Terni, in mille tra operatori sociali e amministratori locali per rifondare il welfare

di Francesco Ruggeri (Liberazione del 6 febbraio 2010)

La crisi morde, le disuguaglianze aumentano, cresce la povertà. Ma anche lo stato sociale, lo strumento che dovrebbe servire a stemperare le crisi, è a sua volta in crisi, si passi il gioco di parole. Nessuno lo capisce meglio della platea ternana che da ieri a domani sta dando vita a "Strada facendo", la tre giorni promossa dal Gruppo Abele, dal Cnca e da Libera. I più di mille accreditati ufficiali sono operatori sociali del pubblico e del privato, amministratori locali, tecnici, esperti. Il "padrone di casa" l'assessore regionale Damiano Stufara (Prc) testimonia, nel discorso di saluto, il combinato disposto tra tagli e federalismo fiscale sugli sforzi per la costruzione di un nuovo welfare.Stamattina arriveranno delegazioni di operai da Termini Imerese e Pomigliano. Gli uni e gli altri - ospiti e ospitati - hanno a che fare con la crisi, con l'inesorabile definanziamento delle politiche sociali. «Non è solo una crisi economica - avverte don Ciotti, fondatore del Gruppo Abele e motore di Libera, la coalizione dell'antimafia sociale - la disuguaglianza ha radici lontane. E' la crisi dei diritti, politica, etica, culturale». Tiene insieme tutto, il sacerdote torinese d'adozione, introducendo i lavori che oggi si semineranno tra sette cantieri tematici (lavoro, rinforzi al welfare, diritto all'abitare, dignità migrante, salute, carcere, giovani) anticipati da una lunga tavola rotonda, ieri sera, con Caselli, Manconi, il medico romano Aldo Morrone, don Perego della Caritas e l'esperta in economia sanitaria Nerina Dirindin. Citando il profeta Isaia, Roosevelt, don Tonino Bello e don Milani, Ciotti spazia dalla denuncia della deriva dal sociale al penale a quella di alcune misure del governo - scudo fiscale, vendita dei beni confiscati, tagli alla scuola e alla giustizia - imposte in nome dell'urgenza di fare cassa. Parla delle «accoglienze che sono raddoppiate», dei «poveri in giacca e cravatta» per introdurre una «riflessione ampia in un momento difficile». Critica e autocritica: «Interroghiamoci se quello che facciamo alimenti tutto ciò», dice crudo a un uditorio che non s'aspetta di essere blandito, che è venuto per ragionare. Il tema del parallelismo tra il mercato della paura e quello della solidarietà introduce il tema che dominerà questa quarta edizione di Strada facendo, partita nel 2001 da Torino: lo smarrimento del senso politico. Provando a tradurre (per dovere di sintesi) si può azzardare che cresce la consapevolezza, in ampi spicchi del terzo settore, di una sorta di senso di incastro di fronte al vicolo cieco delle logiche concertative e al fallimento di decenni di gare al massimo ribasso. «Questo mondo - spiega a Liberazione Andrea Morniroli di una cooperativa sociale napoletana - deve riscoprire la dimensione politica del proprio fare, non deve più stare chiuso nei servizi. E al sindacato chiediamo di appoggiare le nostre battaglie per affrancarci dalla precarietà». Così, una parte almeno del mondo della cooperazione prova da Terni a delineare nuove alleanze e a incrociare i conflitti sociali. Nei cantieri di questa mattina ci saranno, tra gli altri, le presenze del leader Fiom, Gianni Rinaldini, di de Cesaris dell'Unione inquilini, di Flavio Lotti della Tavola della pace che è venuto a Terni «per saldare l'agenda interna e quella internazionale, per intrecciare percorsi altrimenti non produci più cambiamento». In altri termini, spiega Antonio Ferraro del dipartimento sociale del Prc: «La politica s'è sradicata dalla realtà. Il lavoro sociale è qui per chiedere pari dignità».La guida per la Carta di Terni, alla fine della tre giorni, saranno le parole di Ciotti: «Ogni persona sia riconosciuta nella sua dignità». Grande assente, ma nessuno si meraviglia, il governo che ha affondato, più di altri, il welfare universalistico puntando sulle risorse velenose dei conflitti orizzontali. Sacconi, spiega lo staff, non ha nemmeno risposto all'invito, verranno domenica un paio di volti di second'ordine del Pdl (Granata e Russo) in un dibattito finale dove terrà banco il confronto tra Paolo Ferrero, l'ex ministro della solidarietà sociale, e Nichi Vendola, presidente in Puglia, e Livia Turco del Pd. Ieri è stata la volta del saluto di Bersani che ha "scoperto", senza un'ombra di autocritica, come una «precarietà sottopagata» aumenti l'occupazione ma non faccia crescere il Paese anzi scavi il solco delle diseguaglianze. L'applauso della sala è stato di cortesia ma in molti si sono chiesti - come il segretario dell'Unione inquilini, Walter De Cesaris, se il leader del Pd fosse l'omonimo del ministro di un governo (l'ultimo Prodi) il cui primo atto fu un grande regalo ai padroni: il cuneo fiscale.In platea circolano centinaia di copie dell'inchiesta tra gli operatori sociali del "welfare invisibile" svolta dal Prc. E' la più ampia ricerca del genere su un campione di quasi tremila addetti ai lavori, il 66% sono donne ma in pochissime nei ruoli dirigenti. E' un universo in cui la precarietà è quasi doppia che nel resto della società (37% contro il 20% e una media Ue irrangiungibile al 13%), otto su dieci non arrivano a 1200 euro al mese e al Sud il 40% non sfonda il muro dei mille.

di Lucio Babolin* e Antonio Ferraro**
Vogliamo presentare alcune, parziali, conclusioni al lavoro che ci ha visti impegnati in questi mesi per la realizzazione dell’inchiesta sul lavoro sociale in Italia. La prima conclusione è una constatazione: il “lavoro sociale” significa soprattutto lavoro con e per le comunità sociali.Si tratta, allora, di accogliere all’interno della riflessione temi che vanno oltre la mera risposta ai bisogni.

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di Antonio Ferraro, responsabile nazionale Politiche sociali Prc-Se (Liberazione del 04/12/2009)

Milletrecento persone con disabilità, tra sordi, ciechi e in carrozzina, nessun rappresentante del governo. Questi i numeri e le assenze di una giornata, quella di ieri, che Pietro Barbieri e Giovanni Pagano, rispettivamente presidenti di Fish e Fand, definiscono “storica”. Storica perché le due organizzazioni, che rappresentano la quasi totalità delle persone disabili in Italia, hanno stretto un’alleanza per avviare una stagione di mobilitazione contro le politiche e i tagli sul sociale.

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di Antonio Ferraro* (Liberazione 23/09/09)

L’abbiamo denunciato in tutte le lingue. L’hanno fatto anche organizzazioni come Cgil, Sbilanciamoci, Cnca e Fish. L’hanno fatto le regioni, che lunedì scorso per protesta hanno deciso di disertare il tavolo sulla “finanziaria light” del Governo. Parliamo dei tagli pesanti del Governo alle politiche sociali. Tagli, ricordiamolo, attuati in una fase di crisi economica e sociale che colpisce le fasce più deboli della popolazione, aumentando disuguaglianze e bisogni. Spesso questo dato viene trascurato dalle stesse forze della sinistra, alcune delle quali non hanno colto la portata devastante dei tagli o comunque non si sono opposte con adeguata durezza. Basti pensare che nel 2010, da (quasi) tutti definito l’anno peggiore della crisi, in cui avremo più di un milione di disoccupati, la parte destinata alle Regioni del Fondo nazionale per le politiche sociali si riduce a 205 milioni di euro, un taglio di oltre due terzi in due anni. Infatti, nel 2007 ammontava a 975 milioni, nel 2008 a 650 e nel 2009 a 519. La ciliegina sulla torta poi è data dall’azzeramento, sempre nel 2010, del fondo nazionale sulla non autosufficienza, che ammonta a 400 milioni di euro nel 2009. Ma il Governo non si è limitato a tagliare e ha messo in piedi una vera e propria controffensiva per sostituire lo Stato sociale con un modello di welfare residuale e caritatevole. Il progetto è ben teorizzato nel libro bianco di Sacconi e i primi atti concreti già li conosciamo, come la Social Card, la “carta dei poveri”, che introduce la carità di Stato per le persone più indigenti.Tutto questo prima dell’estate scorsa, quando le alte temperature d’agosto hanno fornito un’altra ispirazione al legislatore che ha introdotto nel pacchetto anticrisi delle norme altrettanto preoccupanti seppur incomprensibili addirittura ai Ministeri competenti, da noi stessi interrogati. Parliamo del comma 5 dell’art. 9bis del DL 78/09, che istituisce un fondo di 300 milioni di euro presso il Ministero dell’Economia “per le attività di carattere sociale di pertinenza regionale”, ma senza “nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. Cosa significa? Non lo sappiamo noi, non lo sanno le regioni, che appunto hanno chiesto chiarimenti, e pare non lo sappia neanche il Ministero del Welfare. Insomma, questi soldi potrebbero essere aggiuntivi o sostitutivi, differenza che fa la differenza nonostante si tratti sempre di somme insufficienti a far fronte alle difficoltà sociali in atto. Inoltre, nello stesso decreto legge vi è un articolo, il 14, che desta più di qualche preoccupazione. Si tratta di un tentativo maldestro del Governo di ricavare 300 milioni di euro dalla tassazione sulle plusvalenze delle riserve auree della Banca d’Italia. Tentativo che già ha visto lo stop della BCE perché comprometterebbe “l’indipendenza istituzionale e finanziaria della Banca d’Italia”. Le nostre preoccupazioni non sono certo le stesse della BCE, ma nascono piuttosto dalla lettura del comma 5 del medesimo articolo che dice: “Nel caso in cui […] le maggiori entrate previste dal presente articolo siano inferiori al gettito stimato in 300 milioni di euro per l'anno 2009, si provvede mediante riduzione di pari importo degli stanziamenti relativi alle autorizzazioni di spesa di cui alla Tabella C”. Il Fondo nazionale per le Politiche sociali, per la cronaca, è nella Tabella C!Ricapitolando, siamo di fronte ad un Governo che cerca di smantellare in maniera organica il sistema dei servizi sociali territoriali, che vedranno nei prossimi mesi un ridimensionamento progressivo con la chiusura di diversi servizi e la disoccupazione di decine di migliaia di operatori sociali. Infatti, come emerso anche dalla nostra inchiesta sul lavoro sociale “Voci e volti del welfare invisibile”, la più grande mai realizzata in Italia e forse la più attendibile, la metà della forza lavoro delle cooperative sociali è precaria. Di conseguenza, senza più fondi fuori i servizi e con essi i rinnovi contrattuali. Le Regioni e gli enti locali, nonostante gli ulteriori tagli subiti, stanno provando ad attutire questi effetti, ma le risorse disponibili non riescono a coprire tutte le esigenze territoriali con il rischio che si arrivi ad una situazione di caos ingovernabile, soprattutto al Sud, dove già i servizi sociali scarseggiano. 

* responsabile nazionale Politiche sociali Prc-Se

Comunicato stampa. Roma, 23 settembre 2009.
Dichiarazione di Roberta Fantozzi, Segreteria nazionale Prc-Se e di Antonio Ferraro, responsabile nazionale Politiche sociali Prc-Se:
"I tagli già decisi causeranno la chiusura dei servizi sociali e l’aumento dei bisogni.
Condividiamo l’allarme lanciato dal rappresentante delle Regioni, il presidente della regione Emilia-Romagna Vasco Errani, sui tagli pesanti apportati dal Governo alle Politiche sociali. Tagli che Rifondazione comunista ha denunciato più volte e che determineranno la chiusura di diversi servizi sociali nel pieno della crisi economica e sociale che stiamo vivendo. Nel 2010 la parte destinata alle Regioni del Fondo nazionale per le politiche sociali si riduce a 205 milioni di euro, un taglio di oltre due terzi in due anni. Infatti, nel 2007, tale parte ammontava a 975 milioni, nel 2008 a 650 e nel 2009 a 519. A questi tagli, come ricorda anche Errani, si aggiunge l’azzeramento, disposto sempre per il 2010, del Fondo nazionale sulla non autosufficienza, taglio che ammonta a 400 milioni di euro già nel 2009. La verità è che il Governo sta smantellando lo Stato sociale e pensa di poter rispondere ai bisogni solo con interventi caritatevoli ed umilianti come la social card. Un’irresponsabilità che causerà un ulteriore aumento di bisogni e disuguaglianze nel nostro Paese. Errani, nella sua veste di massimo rappresentante di tutte le regioni italiane, fa bene ad attaccare il Governo perché questa politica di tagli indiscriminati è una questione primaria da affrontare e da contrastare se si vuole davvero lavorare per il superamento della crisi".

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