governare da solo, come ha fatto la sinistra in Francia, come abbiamo fatto in tanti comuni, dove come a Milano pareva che non avessimo nessuna possibilità, una alternativa per me è così…..il patto di legislatura con l’Udc non mi convince.

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di Matteo RadioBozen

Il leader dell'Italia dei Valori Antonio Di Pietro ha dichiarato di volere formare una coalizione dei partiti "non allineati" di cui potrebbero far parte tutti coloro che non sostengono il governo Monti. L'annuncio del leader IdV è stato dato dopo che nelle ultime settimane il suo partito aveva cercato di trovare possibili alleati tra cui il M5S, che ha smentito immediatamente la possibilità di coalizzarsi, e SEL, che invece ha deciso di puntare ad una alleanza col Partito Democratico che da tempo "flirta" con l'UDC.
Il fatto che la "foto di Vasto" sia stata praticamente stracciata è un fatto più che assodato, e ciò che colpisce è il fatto che, dopo avere strizzato l'occhiolino all'unione centrista di Casini, il PD riesca a mandare giù il "ritorno in coalizione" del partito di Vendola.

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di Gianni Mula

È di qualche giorno fa l’appello contro il “Furto di informazione” pubblicato dal Manifesto (il 24 luglio, in prima pagina) e ripreso dal Fatto quotidiano e dal Corriere della sera. L’appello, che riportiamo in appendice, denuncia la "intollerabile sottrazione di informazioni a danno dell'opinione pubblica" che si genera quando si rappresentano le recenti scelte di austerità dei governi europei e delle autorità comunitarie come "comportamenti obbligati ("non-scelte"), immediatamente determinati da una crisi a sua volta raffigurata come conseguenza dell'eccessiva generosità dei livelli retributivi e dei sistemi pubblici di welfare". In tal modo "Viene nascosto all'opinione pubblica che, lungi dall'essere un'evidenza, tale rappresentazione riflette un punto di vista ben definito (quello della teoria economica neoliberale), oggetto di severe critiche da parte di economisti non meno autorevoli dei suoi sostenitori", così che "i maggiori mezzi di informazione (ivi compreso il servizio pubblico)" si rendono di fatto colpevoli di un "un furto di informazione e di conoscenza gravido di devastanti conseguenze per la democrazia".

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di Carmine Tomeo

Si può morire anche a 14 anni sul lavoro. È successo ieri, in un cantiere nel leccese, dove un masso ha schiacciato un ragazzino 14 anni e l’ha ucciso. Quindi, vedi che si può morire sul lavoro a 14 anni, anche in Italia? Non lo sapevi? Ed invece è così.
Che dici, che a 14 anni si dovrebbe giocare a pallone? Certo, si dovrebbe. Però c’è pure chi a 14 anni sta in cantiere, mentre altri giocano a pallone. E poi, scusa, non lo sai che a 14 anni si è ragazzini proprio quando si gioca a pallone, mica quando si lavora in cantiere. Là, in cantiere e a quell’età, di solito sei un manovale, e comunque un irregolare, un lavoratore in nero. Me lo racconta pure mio padre, che ha cominciato ad andare in cantiere a 12 anni. Lui era manovale di “mastr’ Andrè” o di “mastr’ Peppe” o di qualche altro mastro… 45 anni fa. Che faceva mio padre in cantiere, ragazzino di 12 anni, 45 anni fa? Preparava la calce, portava sacchi da 50 chili di cemento sulle spalle, si arrampicava sui ponteggi. È pericoloso, sì è vero. E pericolo è pure, ad esempio, lavorare dove ci sono degli scavi, come stava facendo quel ragazzino di 14 anni nel leccese.

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di Annamaria Rivera

Era l’alba degli anni sessanta quando un gruppo di adolescenti vide per la prima volta un cadavere: il corpo ricomposto a malapena di un ragazzo, loro compagno di vacanze estive al mare. Per ironia tragica della sorte, lui, campione di tuffi, era precipitato da un’impalcatura del cantiere che costruiva l’Italsider di Taranto. Era una delle prime vittime dell’acciaieria, oltre che di una bocciatura scolastica punita con l’obbligo di un lavoro estivo.
Lavoro nerissimo, controlli zero e neppure il minimo rispetto della sicurezza: era il sistema, che sarebbe diventato sempre più reticolare, degli appalti e dei subappalti, favorito dalla stessa Italsider per tagliare tempi e costi dei lavori e disporre di manodopera sottomessa. Quello fu solo uno degli omicidi bianchi più precoci, destinati a diventare la lunga sequela che avrebbe scandito la vita quotidiana della città.

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