di Patrizio Gonnella

Il 16 ottobre del 1998 Augusto Pinochet venne arrestato a Londra. Le autorità inglesi avevano ricevuto una richiesta di estradizione dal giudice spagnolo Baltazar Garzòn il quale stava conducendo un'inchiesta sui crimini di tortura commessi dal dittatore cileno. Si aprì allora un dibattito giurisdizionale pubblico intorno alla persecuzione su scala universale dei crimini contro l'umanità. La Camera dei Lord emise ben due sentenze per sottolineare come le azioni giudiziarie contro le gross violations of human rights non potevano essere contenute negli angusti limiti statuali.

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di Gerbré Sdregas

Platino: industrialmente è un sottoprodotto della lavorazione dei minerali del nichel. Detto così sembrerebbe assurdo pensare che si possa morire per un sottoprodotto, ma ancora più assurdo che si possa uccidere!

Eppure, in una miniera del Sudafrica, più di 30 minatori sono morti non per la TBC, non per l’insicurezza sul lavoro, ma per delle pallottole di un metallo meno nobile del platino, ma altrettanto letale. Sembrava un déjà vu. "20 Minatori ammazzati dalla polizia!". Un tuffo al cuore. Mio padre ha lavorato in una miniera d’oro sotto terra per trent’anni! Ancora: “Forse 36 Minatori ammazzati dalla polizia a Marikana”.

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di Benedetto Vecchi

Il braccio di ferro tra Londra e Quito ha una rilevanza che va ben al di là della sorte di Julian Assange. La posta in gioco, infatti, è la possibilità o meno che la Rete possa essere un medium per un'attività giornalistica al di fuori delle grandi corporation dell'informazione. In fondo Wikileaks ha svolto, nelle forme che ha deciso più opportune, di diffondere informazioni che avevano una indubbia rilevanza pubblica.
La messa on line del video e dell'audio relativi all'uccisione di alcuni civili iracheni da parte di militari statunitensi, la pubblicazione dei cablogate delle ambasciate statunitensi al dipartimento di stato, ma anche la diffusione di materiali che testimoniavano episodi di corruzione di questa o quella multinazionale sono state azioni che attengono appunto ad una normale attività informativa, giornalistica.

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di Paola Desai

La scena ricorda molto il vecchio Sudafrica. La polizia ha aperto il fuoco su una folla di minatori in sciopero, lasciando a terra 18 morti, secondo alcuni reporter. E' l'episodio finora più sanguinoso del conflitto cominciato venerdì scorso quando i circa 3.000 addetti alla miniera di platino di Marikana, un centinaio di chilometri a nord-ovest di Johannesburg, si sono messi in sciopero. Conflitto duro, che ha già fatto una decina di morti nello scontro tra due sindacati per l'egemonia. Ma le immagini viste ieri ricordino la violenza dei tempi dell'apartheid.

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di Michele Giorgio

Non occorre conoscere l'ebraico. Un semplice turista può facilmente capire l'argomento che da giorni occupa le prime pagine dei giornali israeliani. Le immagini sono eloquenti, immancabile quella del cacciabombardiere sullo sfondo di una mappa dell'Iran, con indicati tutti i siti nucleari. Il mondo, come ben spiegava Aluf Benn domenica scorsa in un editoriale su Haaretz, tace e non reagisce. «Un silenzio assordante».

La comunità internazionale, come tanti amano definirla, si è abituata alla retorica bellica del premier Netanyahu o, peggio, si è rassegnata al fatto che Israele presto o tardi attaccherà le centrali atomiche iraniane facendo precipitare il Medio Oriente nel baratro di un nuovo conflitto. Come se non bastasse già la devastante guerra civile siriana.

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