di Rassegna.it

A Madrid tornano gli indignados e Rajoy sprofonda nei sondaggi, ma il suo governo prepara un ulteriore taglio da circa 40 miliardi della spesa, dopo la stangata da 65 miliardi decisa con la Finanziaria 2012 solo 5 mesi fa. Ad Atene si rivedono le scene da guerra civile, con scontri e bombe molotov davanti al Parlamento, mentre il governo studia ulteriori misure di taglio alla spesa pubblica, come la soppressione della 13esima per gli statali. Insomma, la storia si ripete, da una parte i governi e l’Europa con le loro politiche di austerità e tagli al welfare, dall’altra i manifestanti, sempre più esasperati, a contestare politiche e classi dirigenti.
Tra queste due parti contrapposte non ha dubbi dove schierarsi il premio Nobel all’economia Paul Krugman, secondo cui i manifestanti in Grecia e in Spagna “hanno ragione”, “ulteriori misure di austerity non servono a nessun proposito. Chi è realmente irrazionale sono i presunti seri politici che chiedono ulteriori sacrifici”.



In Europa, afferma il Nobel, si “infliggono dolori senza una buona ragione”. “Se la Germania vuole realmente salvare l’euro, dovrebbe lasciare che la Bce facesse quello che è necessario per salvare i paesi e dovrebbe lasciarlo fare senza infliggere ulteriori dolori senza senso”.

Interessante la teoria che l’economista sviluppa sul suo blog in un post dal titolo “Debt Is a Drug (And So Is Austerity)”. Secondo Krugman, le politiche di austerity sono come l’eroina, una droga che ritorna ad intervalli periodici perché la nuova generazione ha dimenticato i danni che essa ha prodotto alla precedente. Così, spiega il premio Nobel, come l’eroina sta tornando di moda tra i giovani, così oggi tra finanzieri e politici è tornata in auge la “Treasury view”, che in italiano vuol dire “punto di vista del Tesoro”.

Come spiega bene in un post il Keynesblog, la “Treasury view” parte dall’assunto che il tasso di interesse (quello che le banche applicano ai prestiti alle imprese) sia il punto di equilibrio tra gli investimenti e i risparmi poiché, secondo la teoria neoclassica, il tasso di interesse altro non è che un “prezzo” al quale la domanda (prestiti) e l’offerta (risparmi) si equilibrano. Secondo questa teoria, una maggiore spesa pubblica andrebbe ad intaccare questo equilibrio naturale, provocando un aumento del tassi di interesse e quindi una minore spesa privata (in investimenti e consumi). Per usare il linguaggio neoclassico, la spesa pubblica “spiazza” quella privata e fa aumentare il tasso di interesse.

Ma, secondo Krugman (come secondo Keynes) questa teoria non sta in piedi e l’esperienza della crisi del ‘29 dovrebbe aver insegnato ai politici e agli economisti che politiche monetarie restrittive e austerità non sono una buona cura in tempi di crisi.

 

 

 

 

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