120214actatallinMentre l’Italia è stretta dalla morsa del gelo, il resto d’Europa ha sfidato le temperature polari per manifestare tutto il proprio dissenso contro Acta, l’accordo commerciale anti contraffazione firmato dall’ Unione europea. A giugno i paesi firmatari discuteranno l’adozione di nuove norme sul copyright che si estendono fino ai contenuti diffusi in rete. Bruxelles parla di semplici misure contro la pirateria, ma le persone che sono scese in piazza la pensano diversamente. A Monaco, Sofia, Parigi e Praga la parola d’ordine è una sola: giù le mani da Internet.

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stopactadi Mirella Castigli
In Germania slitta la ratifica del controverso Anti-Counterfeiting Trade Agreement (ACTA). Un report di AFP afferma che la Germania vuole più tempo per discutere sui temi trattati. La Polonia ha ritrattato la firma, in precedenza annunciata, mentre il Primo ministro della Repubblica Ceca, Petr Necas, ha detto al sito Czech che ACTA verrà messa, a lungo e attentamente, al microscopio, prima di essere deliberata.La Commissione europea ha firmato il trattato ACTA a Tokyo, insieme ad altre 12 nazioni. Ma lo slittamento tedesco e il ripensamento polacco ipotecano in parte l’iter del trattatato.

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actadi Filippo Vendrame

ACTA, meglio conosciuta come Anti-Counterfeiting Trade Agreement, è una particolare legge/accordo contro la pirateria che a molti ricorda la SOPA, la famosa legge bavaglio per il Web che in America ha fatto molto discutere. In Europa abbiamo invece l'ACTA che di recente era stata appoggiata persino dall'Unione Europea, cosa che aveva scatenato molte polemiche. Ma il popolo del Web non si è certo fatto prendere dallo sconforto e ha iniziato a protestare contro questa legge.

Nella giornata di ieri per esempio sono scese in piazza migliaia di persone in tutta Europa per protestare, soprattutto cittadini appartenente ai Paesi dell'est.

Protesta che ha avuto l'effetto di rallentare se non bloccare a tempo indeterminato la procedura d'approvazione dell'ACTA in alcuni Paesi e in particolare in Germania.

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SIAEDi Guido Scorza*

Roma - Con una bella Sentenza del 2 febbraio scorso il Consiglio di Stato ha scritto una pagina importante in una delle tante vicende italiane legate al diritto d'autore nelle quali logica, buon senso ed interesse collettivo cedono, sfortunatamente, il passo ad incomprensibili scelte adottate in nome degli interessi di pochi.

La vicenda in questione è quella legata all'obbligo di apposizione del contrassegno SIAE, l'odiosa - ed anacronistica - pecetta adesiva in nome della quale si continuano a deturpare le copertine di CD e DVD e, soprattutto, a far confluire milioni di euro all'anno nelle casse della SIAE. Prima di parlare della Sentenza, varrà la pena spendere qualche bit in un breve riassunto delle puntate precedenti a beneficio di quanti le avessero - per loro fortuna - perse.

Nel novembre del 2007, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea accerta l'illegittimità della disciplina italiana in materia di obbligo di apposizione del contrassegno SIAE, in vigore dal 2000 e, conseguentemente, ne dichiara l'inopponibilità ai privati.

In forza di quelle disposizioni di legge, tuttavia, migliaia di imprenditori italiani - e non - negli ultimi sette anni (all'epoca) erano stati costretti a versare alla SIAE una media di dieci milioni di euro all'anno per l'acquisto delle meravigliose pecette adesive.

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V_for_VendettaNel resto dell'Europa (molto meno in Italia) infuriano le polemiche sull'Acta, un trattato commerciale internazionale, che punta a migliorare la difesa della proprietà intellettuale. Ma che, secondo i suoi detrattori, soprattutto giovani, limiterà fortemente la libertà di espressione su Internet. Nel fine settimana diversi manifestanti hanno sfidato il freddo polare per brandire cartelli perentori («Stop Acta now»), spesso con la maschera beffarda di Guy Fawkes sul viso (quella nota a tutti per il film "V per vendetta"): solo a Monaco di Bavera erano più di 16mila. Intanto, venerdì scorso, il Parlamento tedesco ha bloccato il processo di ratifica dell'Acta. Fa seguito a una decisione simile presa in vari Paesi dell'Europa dell'Est (Polonia, Lituania, Repubblica ceca e Slovacchia).

L'acronimo Acta significa "Anti-counterfeiting trade agreement". L'intesa è il frutto di un negoziato avviato già nel 2008 e che ha coinvolto l'Unione europea, gli Stati Uniti e altri Paesi (ma non la Cina e la Russia, all'origine di importanti flussi di merci contraffatte: già questo è un primo problema). Un'altra critica riguarda la discrezione (ai limiti della più forte opacità) nel quale il negoziato è avvenuto, praticamente senza coinvolgere i maggiori protagonisti del mondo della Rete. Lo scorso 26 gennaio l'Acta è stato firmato a Tokyo da 31 Paesi, compresi 22 dell'Unione europea (anche l'Italia). Le prossime tappe sono rappresentate dalla ratifica del testo da parte dei Parlamenti nazionali e, nel giugno prossimo, di quello europeo.

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