120414pensionidi Luca Matteu

Gentile Redazione,
mi rivolgo a voi con un appello accorato, in merito a una grave  ingiustizia di cui non è francamente possibile non venga data notizia  su scala nazionale…
Il tema, relativo alla neonata riforma delle pensioni, è quello delle  cosiddette quindicenni:  donne che, «in un periodo lontano anni luce da questo, quando uno  stipendio era sufficiente, hanno deciso di lasciare il lavoro per  seguire la famiglia, sicure di poter riscattare la pensione e i  contributi versati per almeno 15 anni di lavoro» (in alcuni casi,  anche con versamenti volontari); donne che nell’ultimo mese, in base  alla famigerata circolare 35 del 14/03/2012 (di cui al punto 1.1.2),  hanno visto confermato dall’INPS il requisito contributivo di 20 anni per ottenere la pensione minima  In questa torma di persone (che perfino con la riforma Amato del ‘92  era stata salvaguardata, e che, lo ricordo, è formata da soggetti per  lo più sessantenni senza alcuna concreta speranza di rientrare nel  mercato del lavoro), rientrano moltissime donne in tutta Italia a cui  nessuno sta dando voce… 

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120113articolo18di Domenico Moro

1. Dieci anni di arretramenti

Dieci anni fa al Circo Massimo, contro l’abolizione dell’articolo 18, si tenne la più grande manifestazione sindacale, tre milioni di partecipanti secondo la CGIL, superata forse solamente dalla manifestazione del 2003 contro la guerra in Iraq. L’articolo 18 fu salvo, con grande entusiasmo a sinistra. Eppure, si trattò di una vittoria tattica, inserita in una sconfitta strategica per il movimento operaio, cioè in un peggioramento dei rapporti dei forza complessivi. Infatti, un anno dopo passò la Legge 30/2003 (Legge Biagi), che, bypassando l’articolo 18, abbassava drasticamente il livello di tutela dei lavoratori. Il grado di protezione del lavoro, già ridottosi con il Pacchetto Treu (varato dal Primo governo Prodi, sostenuto e partecipato anche dai comunisti) crollò al di sotto di quello di Francia e Germania.

Gli esiti delle grandi mobilitazioni contro l’articolo 18 e contro la guerra hanno denotato la medesima difficoltà della sinistra a capitalizzare organizzativamente e politicamente la forte spontaneità di massa.

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120413managerdi Vittorio Malagutti e Giorgio Meletti

Scordatevi il posto fisso”, moraleggiava pochi giorni fa il presidente di Mediobanca, Renato Pagliaro. Nell’occasione si è dimenticato di spiegare all’attonita platea di liceali milanesi come mai nel 2011 la sobria banca fondata da Enrico Cuccia ha premiato l’amministratore delegato Alberto Nagel con 384 mila euro una tantum per i vent’anni di anzianità aziendale. Pagliaro e Nagel certo non sarebbero i testimonial più adatti per convincere i lavoratori italiani a non restare avvinti come l’edera al posto fisso, mentre sono ottimi per dimostrare che quanto a coerenza tra il dire e il fare i grandi manager italiani non sono migliori dei politici.

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120413esodatidi Stefano Galieni

Una piazza che ha visto insieme la nuova categoria creata dal governo Monti, “gli esodati” e i pensionati colpiti dalla manovra, riuniti da Cgil, Cisl e Uil. Il corteo è partito presto da Piazza della Repubblica, sotto una fitta pioggia e un clima poco corrispondente con la primavera, tante le bandiere dei sindacati, presenti Federazione della Sinistra, IdV e Sel. Tanta la rabbia e l’indignazione negli striscioni e nelle parole anche dei leader sindacali moderati. La vicenda “esodati”, tragica negli effetti che produce rasenta il grottesco. Secondo la Fornero, che si rifà ai dati forniti dall’Inps coloro che a causa della riforma si ritroveranno sospesi fra l’impossibilità di tornare al lavoro e di andare in pensione per anni, senza copertura di reddito, sono 65 mila.

In realtà i dati, di per se inaccettabili, sono totalmente errati, il loro numero è destinato a crescere mese dopo mese e saranno decine di migliaia in più, uomini e donne che, malgrado decine di anni di contributi versati, si ritrovano ad essere espulsi dal posto di lavoro e a non avere più un reddito per alcuni anni, fino a quando potranno andare in pensione con una indennità infinitamente inferiore rispetto ai contributi versati e alle aspettative.

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120413fiomTiziano Rinaldini

Non occorrono grandi competenze per riconoscere che con la «riforma» ciò che prima era impossibile viene reso direttamente possibile con l'esplicita copertura di legge. Il titolo dell'art.14 del testo della «riforma» recita: «tutela del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo», sostituendo il titolo dell'art.18 «Reintegrazione nel posto di lavoro».
Il magistrato può riconoscere illegittimo il licenziamento individuale e sanzionarlo con l'indennizzo. Non solo: si obbligano le parti a un tentativo preventivo di composizione ufficializzando sul piano legislativo che il diritto può essere materia di scambio negoziale, tentando così di evitare l'imbarazzo per il magistrato e forzando per una composizione monetizzante. Il cuore dell'art.18 richiama il ruolo della magistratura con un'unica modalità: «l'inefficacia e l'annullamento del licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo», «ordina all'imprenditore di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro».
Passa di qui lo spartiacque da una situazione a un'altra. Altro che manutenzione; non c'è spazio per considerazioni su aspetti dell'attuale testo che sarebbero meno negativi o di «pasticciata praticabilità» rispetto al testo iniziale.

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